Lo spirito di sacrificio essenziale per il successo è scontato per il fondatore dell’azienda, ma non è detto che lo sia allo stesso modo per chi viene dopo: il “figlio può essere un imprenditore” o solo “un ricco”, ha dichiarato Francesco Caltagirone invitando a una riforma delle successioni per l’impresa
La banca ha “un dovere ad aiutare l’impresa famigliare a crescere”, ha dichiarato il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros Pietro
Mentre si dirigeva all’incontro con l’ingegner Caltagirone, dedicato alle virtù e ai limiti dell’impresa famigliare, Gian Maria Gros-Pietro ha scritto una lista su un foglio di carta. Una lunga lista, con tanti dei nomi di successo che hanno fatto la fortuna dell’imprenditoria di famiglia che è croce e delizia per economisti e relative narrazioni popolari.
Sicuramente l’immagine dell’impresa che nasce dalla visione e dalla creatività italiana ha sempre funzionato come espediente narrativo. Ma i nomi citati da Gros-Pietro come Lavazza, Ferrero, Marcegaglia, o, per restare sul terreno bancario la Mediolanum della famiglia Doris o la secolare esperienza della famiglia Sella, dimostrano che, potenzialmente, c’è molto di più. Il presidente di Intesa Sanpaolo, intervenuto in una delle conferenze del Festival dell’Economia di Trento, ritiene che la banca abbia “un dovere ad aiutare l’impresa famigliare a crescere”. Non è solo il passato dell’impresa italiana, che secondo Francesco Caltagirone affonda le radici all’Italia delle signorie (“siamo differenti per tradizione”), ma anche il futuro.
Quel passaggio generazionale che complica l’impresa famigliare
Le sfide delle imprese famigliari che riescono a diventare grandi e ad avere successo, tuttavia, si scontrano spesso con le sfide del cosiddetto passaggio generazionale. Non quello della fiscalità successoria, che il presidente del gruppo Caltagirone ritiene “ottima e priva di problemi”.
Il nodo è, piuttosto, nei vincoli che limitano le libertà dell’imprenditore nell’assegnazione delle quote agli eredi, anche in presenza di un testamento. Secondo Caltagirone, le norme che regolano la successione in Italia sono “da rivedere”, di fatto dando più potere a chi trasmette la sua azienda, garantendo che si raggiunga un comando chiaro. E’ un tema che We Wealth ha affrontato in molte occasioni: secondo i dati Aidaf-Bocconi solo un terzo delle imprese familiari italiane riesce a sopravvivere alla terza generazione.
Superare le quote minime cui ciascun erede ha diritto di ricevere, secondo le leggi vigenti, potrebbe aumentare conflittualità famigliare, ha obiettato il direttore del Sole 24 Ore e “padrone di casa” della kermesse trentina, Fabio Tamburini. “Chi redige il testamento decide”, è la netta posizione di Caltagirone: è importante che chi riceve la responsabilità decisionale abbia lo spirito imprenditoriale necessario, oltre alla disponibilità al “sacrificio”.
Se per il fondatore dell’azienda questa è scontata e inevitabile, non è detto che lo sia allo stesso modo per chi viene dopo: il “figlio può essere un imprenditore” o solo “un ricco”, ha chiosato Caltagirone.
Il fatto che le redini di comando dell’impresa passata di generazione debbano essere chiare lo ha sottolinea la storia della Banca Sella, ha affermato Gros-Pietro, le cui origini risalgono allo storico ministro delle Finanze del Regno d’Italia, Quintino Sella.
Quel nesso fra banca e impresa italiana
L’asse fra imprenditoria famigliare e sistema bancario in Italia, ampiamente documentato, può restare importante anche per il futuro ha sostenuto il presidente di Intesa SanPaolo: “L’impresa ha un potenziale più ampio di quella che è la sua valutazione di mercato e supporti finanziari” su cui può fare leva “non sono necessariamente la quotazione o il private equity”.
Un mondo quest’ultimo su cui non sono mancate eleganti stoccate, nel riflettere sulle modalità non sempre encomiabili con le quali le quote acquisite dai fondi salgono continuamente di valore passando di mano in mano: il rischio che qualcuno con il proverbiale “cerino in mano” esiste, ha dichiarato Caltagirone.
“Dipende dal fondo, da parte di alcuni ho visto un comportamento terribile”, ha replicato Gros-Pietro, criticando quelle realtà di private equity che fanno una generazione meramente finanziaria per spremere profitto a breve termine, come abbassare la qualità del prodotto: “Noi non vogliamo avere a che fare con questo private equity”.
Anche la cultura che circonda l’impresa può fare la sua parte, ha affermato Caltagirone ricordando il differente trattamento che ateniesi e antichi romani attribuivano al successo – i secondi ben più propensi a celebrare chi lo raggiungeva con “gli applausi per la strada”. In Italia, ha detto l’ingegnere, è importante che la società sostenga chi ha successo, come avveniva nell’antica Roma.