Sono 136 gli Stati che hanno sottoscritto l’accordo per introdurre una tassa minima globale sui profitti delle multinazionali
I Paesi fino ad ora riluttanti, quali Estonia e Irlanda, hanno deciso di allinearsi alla posizione precedentemente assunta dalle potenze del G20, firmando l’accordo sulla tassa minima globale
In questi termini, a seguito dell’accordo raggiunto da 136 Stati sulla minimum tax, si può dire che la strada verso una politica fiscale internazionale più equa, in quanto coordinata sul fronte della lotta al profit shifting e all’elusione fiscale attuata dalle maggiori imprese multinazionali, sembra segnata.
L’accordo, che mira a garantire una più equa tassazione dei profitti delle multinazionali, garantirà che le imprese di più grandi dimensioni (che insieme rappresentano oltre il 90% del Pil mondiale) saranno assoggettate, a partire dal 2023, ad un’aliquota comune del 15%.
La stragrande maggioranza dei membri Ocse (136 Stati su 140), anche i più riluttanti – quali Estonia, Ungheria e Irlanda – è ora concorde nel ritenere che solo in modo coordinato si possono affrontare le sfide fiscali, attuali e future, derivanti dalla digitalizzazione dell’economia.
Il meccanismo dell’aliquota minima globale consentirà di riassegnare i diritti di tassazione sulle multinazionali non solo ai Paesi di origine, ove queste hanno la sede, ma anche nei Paesi in cui, anche senza presenza fisica, dette società realizzano profitti.
In questi termini, si prevede che l’implementazione dell’accordo consentirà di raccogliere nuove entrate ogni anno; permetterà, altresì, di allentare le tensioni commerciali tra Stati e stabilizzare, con regole uniformi sulla concorrenza, il sistema fiscale internazionale.
Lo strumento che darà effettiva attuazione all’accordo sarà una convenzione multilaterale che, come avverte l’Ocse, è già in fase di sviluppo.