Non solo derisi dal sistema e sfiduciati dai risparmiatori ma, i “venditori di spazzole”, così definiti dai bancari dei tempi, erano denigrati dalle stesse mandanti. Basti pensare che per entrare nelle filiali, dove erano censiti i rapporti dei clienti dei promotori, agli stessi veniva richiesto di fare la fila, ritrovandosi a dover gestire l’imbarazzo dell’attesa con giustificazioni maldestre per risultare comunque distinti e professionali agli occhi dei clienti da loro accompagnati agli appuntamenti.
A seguito dell’emanazione della legge sulle sim e l’istituzione dell’albo, la visibilità sul ruolo è cambiata così come la propensione agli investimenti da parte dei risparmiatori. Le reti cominciarono ad attirare l’attenzione, a produrre risultati interessanti, a essere considerate realtà a costi variabili con una attenzione al cliente totalmente diversa da quella adottata dalle banche tradizionali.
Nei primi anni 2000, con il boom della tecnologia e della conseguente multicanalità tutte le aziende di credito scoprirono l’importanza di avere una rete di promotori finanziari, peccato che molte di queste pensarono di governarle come delle reti bancarie tradizionali realizzando dei flop più o meno grandi, mentre altre realtà nate da professionisti del settore e gestite sempre dalla categoria dimostrarono il valore del nuovo modello di business. Da questo momento la scelta della mandante, da parte dei promotori finanziari, diventava fondamentale: “Scelgo un brand tradizionale che possa dare maggior sicurezza a me e ai miei clienti, ma devo osservare le regole “bancarie” oppure scelgo la piena libertà della professione in una azienda poco conosciuta dove il mio ruolo di promotore finanziario, non ancora ben rappresentato dalle istituzioni e riconosciuto come dovrebbe, rischia di essere un freno?”.
Nonostante le evoluzioni raggiunte, e a prescindere dalle scelte fatte da ognuno, il mancato riconoscimento della professione del promotore finanziario, al pari di quella di avvocato o di commercialista, ha continuato a generare molteplici difficoltà prima di potersi affermare e acquisire clienti.
Il susseguirsi degli eventi, legati alle crisi dei mercati finanziari, alle evoluzioni dello stile di vita dei clienti, allo sviluppo e alla diffusione della tecnologia e delle nuove normative, ha generato una nuova consapevolezza nel ruolo e della sua importanza. Così dal 2010, il promotore finanziario ha iniziato a vivere di nuova luce, ha saputo sfruttare queste “nuove condizioni favorevoli” conquistando importantissime quote di mercato, rappresentando circa il 15% del risparmio mobiliare delle famiglie italiane. Nel 2016 anche il nome della professione si è evoluto passando da “promotore” a “consulente” finanziario, si è iniziato a parlare di educazione finanziaria e, in generale, della professione come quella di “fiduciario” dei propri clienti.
L’anti-fragile consulente finanziario, dalle sue origini ai giorni nostri, non si è solo fatto strada nel mondo economico-finanziario affermandosi nel ruolo e nelle competenze grazie alla determinazione e al sacrificio di pionieri che hanno dedicato la loro vita alla realizzazione di questo percorso, è andato oltre e oggi gli viene riconosciuto un “valore sociale”: centinaia di milioni di euro gestiti e affidati dai propri clienti possono essere indirizzati, in osservanza dei regolamenti Mifid, profili di rischio e soddisfazione delle esigenze espresse dai clienti, in investimenti sostenibili per garantire un futuro più sano al nostro pianeta e alle prossime generazioni e in attività svolte da piccole e medie imprese italiane per dare uno slancio concreto alla ripresa economica del nostro Paese.