- A deludere i mercati finanziari, secondo gli analisti, è stato il mancato annuncio di ulteriori misure a sostegno della crescita da parte delle autorità cinesi
- Lueth (Lgim): “Restiamo dubbiosi su una ripresa duratura. Le facilitazioni monetarie sono impotenti nel risolvere i principali problemi che affliggono il Dragone”
L’impetuoso rally del mercato azionario cinese inizia a raffreddarsi. L’indice Csi 300, che replica la performance dei 300 principali titoli negoziati a Shanghai e Shenzhen, ha registrato un’impennata del 10,8% in apertura dopo la settimana di festività, per poi chiudere in rialzo del 5,9%. Poi, mercoledì, la caduta: il listino della Terra del Dragone è sceso del 7,1%, sotto la soglia dei 4mila punti, segnando una parziale inversione della corsa delle ultime due settimane. Sulla stessa linea d’onda la Borsa di Hong Kong che, dopo essere precipitata del 9,4% segnando la peggiore seduta da ottobre 2008, arretra di due punti percentuali.
Cina, mercati ancora in calo
A deludere i mercati finanziari, secondo gli analisti, è stato il mancato annuncio di ulteriori misure a sostegno della crescita da parte delle autorità cinesi. In attesa della conferenza stampa del ministero delle Finanze convocata per sabato, che potrebbe fornire nuovi indizi sugli stimoli, emergono dubbi sull’effettiva efficacia del pacchetto annunciato per risollevare l’economia. C’è da dire che, nonostante l’attuale “pausa” dal rally, l’impennata delle ultime settimane non è stata ancora vanificata: chi ha investito 12 mesi fa sul Csi 300 risulterebbe ancora in attivo (+7,36%) e lo stesso vale per l’Hang Seng (+17,81%). Per provare a capire a questo punto cosa potrebbe accadere da ora in avanti sui listini cinesi, può tornare utile innanzitutto ricordare in cosa consistono gli stimoli.
In cosa consistono le misure
Innanzitutto, la Banca popolare cinese ha annunciato una serie di misure sul fronte del mercato immobiliare, come la riduzione del tasso sui mutui e un allentamento delle regole per l’acquisto delle seconde case. Poi, ha promesso un’iniezione di 800 miliardi di yuan di liquidità a sostegno del mercato azionario, oltre a una ricapitalizzazione delle sei maggiori banche nazionali con 1 trilione di yuan. Fronte obbligazionario, come riportato da Reuters, si parla invece di 2mila miliardi che le autorità della Terra del Dragone vorrebbero immettere sottoforma di bond, in modo da utilizzare un 50% del ricavato per sostenere i consumi con programmi di permuta e assegni familiari e l’altro 50% per alleviare i problemi di debito dei governi locali.
Cina, gli stimoli sono sufficienti?
“Restiamo dubbiosi che questo pacchetto possa effettivamente generare una ripresa duratura in quanto le facilitazioni monetarie descritte, nonostante facciano strabuzzare gli occhi, sono impotenti nel risolvere i principali problemi che affliggono la Cina”, afferma Erik Lueth, global emerging market economist di Lgim. “Basta pensare che la popolazione è preoccupata per la possibilità di perdere il lavoro e per le case che valgono sempre meno; pertanto, i cittadini non spendono in consumi, ma in saldo di debiti. Inoltre, la deflazione che si è venuta a creare nel paese ha contribuito a mantenere i tassi reali su livelli storicamente alti, prossimi al record assoluto”. Per sfuggire a quella che Lueth definisce una “trappola di liquidità”, secondo l’esperto occorre una “forte spesa fiscale” ma lo stimolo di 2mila miliardi di yuan sopra descritto dovrebbe essere osservato in prospettiva.
“I dati dicono che questa è attualmente al di sotto delle stime di budget per 3.500 miliardi, dato che i proventi dalla vendita di terreni sono crollati e che non si vedono progetti consistenti all’orizzonte. Ciò significa che le autorità stanno soprattutto cercando di rimettersi in pari, piuttosto che fornire un’autentica spinta all’economia”, dice l’economista. Quanto invece alla proposta di ricapitalizzazione bancaria, continua, si tratta di “un provvedimento importante per risollevare la fiducia verso il sistema finanziario” ma anche in questo caso “poiché attualmente il problema è la domanda e non l’offerta di credito, non si osserverà comunque uno stimolo alla crescita”. Lato immobiliare, per Lueth la misura di rifinanziamento del debito attuata dalla banca centrale cinese è insufficiente per ridurre l’ammontare di case invendute e per concludere i progetti di quelle ancora in costruzione. “Ovviamente non possiamo escludere che a queste politiche ne seguiranno altre nei prossimi mesi”, dice l’economista, ma “ad oggi conviene restare cauti”, avverte.
Le implicazioni per gli investitori
Ma cosa significa tutto questo per chi investe? “Il rally di metà settembre ha reso le azioni cinesi meno economiche rispetto al passato, tanto che il P/E ratio dell’indice Hsce è attualmente al di sopra della media di lungo termine”, dichiara Lueth. Secondo l’esperto, è possibile che gli sforzi del governo per aumentare i prezzi degli asset continuino a riscuotere successo “ancora per un po’ poiché il sentiment sarà meno negativo”; ma affinché il rally azionario duri, conclude, gli utili dovranno tornare a crescere. Da menzionare che Shanghai e Shenzhen sono dominate da investitori locali e al dettaglio, mentre Hong Kong conta su una presenza molto più significativa di investitori internazionali. Considerando che le misure varate intendono supportare per la prima volta i consumi - e non la produzione o le infrastrutture come negli ultimi 20 anni - dovrebbero arrivare risorse fresche nelle tasche delle famiglie cinesi per consumare e investire, presumibilmente a favore dei primi due listini.