Charles Schwab, un colosso dei servizi finanziari Usa che gestisce oltre 7.300 miliardi, ha un portafoglio di bond che conta perdite non realizzate da 28 miliardi di dollari
Tuttavia, la situazione si differenzia nettamente da quella delle banche regionali: con grande flusso di cassa derivante dalle attività di risparmio gestito, Charles Schwab garantisce che non dovrà vendere i titoli prima della scadenza per poter rimborsare i depositanti che virano sui fondi monetari
Sulla carta, Charles Schwab e Silicon Valley Bank non hanno molto in comune. Da una parte, una società di investimenti e servizi finanziari con asset gestiti per oltre 7.300 miliardi di dollari, per la quale le attività di credito rappresentano una piccola parte del business. Dall’altra, una banca di rilevanza “regionale” con grandi clienti tech e relativamente poco diversificata.
Eppure, dopo la crisi di fiducia che ha investito le banche medio-piccole negli Usa, Charles Schwab è diventato uno dei titoli più colpiti. Nel mese di marzo l’azione ha perso il 32% del suo valore, molto più della media del settore bancario (-22% S&P 500 Banks) inclusa la sua componente “regionale” (-27% S&P Regional Banks) quella ritenuta più a rischio in seguito allo spostamento dei depositi verso le banche più grandi.
A suscitare dubbi su Charles Schwab sono stati due indicatori. I 28 miliardi di perdite non realizzate sui titoli a lungo termine e, in parallelo, il deflusso dai depositi bancari pari a 20 miliardi di dollari al mese. Charles Schwab Bank, anche se rappresenta solo una parte del business della società contava depositi per 367 miliardi di dollari a fine 2022, il che la rendeva la decima banca americana.
Deflussi dai conti correnti e perdite sui bond hanno portato al fallimento Svb, costretta vendere in perdita i suoi Buoni del Tesoro per rimborsare i suoi depositanti – fino a raggiungere punto di rottura. Charles Schwab, sarà costretta a fare la stessa cosa?
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Charles Schwab andrà in crisi? La versione dei vertici
Secondo i vertici dell’azienda, le probabilità di dover vendere titoli in perdita per rimborsare i depositanti “sono vicine allo zero”. In una nota del 23 marzo, il fondatore e co-chair della società, Charles Schwab e il ceo Walt Bettinger, hanno descritto l’uscita dai depositi di Charles Schwab Bank come il semplice riflesso del riposizionamento dei portafogli dei clienti: dal deposito bancario, che rende poco, ai fondi monetari sempre più redditizi in seguito ai rialzi dei tassi. I deflussi, dunque, sarebbero frutto di scelte finanziaria più convenienti e non dei timori di un possibile dissesto della società – come avvenuto nel caso di Svb. Inoltre, la quota di depositi non assicurati dallo schema federale di garanzia, quelli oltre la soglia dei 250mila dollari, sono solo il 20% del totale. In altre parole, per l’80% dei depositi detenuti presso Schwab Bank non avrebbe senso cercare una banca più solida, in quanto sono già garantiti dalle autorità federali anche in caso di default.
I vertici di Charles Schwab, a prescindere da questo, hanno dichiarato che la società dispone di 100 miliardi di flusso di cassa generati dai portafogli e dalla raccolta netta prevista nei prossimi dodici mesi. Oltre queste risorse, Charles Schwab, come ogni altra banca Usa, può prendere a prestito dalla Fed usando come collaterale i suoi titoli al prezzo di acquisto. In sostanza, per rimborsare i depositanti in uscita, Charles Schwab ha garantito che non avrà bisogno di perdere denaro vendendo i suoi bond prima della scadenza. Una versione dei fatti confermata anche dal director of equity research di Morningstar, Michael Wong.
Tegola da Morgan Stanley: il downgrade
Il 30 marzo Morgan Stanley ha deciso di abbassare il suo rating sull’azione Charles Schwab da positivo a neutrale, abbassando il prezzo obiettivo da 99 a 68 dollari – comunque al di sopra dei 52,82 dollari della chiusura di venerdì 31 marzo. Il problema sollevato dal deflusso di depositi non è legato a rischi di fallimento o alla possibilità di vendite in perdita dei titoli obbligazionari, ma, ha spiegato Morgan Stanley, con un ridimensionamento delle previsioni sugli utili della società. Il margine d’interesse che la banca poteva ottenere remunerando dello 0,48% i suoi correntisti era estremamente positivo nelle attuali condizioni di mercato; probabilmente, per contenere i deflussi, Charles Schwab sarà costretta a innalzare il tasso offerto, rinunciando a una maggiore fetta di profitto. Tutto questo giustifica il ribasso osservato sul titolo? Secondo i vertici della società il “prezzo dell’azione non riflette la forza del business”, che continua con una raccolta netta positiva pari a oltre 16 miliardi di dollari da inizio anno.