I soggetti interessati ad acquisire la quota azionaria di maggioranza del gruppo sarebbero sette-otto, inclusi alcuni fondi internazionali di private equity
Cassa Centrale banca, azionista di minoranza, lo scorso marzo ha ufficialmente rinunciato a esercitare il suo diritto di prelazione su Carige
L’acquirente del pacchetto di controllo si troverebbe a bilancio crediti fiscali per 400 milioni di euro (o 600, se dovesse cambiare la normativa)
Vantaggi e svantaggi di un’acquisizione Carige da parte di Bpm o Credem
Il gruppo guidato da Francesco Guido resta impantanato in una redditività negativa: si prevedono infatti perdite fino almeno al 2022. Ciò però comporta – per la normativa fiscale italiana – una dote di almeno 400 milioni di euro di crediti fiscali per l’eventuale acquirente. In caso di modifica della legge, la cifra potrebbe innalzarsi a 600 milioni. Il profilo di rischio della banca inoltre risulta particolarmente basso, con una quota di crediti deteriorati (Npe ratio) pari stabilmente al 4,9%. A ciò si aggiunge, dicono gli osservatori, una certa vivacità commerciale.
Gli analisti di Intesa Sanpaolo ritengono un’eventuale acquisizione di Carige da parte di Credem «coerente con la strategia di crescita della banca», tuttavia molto cauta nelle operazioni di fusione e acquisizione. Per Banco Bpm invece la fusione con la banca genovese rappresenterebbe una «seconda scelta» rispetto a una fusione con Bper o Unicredit. Solo in questi ultimi casi infatti la quota di mercato della banca milanese aumenterebbe significativamente.