Costruita in un capannone, da un ingegnere neozelandese, a migliaia di chilometri dalle piste dove sarebbe diventata leggenda. Stiamo parlando della Britten V1000, la Superbike che negli anni novanta ha fatto impallidire tutte le case motociclistiche del mondo e che in molti ritengono essere la moto sportiva più straordinaria di tutti i tempi. Una cosa è certa: si tratta di un numero primo. Niente di ciò che l’ha preceduta (e anche seguita) non si avvicina minimamente alla moto che John Britten ha costruito nel suo piccolo garage.
Gli inizi
Dietro ogni grande uomo, c’è una grande donna. Dietro ogni grande moto, c’è un genio. E il genio della V1000 porta il nome di John Kenton Britten, colui che fu definito dalla stampa internazionale, anni più tardi, come “l’ingegnere più innovativo del mondo”. Classe 1950, a fine anni ottanta con un gruppo di amici ebbe un’idea geniale quanto ambiziosa: costruire da zero nella sua officina a Christchurch, Nuova Zelanda, una superbike che potesse competere con le Grandi. Ci vollero centinaia di ore di lavoro, ma alla fine la V1000 venne alla luce. La prima bozza della Superbike risale al 1989 quando Britten e i suoi colleghi si presentarono alla gara Daytona Pro Twins del 1989 con il nuovo “giocattolo” che montava allora un motore a benzina raffreddato ad acqua e una carrozzeria in fibra di carbonio verniciata in verde e nero con la firma di Britten. Non fu certo un successo. Il prototipo progettato dai neozelandesi riuscì a percorrere solo la prima curva prima di rompersi.
La V1000
Al ritorno da Daytona, John e il piccolo team Britten si misero al lavoro. Partendo dal presupposto che non sarebbe stato possibile battere le moto da corsa delle case più grandi, come la Ducati, copiandole, John e il suo team si misero a riprogettare radicalmente la Britten, facendo in modo che quasi ogni componente avesse una funzione multipla per mantenere la moto il più compatta possibile. Ma la vera chicca fu il motore. Si trattava di un bicilindrico a V di 60° con distribuzione 8 valvole DOHC e teste, valvole e bielle in titanio, nulla di per sé di rivoluzionario, ma capace di erogare una potenza di 166 cavalli a 12 mila giri, valori impressionanti per l’epoca. Inoltre il telaio, semplicemente, non c’era. Il peso di appena 138 kg.
I successi su pista
Dato che non si trattava di una moto serie, la Britten non potè partecipare a nessun campionato superbike internazionale, ma si distinse nel campionato BEARS australiano e nella Battle of The Twins, con vittorie a Daytona ed Assen. Tra il 1991 e il 1999, la Britten V1000 ha ottenuto 39 vittorie in gara e altri 12 podi, oltre a un impressionante elenco di record di velocità massima. In particolare, il 1993 è stato un anno speciale per i record: la V1000 ha stabilito la velocità massima più elevata al TT dell’Isola di Man, ha conquistato il titolo del Gran Premio di Nuova Zelanda, ha stabilito il record mondiale del miglio volante e il record mondiale del miglio con partenza da fermo e del chilometro con partenza da fermo. In tutto furono costruite solo 10 V1000, nessuna uguale alle altre e tutte rappresentanti dell’evoluzione del progetto.