È piuttosto intuitivo: a benchmark più basso corrispondono performance più alte. Il che significa più afflussi di capitali e dunque più guadagni. È questo lo schema che utilizzano molti fondi comuni d’investimento (e non solo) – nell’alveo dei furbetti del benchmark compaiono anche fondi pensioni, fondi di dotazione e fondazioni – che utilizzano per dimostrare che anche nel 2022 il mercato si può battere.
Lo studio
È quanto emerso da un articolo intitolato “Lies, Damn Lies and Performance Benchmark: An Injunction for Trustees”, ripreso in anteprima da Institutional Investor, e che sarà pubblicato sul Journal of Investing. Richard Ennis, l’autore dello studio, ha evidenziato che i benchmark che le istituzioni utilizzano per giudicare i loro rendimenti sono in media più bassi di 1,4-1,7 punti percentuali all’anno rispetto alle performance registrate da quegli indicatori che sono molto più rappresentativi delle reali esposizioni al mercato e dei rischi dei loro portafogli.
Non sorprende alllora come la maggior parte dei fondi pensioni, degli endowment e dei fondi comuni di investimento abbiano battuto i benchmark da loro stessi elaborati. Utilizzando parametri di riferimento errati, le pensioni e i fondi comuni di investimento dipingono un quadro che mostra che hanno battuto un portafoglio passivo a basso costo, quando in realtà lo hanno drammaticamente sottoperformato.
Da sovra a sotto-performance
Per i 10 anni terminati a giugno 2020, 24 fondi pensione pubblici hanno dichiarato di aver sovraperformato i loro benchmark di 0,4 punti percentuali all’anno. Ennis nello studio ha elaborato per ogni pensione un unico indice passivo che traccia le performance delle azioni statunitensi e internazionali, nonché quelle delle obbligazioni. Rispetto a questo nuovo benchmark è risultato come in realtà questi fondi abbiano sottoperformato in media di 1,3 punti percentuali all’anno. L’analisi dei fondi di endowment è stata simile. La sovraperformance dello 0,1% all’anno dei 22 fondi analizzati è diventata una sottoperfomance dell’1,3% considerando il nuovo parametro di riferimento.
Mentre il costo degli investimenti in fondi azionari è sceso dall’1,04% del patrimonio allo 0,5% negli ultimi 24 anni, Ennis ha stimato che le istituzioni hanno raddoppiato le loro spese nello stesso periodo, dallo 0,6% all’1,2%. Gran parte di questa cifra è dovuta all’aumento dell’uso di asset class alternative costose come il private equity.
“I Cio istituzionali sanno di poter guadagnare molto di più supervisionando un programma di investimento attivo e complesso che non adottando un approccio passivo a costo quasi nullo. Il gioco dei benchmark qui descritto può essere la prova migliore che i CIO stessi credono che le probabilità di battere il mercato siano molto alte. Eppure, continuano a giocare d’azzardo con i soldi che gli sono stati affidati” ha scritto Ennis.