La Banca centrale europea ha rispettato le attese degli analisti e ha deciso di innalzare i tassi d’interesse di 50 punti base.
“Alla luce delle spinte inflazionistiche di fondo, [il board] intende innalzare i tassi di interesse di altri 50 punti base nella prossima riunione di politica monetaria a marzo, per poi valutare la successiva evoluzione della sua politica monetaria”, si legge nel comunicato, “mantenere i tassi di interesse su livelli restrittivi farà diminuire nel corso del tempo l’inflazione frenando la domanda e metterà inoltre al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative di inflazione. In ogni caso, anche in futuro le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di riferimento saranno guidate dai dati e rifletteranno un approccio in base al quale tali decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione”.
E dopo marzo? La presidente Christine Lagarde ha escluso che il comunicato implichi che il tasso terminale sarà raggiunto a marzo, lasciando la porta aperta a ulteriori rialzi, se saranno necessari. Ricorrendo a parole non dissimili a quelle utilizzate un giorno prima dal collega americano Jerome Powell, Lagarde ha concluso la conferenza affermando che ci sono alcune ragioni per “celebrare” come il fatto che la crescita non sia diventata negativa. Tuttavia, all’abbassamento dell’inflazione generale (“headline”) va aggiunto il fatto che alcune componenti restano ancora persistenti e che, dunque, la battaglia contro l’inflazione deve proseguire.
Sul Quantitative tightening, la riduzione dei titoli acquistati dalla Bce nell’ampito dell’App, la tabella di marcia è stata confermata rispetto a quanto annunciato a dicembre. Il Consiglio direttivo “intende continuare a reinvestire, integralmente, il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del App sino alla fine di febbraio 2023”, si legge nel comunicato, “Successivamente, il portafoglio del App sarà ridotto a un ritmo misurato e prevedibile, in quanto l’Eurosistema reinvestirà solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza. Il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese sino alla fine di giugno 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo”.
Più nel dettaglio, “i reinvestimenti parziali saranno condotti sostanzialmente in linea con la prassi attuale. In particolare, i restanti reinvestimenti verranno distribuiti in proporzione alla quota di rimborsi nelle singole componenti del App e, nel quadro del Programma di acquisto per il settore pubblico (public sector purchase programme, PSPP), in proporzione alla quota di rimborsi per ogni paese e per i vari emittenti nazionali e sovranazionali. Nell’ambito degli acquisti di obbligazioni societarie da parte dell’Eurosistema, i restanti reinvestimenti saranno orientati maggiormente verso emittenti con risultati migliori dal punto di vista climatico”.
Le decisioni del board non hanno generato grandi reazioni sui mercati: in seguito alla pubblicazione del comunicato il Ftse Mib ha esteso i guadagni (+1,32%), mentre l’euro ha ceduto leggermente sul dollaro a 1,0982, per poi perdere circa mezzo punto percentuale durante la conferenza di Lagarde a 1,0938. Il rendimento del Btp decennale è diminuito di 0,23 punti percentuali al 4,05%.
La view degli analisti sui prossimi passi della Bce
Cosa può spiegare questa reazione di mercato? “Nonostante i dati in linea con le attese, i mercati hanno reagito in modo molto deciso dopo l’annuncio, con un crollo di tassi e spread molto significativo e una diminuzione del tasso terminale atteso”, ha dichiarato Giorgio Broggi, Quantitative Analyst di Moneyfarm. “Il punto chiave sembra la mancanza di una precisazione presente nell’ultimo annuncio di dicembre che evidenziasse le sostanziali revisioni al rialzo delle attese di inflazione”, ha aggiunto, “per la prima volta sembra che anche la Banca Centrale Europea, come quella americana ieri, abbia ammesso che l’aumento dei prezzi sia in parte sotto controllo, o quantomeno meno a rischio di una spirale al rialzo, generando speculazioni su una politica monetaria relativamente più accomodante”.
“Sembra evidente che il picco del ciclo dei rialzi sarà nella fascia tra il 3 e il 3,5% per il tasso di deposito della Bce. Ma è difficile avere una visione precisa al momento. La lettura dell’economia europea rimane complessa, in quanto soggetta a forze opposte e asincrone. Ad esempio, si prevede che la produzione rimanga forte, ma che i consumi si indeboliscano nella prima metà dell’anno, mentre i consumi e gli investimenti dovrebbero riprendersi nella seconda metà dell’anno, quando la produzione rallenta”, ha commentato Sylvain Broyer, capo economista Emea di S&P Global Ratings. “Il livello dei tassi neutrali – in cui le banche centrali non sono né espansive né restrittive – sta salendo per ragioni strutturali di lungo periodo. Gli shock subiti dal commercio globale dopo la pandemia e la necessità di rendere più ecologiche le nostre economie implicano un riorientamento delle catene di approvvigionamento. Questo processo richiederà necessariamente maggiori investimenti, un nuovo equilibrio del risparmio e quindi tassi più alti. Sarebbe prematuro ipotizzare un taglio dei tassi da parte della Bce alla fine di quest’anno”.
Secondo il chief global strategist di Intermonte, Antonio Cesarano, l’esito della riunione conferma in prospettiva “lo scenario di progressivo calo dei tassi principalmente sul segmento a medio/lungo termine: confermato lo scenario di almeno 1,5% in termini di bund ed almeno 3,25% sul Btp per fine anno (come indicato nell’outlook di metà gennaio), senza escludere la possibilità di livelli ancora più bassi in vista di un calo dell’inflazione più evidente negli Usa, prima in termini di indici generali e poi successivamente di indici core”.
I segnali dall’economia, dietro alla decisione
Alla vigilia di questa decisione il board presieduto da Christine Lagarde ha potuto festeggiare un deciso ribasso dell’inflazione nell’Eurozona, dal 9,2% di dicembre all’8,5% di gennaio. Il calo mensile è stato dello 0,4% ed è stato dovuto non solo all’atteso ribasso dei costi energetici (-0,9%), ma anche dal costo dei beni industriali non energetici (-1,8%) e, fatto ancor più rilevante per le decisioni di politica monetaria, dal calo del costo dei servizi (-0,2%). Anche escludendo la sola componente energetica il tasso d’inflazione armonizzato è diminuito rispetto a dicembre dello 0,3%. L’indice core, che rappresenta la parte più persistente dei rincari resta ben al di sopra del target Bce, assestandosi al 5,2% annuo, in continuità con il dato di dicembre.
Questi sviluppi sul fronte dell’inflazione dell’Eurozona, che si è avviata verso un sentiero di ribasso, non hanno spinto la presidente Lagarde ad escludere ulteriori rialzi dopo marzo. Lo spiraglio di una politica monetaria che resterà falco per meno tempo potrebbe dare nuovo slancio all’azionario, ma la Bce ha preferito prendere tempo prima di dichiarare la fine del ciclo di rialzi.
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