La Banca centrale europea va avanti con la stretta monetaria, portando il tasso di riferimento al 3,75%. Si tratta del settimo rialzo consecutivo
Lagarde: “Permangono significativi rischi al rialzo sulle prospettive di inflazione. La guerra russo-ucraina potrebbe far lievitare nuovamente i costi di energia e generi alimentari”
In linea con le attese degli analisti, la Banca centrale europea ha alzato il costo del denaro dello 0,25%. Si tratta del settimo ritocco verso l’alto consecutivo, che spinge i tassi della zona euro al livello più elevato dal 2008. “L’inflazione complessiva è diminuita negli ultimi mesi, ma le pressioni di fondo sui prezzi rimangono forti”, ha dichiarato Francoforte in un comunicato ufficiale. “Allo stesso tempo, i passati aumenti dei tassi si stanno trasmettendo con forza alle condizioni finanziarie e monetarie dell’area dell’euro, mentre i ritardi e la forza della trasmissione all’economia reale rimangono incerti”, ha aggiunto.
Dal 10 maggio 2023, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 3,75%, al 4,00% e al 3,25%. “Nel complesso, le informazioni in arrivo supportano ampiamente la valutazione delle prospettive di inflazione a medio termine che abbiamo formulato nella nostra precedente in riunione”, ha confermato la presidente Christine Lagarde durante la conferenza stampa seguita alla decisione del board. “Le nostre decisioni future assicureranno che i tassi di riferimento siano portati a livelli sufficientemente restrittivi per conseguire un tempestivo ritorno dell’inflazione all’obiettivo di medio termine del 2% e che siano mantenuti a tali livelli per tutto il tempo necessario”, ha aggiunto. Il Consiglio direttivo, ha precisato, continuerà a perseguire un approccio basato sui dati, per determinare un livello e una durata appropriati della stretta.
Parallelamente, resta confermata la tabella di marcia annunciata a dicembre e ribadita in occasione della riunione di febbraio sul quantitative tightening. Il Consiglio direttivo continuerà infatti a ridurre il portafoglio del programma di acquisto di attività (Expanded asset purchase programme o App) a un “ritmo misurato e prevedibile”, ovvero 15 miliardi di euro al mese fino a fine giugno. Poi, interromperà i reinvestimenti nell’ambito dell’App a partire da luglio. Quanto infine al Pepp (Pandemic emergency purchase programme), il Consiglio direttivo intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nell’ambito del programma almeno fino alla fine del 2024. “In ogni caso, la futura riduzione del portafoglio del Pepp sarà gestita in modo da evitare interferenze con l’adeguato orientamento di politica monetaria”, ha spiegato l’Eurotower nella nota. “Il Consiglio direttivo continuerà a reinvestire in modo flessibile il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio del Pepp, per contrastare i rischi per il meccanismo di trasmissione della politica monetaria riconducibili alla pandemia”.
Lagarde: “La fiducia di imprese e consumatori resta debole”
Lagarde ha poi ricordato come, stando agli ultimi dati Eurostat, il prodotto interno lordo dell’area euro abbia registrato un aumento dello 0,1% nel primo trimestre dell’anno. “Il calo dei prezzi dell’energia, l’allentamento delle strozzature dell’offerta e le misure di sostegno fiscale alle imprese e alle famiglie hanno contribuito alla tenuta dell’economia”, ha spiegato Lagarde. Precisando come, allo stesso tempo, sia probabile che la domanda interna privata sia rimasta debole. La fiducia di imprese e consumatori ha registrato una ripresa costante negli ultimi mesi, ma resta a sua volta più debole rispetto al periodo antecedente alla guerra russo-ucraina. Tra l’altro, se da un lato il settore dei servizi sta crescendo, complice la riapertura dell’economia, dall’altro le prospettive del manifatturiero sono in peggioramento. Contestualmente, a marzo il tasso di disoccupazione ha toccato un nuovo minimo storico del 6,5% ma il numero medio di ore lavorate resta al di sotto dei livelli pre-covid e in stallo dal secondo semestre del 2022.
Crisi energetica, il monito di Lagarde ai governi
“Con l’attenuarsi della crisi energetica, i governi dovrebbero ridurre prontamente le relative misure di sostegno per evitare di far salire le pressioni inflazionistiche di medio termine, che richiederebbero una risposta più forte di politica monetaria”, ha avvertito Lagarde. “Le politiche fiscali dovrebbero essere orientate a rendere la nostra economia più produttiva e a ridurre gradualmente l’elevato debito pubblico. Anche le politiche volte a migliorare la capacità di approvvigionamento dell’area euro, soprattutto nel settore energetico, possono contribuire a ridurre le pressioni sui prezzi nel medio termine”, ha continuato, accogliendo con favore la pubblicazione della proposta della Commissione europea sulla riforma del quadro di governance economica dell’Ue.
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“Inflazione ancora troppo elevata per troppo tempo”
Secondo Lagarde, permangono intanto significativi rischi al rialzo sulle prospettive di inflazione. Le tensioni nell’Est Europa, ha spiegato, potrebbero far lievitare nuovamente i costi di energia e generi alimentari. “Anche un aumento duraturo delle aspettative di inflazione al di sopra del nostro obiettivo o aumenti dei salari o dei margini di profitto superiori al previsto, potrebbero far salire l’inflazione, già nel medio termine”. A pesare sulle prospettive di crescita, ha aggiunto, potrebbero essere anche le nuove tensioni sui mercati finanziari, laddove persistenti. Tuttavia, si è augurata Lagarde, “la recente inversione dei passati shock negativi sull’offerta, se sostenuta, potrebbe stimolare la fiducia e sostenere una crescita superiore a quella attualmente prevista. Anche la continua tenuta del mercato del lavoro, sostenendo la fiducia e la spesa delle famiglie, potrebbe portare a una crescita più elevata del previsto”.
La Bce alza ancora i tassi, i commenti degli analisti
“La mossa della Bce di rialzare i tassi di interesse di 25 punti base era lo scenario con più elevate probabilità”, commenta Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia. “Manteniamo invariate così le nostre aspettative su due ulteriori incrementi del costo del denaro di 25 punti base in Europa nei prossimi mesi, escludendo, inoltre, la possibilità che ci possa essere un taglio dei tassi in Europa nel corso del 2023. Secondo lo strategist infatti, nonostante i timori sulla crescita economica e sulle restrizioni nel mercato del credito, le pressioni inflazionistiche restano “troppo elevate”. Sui mercati, aggiunge, la scelta dovish della Bce e i toni abbastanza hawkish della Lagarde “si sono abbastanza compensati”; l’interesse degli investitori, spiega Diodovich, resta concentrato sulla crisi delle banche regionali statunitensi “con nuovi candidati (PacWest) a un possibile intervento della Federal deposit insurance corporation”.
Attesi altri due rialzi da 25 punti base nei prossimi mesi
Anche per Hsbc Global Research la traiettoria di rialzo dei tassi non è ancora giunta al termine. “Ciò è in linea con la nostra view secondo cui il mese prossimo ci sarà un altro rialzo di 25 punti base, con il rischio che i rialzi proseguano fino a luglio”, scrive la società di ricerca indipendente. Una stima che trova a sua volta conferma nelle parole di Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte. Che aggiunge come, nel breve, potremmo assistere a un temporaneo allargamento dello spread in area 200/230 punti base in conseguenza anche della prospettiva di minore supporto derivante dai reinvestimenti dell’App. “Allargando lo sguardo e l’orizzonte, per il secondo semestre si profila un contesto di aumento liquidità da parte della Fed (per sedare le tensioni in ambito bancario) e potenzialmente tassi a medio-lungo termine in calo in vista di una recessione marcata in Usa e un rallentamento in area euro per effetto principalmente del restringimento del credito, più forte negli Usa dopo le turbolenze ancora in atto in ambito banche regionali”, aggiunge Cesarano.
La rotta del 2° semestre e gli effetti sul portafoglio
“La Bce potrebbe concludere il ciclo rialzista dopo la Fed, mentre nel frattempo la Fed potrebbe già lasciare intendere l’intenzione di allentare i tassi in ottica almeno 2024. Questo scenario depone a favore degli asset maggiormente sensibili a tassi in calo e liquidità in aumento, in primis: comparto growth (con focus soprattutto sugli indici Usa), oro e comparto obbligazionario governativo. I mesi di maggio e giugno potrebbero rappresentare un momento di temporanee prese di profitto sull’equity prima dello scenario delineato nella seconda parte dell’anno, in vista di maggior focus sull’evoluzione delle banche regionali e dei negoziati sul tetto sul debito Usa”.