Germania, via agli investimenti in crypto per i fondi istituzionali

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Dal 2 agosto gli “Spezialfonds” potranno dedicare fino al 20% del portafoglio a Bitcoin e affini, ma inizialmente pochi ne approfitteranno

Diventa operativa la legge che consente ai fondi alternativi speciali, riservati agli investitori istituzionali, un investimento in criptovalute fino al 20% degli asset gestiti

Gli Spezialfonds, che hanno in gestione 1.800 miliardi di euro, potrebbero riversare sulle criptovalute fino a 360 miliardi di dollari – anche se difficilmente si verificheranno grossi cambiamenti nell’immediato

A partire da lunedì 2 agosto diventerà operativo in Germania il Fondsstandortgesetz (FoStoG o Fund Location Act), che consentirà ai fondi d’investimento alternativi speciali, i cosiddetti Spezialfonds, di allocare in criptovalute fino al 20% del loro portafoglio. Gli Spezialfond sono il principale veicolo per gli investitori istituzionali in Germania. Il futuro orientamento dei fondi nei riguardi dell’investimento in criptovalute potrebbe avere un’influenza e rappresentare un modello anche sulle altre economie dell’Eurozona.

Considerando le attuali risorse in gestione di questa particolare categoria di fondi, pari a 1800 miliardi di euro, l’aggiornamento normativo potrebbe sbloccare verso il mondo crypto fino a 360 miliardi. Si gli Spezialfonds sono riservati solo a una clientela istituzionale come fondi pensione ed assicurazioni.

Questo calcolo, tuttavia, è puramente teorico: difficilmente cifre del genere si concretizzeranno. “La maggior parte dei fondi rimarrà inizialmente ben al di sotto della soglia del 20%”, ha detto a Bloomberg Tim Kreutzmann, un esperto di criptovalute presso la BVI, l’associazione tedesca dei fondi d’investimento, “da un lato, gli investitori istituzionali come gli assicuratori hanno restrittivi requisiti normativi per le loro strategie di investimento; dall’altro, devono anche avere l’intenzione investire in criptovalute”. Evidentemente, non è detto che quest’intenzione effettivamente ci sia.
Per uno dei consiglieri della consultancy Oliver Wyman i fondi in questione non si avvicineranno alla soglia prevista del 20% per almeno cinque anni, dal momento che la volatilità delle criptovalute mal si combina con le strategie conservative preferite dagli investitori istituzionali in Germania. Più probabilmente, si comincerà con piccoli passi.

“Queste società sono responsabili delle promesse pensionistiche che fanno ai loro membri, quindi sono investitori molto conservatori”, aveva dichiarato al Financial Times il direttore amministrativo della Aba, l’associazione dei fondi pensione tedeschi, Klaus Stiefermann, “mi aspetterei che gli schemi pensionistici aziendali procedano con molta cautela nel valutare le criptovalute”, aveva anticipato a inizio luglio.

Al momento, né Deutsche Bank né DekaBank, due fra i maggiori attori del comparto Spezialfonds in Germania, hanno confermato l’intenzione di integrare le criptovalute nei portafogli dei rispettivi fondi, ha fatto sapere Bloomberg. Tra le due, è DekaBank ad aver dichiarato una maggiore apertura all’idea, anche se nessuna decisione è stata ancora presa in merito.

Le prospettive dei fondi in crypto per l’Italia

In Italia non esistono strumenti finanziari analoghi agli Spezialfonds tedeschi né al momento è previsto che ne vengano emessi, anche perché “il quadro normativo non lo permetterebbe”, ha commentato Francesco Baccaglini, avvocato responsabile del settore tax di Alvarium Investment Managers.

“E’ più probabile che si vedranno prima fondi che investono indirettamente in criptovalute tramite strumenti che replicano l’andamento delle valute virtuali, piuttosto che fondi che investono direttamente”, ha proseguito. “I fondi rappresentano una soluzione alternativa all’investimento diretto in criptovalute, il quale è fortemente penalizzato dalla complessità della fiscalità italiana. Sotto questo profilo l’investimento in prodotti sintetici con sottostante le criptovalute aiuterebbe gli investitori italiani a ottenere una esposizione a questa asset class in modo fiscalmente efficiente”.

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