Per questo motivo il perdono è un tema studiato anche dalla psicologia sociale. Nello specifico, i sociologi individuano tre cambiamenti che avvengono quando si perdona qualcuno:
- un aumento nella motivazione ad agire in un modo che gratifica colui che ci ha offeso o la relazione con tale persona;
- un calo nella motivazione a rivalersi nei confronti di colui che ha commesso il torto;
- un calo nella motivazione a evitare la persona che ha commesso il torto.
Queste tre dinamiche sono fondamentali in un gruppo di lavoro, così come in una squadra sportiva o anche in una famiglia o semplicemente nel rapporto di coppia o in un’amicizia; insomma, in ogni contesto in cui più persone interagiscono quotidianamente.
Ci sono persone che per un torto subito anni fa hanno smesso di parlare con alcuni parenti. O manager che per l’incapacità di perdonare il proprio capo, hanno lasciato un posto di lavoro di per sé gratificante e stimolante.
Il perdono ha quindi la funzione di annullare queste emozioni negative sul lungo periodo per ristabilire in noi sentimenti positivi. Questo può avvenire solo se comprendiamo che l’altra persona è umana quanto noi, e può anche lei sbagliare.
La capacità di perdonare passa anche attraverso l’allenamento della nostra abilità di fare pace con i nostri sentimenti. Ogni volta che perdoniamo qualcuno, ci liberiamo del peso del passato e dei sentimenti negativi a esso legati. Diamo a noi stessi la possibilità di andare oltre ciò che è successo e di ricostruire la relazione, eliminando il veleno del risentimento.
Da questa prospettiva il perdono ha poco a che vedere con l’altra persona ed è piuttosto un viaggio dentro noi stessi, dentro il nostro sentire, dentro le nostre emozioni, che però ha risultati positivi anche al di fuori di noi, per la nostra socialità.
Va perciò allenata anche la cosiddetta intelligenza emotiva. L’intelligenza emotiva è un aspetto dell’intelligenza legato alla capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie e altrui emozioni. Questo tema meriterebbe un articolo a parte, perciò qui basti sapere che
questa è una delle tante “intelligenze” di cui è dotato il cervello umano, come la logica, la linguistica-verbale, la sonora, la spaziale, la relazionale, la cinestetica. Furono per primi gli studiosi Peter Salovey e John Mayer, nel 1990, a parlare di intelligenza emotiva come capacità dell’individuo di gestire le proprie emozioni e non esserne succube. Su questo tema hanno avuto molto successo i libri di Daniel Goleman.
Attenzione però a “come” si perdona. Per alcuni il perdono è qualcosa di “condizionato”: “Ti perdono a patto che tu ti penta, mi chieda scusa e ripaghi la tua colpa”. Questo tipo di perdono non ci libera dai sentimenti, ma anzi ci fa dipendere ancora più dall’altro. Inoltre, è un tipo di atteggiamento basato sempre sul rancore e sulla vendetta. Il vero perdono è invece quello “incondizionato”. Si perdona chi ha fatto del male, punto. Fine della storia. Non si chiede nulla in cambio. L’altro non deve le sue scuse, non deve essere pentito e non deve scontare alcuna pena.
Solo questa tipologia di perdono elimina immediatamente le emozioni negative e rende completamente libero chi lo attua. Gli psicologi e gli esperti di scienze sociali affermano che quando si perdona senza chiedere nulla, una delle prime emozioni provate è la gratitudine: un’emozione positiva e potenziante. In un certo qual modo, una sorta di beatitudine nel “qui e ora”. Tutto bello a parole, ma come si fa a perdonare in tal modo? Occorre ristrutturare l’esperienza dell’offesa. Ristrutturare significa attribuirle valore diverso perché la si legge in modo diverso, interpretando il contesto da un’altra prospettiva.
Innanzitutto si può pensare che la persona non ci ha offesi di proposito, e se l’avesse davvero fatto di proposito, questo è un problema suo. Poi occorre pensare che le emozioni negative che si provano non cambiano di una virgola quello che è già accaduto, anzi non fanno altro che reiterare l’intensità e i danni emotivi dell’offesa nel tempo, come un sasso gettato nel mare le cui onde continuano a propagarsi anche dopo che il sasso è caduto sul fondo.
Al contrario, si può pensare che se si lascia andare l’emozione negativa ci si proietta sul presente e sul futuro, che sono gli unici due tempi ancora da vivere, e che nessuno vuole vivere già con uno stato d’animo negativo. Questo non vuol dire che ci faremo offendere una seconda volta da chi ci ha già offeso, significa che non ci faremo condizionare dalle emozioni negative che proviamo e sapremo ricostruire il rapporto con l’altro in modo chiaro.
Un esercizio utile per cominciare a imparare a perdonare incondizionatamente è quello di iniziare a perdonare la persona che ci è più vicina: noi stessi.
A volte siamo così delusi dai nostri errori, dai nostri sbagli o dalle nostre debolezze che non ci perdoniamo. Questo inquina la nostra autostima con emozioni negative (“Non me lo merito”, “Son un fallito”, “Provo vergogna”) che si ripercuotono su tutte le nostre future azioni. Ci blocchiamo, desistiamo, abbandoniamo i nostri obiettivi.
Perdonarsi e comprendere che lo sbaglio e l’errore fanno parte di un percorso di crescita e apprendimento ci apre alla pace interna e ci rimette in azione, con tutta una serie di emozioni positive. Quando avremo imparato a perdonare noi stessi, per le piccole cose, sarà poi più semplice farlo anche con gli altri.