Le mosse del governo di Mauricio Macri per arginare la fuga di capitali sono essenzialmente due: rinegoziazione del debito con il Fmi e misure di controllo dei capitali
Il decreto – spiega il governo Macri – sarebbe ideato per “proteggere i risparmiatori”
Il decreto impone alle imprese argentine di cambiare in pesos argentini entro cinque giorni i dollari incassati con la vendita delle merci
Almeno per il momento l’effetto indesiderato degli ultimi annunci è stato quello di alimentare il clima di incertezza sui mercati. A subirne per primo le conseguenze è stato il bond a 100 anni, precipitato al prezzo di 38 centesimi sul dollaro. Solo sei mesi fa ne valeva circa 110. Nei giorni scorsi anche la Borsa nazionale e il peso argentino avevano perso terreno, in scia alle decisioni governative. Ma con l’apertura dei mercati post week end lungo del Labor Dau, il peso ha recuperato sul dollaro, assestandosi a quota 55,3 dollari.
L’obiettivo alla base del decreto introdotto per il controllo dei cambi è effettivamente quello di tamponare una pericolosa emorragia di dollari dal Paese e frenare la svalutazione del peso. Il decreto, spiega il governo Macri, sarebbe ideato per “proteggere i risparmiatori”. Nel testo si sostiene che le misure puntano a “contenere l’impatto delle fluttuazioni dei flussi finanziari sull’economia reale”.
Le misure riguardanti il controllo del mercato implicano essenzialmente una restrizione nell’acquisto di dollari, l’obbligo da parte degli esportatori di liquidare la valuta frutto della loro attività e l’autorizzazione per pagare le tasse con titoli del debito. Il punto principale del decreto riguarda la fissazione per le persone fisiche di un tetto massimo di acquisto di valuta a 10.000 dollari.
Gli argentini non potranno inoltre realizzare trasferimenti di fondi dai loro conti bancari verso l’estero per un ammontare superiore ai 10.000 dollari al mese e non potranno comprare valuta per un valore superiore a questa stessa cifra senza aver prima ricevuto un permesso dalla Banca Centrale.
Il “Decreto di necessità e urgenza” (Dnu) stabilisce dei limiti anche per le imprese che esportano, imponendo loro di cambiare in pesos argentini entro cinque giorni i dollari incassati con la vendita della loro merce. Alcuni analisti sono scettici e ritengono che imporre misure restrittive di emergenza avrà un impatto negativo sulla popolazione, che ha già poca fiducia nelle istituzioni finanziarie.
Il commento di Merian Global Investor
“La fuga degli investitori offshore, ma soprattutto di quelli locali, ha forzato la Banca centrale dell’Argentina a bruciare 13 miliardi di dollari di riserve di valuta estera per evitare che il peso crollasse fino ad essere fuori controllo, con implicazioni non solo per l’inflazione ma anche per il rapporto debito/Pil dell’Argentina”, ricorda Delphine Arrighi, gestore del fondo Merian Emerging Market Debt di Merian Global Investors.
Per Arrighi “resta da capire ciò che potrebbe succedere alla continuità in termini di politiche e alla volontà del Paese di ripagare il debito quando l’opposizione, che sembra ben posizionata per vincere il primo round di elezioni ad ottobre, andrà al potere. Il brusco ma necessario aggiustamento del deficit fiscale e di quello delle partite correnti, portato avanti dall’amministrazione Macri nel corso dell’ultimo anno di mandato si è dimostrato essere troppo gravoso per gli argentini”
“Il trauma dei diversi default che l’Argentina ha affrontato in passato è ancora ben presente nella mente della popolazione. La possibilità che si giunga ad un’altra situazione simile ha spinto a ritirare rapidamente i depositi. Questo panico ha reso il meccanismo di trasmissione della politica monetaria totalmente inefficace, come abbiamo visto l’anno scorso, e ha pesato sulla valuta. Tuttavia, più debole è la valuta, più elevato è il rapporto debito/Pil del Paese che, a sua volta, ostacola la ripresa nel valore dei suoi bond denominati in dollari”, aggiunge Arrighi.
“Dato che le riserve di valuta estera sono limitate, e in rapida diminuzione – commenta ancora Arrighi – per ripagare il debito, il governo ha dovuto ricorrere all’ultima arma a sua disposizione per contenere le riserve e la valuta, che altrimenti avrebbe raggiunto livelli impensabili, a danno della stabilità macroeconomica. Pur non rappresentando la misura ideale, dato che creano altre distorsioni nell’economia, i controlli sui capitali aiutano se non altro a mantenere il Paese a galla, mentre si prepara alla transizione verso la nuova amministrazione”.
Alla luce di ciò, “tali misure sono benvenute, finché restano targettizzate e temporanee. Questa strategia dovrebbe anche innescare una discussione più ordinata sul tema della ristrutturazione del debito estero con i detentori dei bond e il Fai, che dovrebbe essere più incline a erogare la prossima tranche nel corso delle settimane a venire, su garanzia che tali finanziamenti non verranno utilizzati per facilitare fughe di capitale“, sottolinea la manager di Merian GI.
“In termini di outlook per l’Argentina sul lungo periodo – conclude Arrighi – sembra che tutto dipenderà da quale direzione vorrà intraprendere la prossima amministrazione“.