L’assegnazione prescinde, in un certo modo, dal fatto che la casa sia di proprietà esclusiva di uno degli ex coniugi, in quanto il giudice può assegnare la casa anche al coniuge non proprietario
Il diritto di colui che risulta essere assegnatario dell’immobile, anche se non proprietario, si qualifica come diritto di godimento e non come diritto reale
Una forte e persistente tensione o un clima di progressiva reciproca disaffezione sono traccia di una situazione familiare (forse) irrimediabilmente compromessa.
Tuttavia, se le ragioni della conflittualità sono imputabili ad uno dei due partner, l’altro coniuge, può per giusta causa decidere di allontanarsi dalla casa familiare e, conseguentemente, a certe condizioni, può avere diritto a chiedere e ottenere l’addebito della separazione.
Casa familiare: cosa accade in caso di abbandono del tetto coniugale?
Se è, infatti, vero che durante il matrimonio i coniugi sono tenuti a convivere sotto lo stesso tetto, al punto che l’allontanamento della casa coniugale costituisce violazione dell’obbligo di convivenza da parte di chi si è allontanato (e quindi un valido motivo di separazione per chi ha subito l’allontanamento), è pur vero che il soggetto che si è allontanato può “ribaltare” la situazione (ottenendo persino l’addebito della separazione) dimostrando che la convivenza era divenuta intollerabile.
Più nel dettaglio:
- l’allontanamento dalla casa familiare, costituendo violazione del dovere di coabitazione, è di per sé sufficiente a giustificare l’addebito della separazione a carico di chi è andato via
- tuttavia, colui che si è allontanato può dimostrare l’esistenza di una giusta causa, e dunque provare l’esistenza di un comportamento dell’altro coniuge che ha reso di fatto impossibile la prosecuzione della convivenza.
Come ha chiarito recente giurisprudenza, il soggetto che si è allontanato può ottenere l’addebito della separazione se dimostra che l’interruzione della convivenza, e quindi l’abbandono della casa coniugale, non è altro che l’esito di una crisi familiare precedente. L’atto di allontanamento attesta il finale deterioramento dei rapporti tra i coniugi, innescato in epoca ben anteriore.
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Risvolti patrimoniali
L’allontanamento volontario di un soggetto dalla casa familiare e la conseguente separazione, evidentemente, danno vita a risvolti di tipo patrimoniale in quanto solo uno dei coniugi, a fronte dell’assegnazione del giudice, potrà permanere nell’abitazione.
In questo senso, entra in gioco il tema dell’assegnazione della casa familiare conseguente alla separazione dovuta e ottenuta a partire dall’episodio di allontanamento.
L’assegnazione della casa familiare è il provvedimento adottato dal giudice in caso di separazione, di divorzio o di cessazione della convivenza di fatto dei coniugi diretto a stabilire a quale dei due (ex) partner potrà permanere nell’abitazione. L’assegnazione prescinde, in un certo modo, dal fatto che la casa sia di proprietà esclusiva di uno degli ex coniugi, in quanto il giudice può assegnare la casa anche al coniuge non proprietario, se questa scelta è rilevante, ad esempio, per la maggiore tutela dei figli.
L’obiettivo dell’assegnazione infatti consiste, in linea generale:
– nel preminente dovere di tutela dell’interesse della prole a rimanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta
– nell’obbligo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, compresa la necessità di reperire una casa di abitazione.
Come chiarito da recente giurisprudenza, il diritto di colui che risulta essere assegnatario dell’immobile, anche se non proprietario, si qualifica come diritto di godimento e non come diritto reale.
In questo senso, tuttavia, dal punto di vista dei rapporti economici, l’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi, cui l’immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l’altro coniuge.
Il proprietario effettivo, anche quando non assegnatario, inevitabilmente rimarrà condizionato da detto vincolo, con la conseguenza che anche i suoi eventuali i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento di assegnazione all’altro coniuge non sia eventualmente modificato, non potranno aggredire il bene.
Inoltre, si deve rilevare che il giudice, pur decidendo in merito all’assegnazione della casa coniugale facendo riferimento all’esclusivo interesse dei figli, nel definire il complessivo assetto patrimoniale fra i coniugi deve tenere conto del maggior aggravio economico cui il coniuge non assegnatario va incontro per procurarsi un alloggio in locazione.