L’inflazione annuale nell’eurozona, secondo l’Eurostat, ha toccato quota 5% lo scorso di dicembre. A registrare i tassi più elevati sono Estonia, Lituania e Lettonia. La componente più calda resta quella dell’energia (+26% a fronte del +27,5% di novembre)
Schnabel: “La necessità di intensificare la lotta ai cambiamenti climatici potrebbe implicare che i prezzi dei combustibili fossili non solo dovranno rimanere elevati ma dovranno anche continuare a crescere se vogliamo raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”
Schnabel ha delineato dunque due scenari in cui la politica monetaria “dovrebbe cambiare rotta”. Innanzitutto, qualora i prezzi dell’energia costantemente elevati spingessero i consumatori a temere che l’inflazione non sia tanto temporanea come auspicato, generando una spirale prezzo-salario in stile anni ’70. Ma, secondo Schnabel, almeno finora i salari e le richieste sindacali “restano relativamente moderati”. La seconda opzione riguarda invece la corsa al green. Per l’esperta, la possibilità di un dietrofront della banca centrale è legata al fatto che le politiche per affrontare il cambiamento climatico (come una tassa sul carbonio o misure per compensare le famiglie più povere dei maggiori costi energetici) potrebbero aumentare le pressioni inflazionistiche.
“I prezzi del carbonio nell’Unione europea e altrove sono aumentati in modo brusco lo scorso anno, rafforzando gli sforzi per ridurre le emissioni di carbonio il più velocemente possibile e accelerando gli investimenti nelle tecnologie verdi”, spiega Schnabel. “Dato che il cambiamento del mix energetico verso combustibili meno costosi e ad alta intensità di carbonio richiederà tempo, un prezzo del carbonio in aumento, aliquote fiscali più alte su una serie di combustibili fossili e una domanda di energia relativamente inelastica, possono portare a una continua pressione al rialzo sui prezzi al consumo nel periodo di transizione”. Di conseguenza, i governi “dovranno proteggere le parti più vulnerabili della società dall’aumento dei prezzi dell’energia in un modo che non ritardi la transizione verde”.
Quanto alla politica monetaria, la Bce dovrà verificare se tale aumento rappresenti un rischio per la stabilità dei prezzi nel medio termine, vale a dire “se le prospettive di un perdurante incremento dei prezzi dell’energia contribuiscono a disancorare le attese d’inflazione o se la pressione al rialzo dei prezzi minaccia di portare al di sopra del target del 2%, dal momento che l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili e la dinamica dell’attività economica stimolano (invece che comprimere) la crescita, l’occupazione e la domanda aggregata nel medio termine”, conclude Schnabel.