Scultura, il futuro si chiama BISS

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È denominato “Innovation and Best Practice for International Standards on Sculpture Study and Management” il nuovo progetto approvato e finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Creative Europe. Il suo obiettivo strategico è migliorare la visibilità della scultura e la professionalizzazione di questo settore artistico grazie a una rete europea dedicata

Nel 2021 la Commissione Europea, a seguito di un bando pubblicato nell’ambito del programma Creative Europe, tramite la European Education and Culture Executive Agency (EECEA) ha approvato e finanziato un progetto denominato “Innovation and Best Practice for International Standards on Sculpture Study and Management” (acronimo: BISS). L’obiettivo principale di questo progetto è contribuire allo studio e alla gestione della scultura a livello internazionale. Il progetto è coordinato dalla Fundació Gala-Salvador Dalí di Figueres (Spagna), e prevede la partecipazione di due partner: il Musée Rodin di Parigi e lo Studio Legale CBM & Partners di Milano, realtà con una expertise riconosciuta a livello internazionale in materia di diritto dell’arte. Altri due partners associati sono il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid e l’Henry Moore Institute di Leeds, Regno Unito. Partecipa al progetto anche la Prof. Sharon Hecker, storica dell’arte che da anni si occupa di ricerca sulla scultura. L’obiettivo strategico del progetto è di migliorare la visibilità della scultura e la professionalizzazione di questo settore artistico attraverso la creazione di una rete europea dedicata.

Attraverso la condivisione delle diverse competenze ed esperienze dei partecipanti al progetto, BISS si propone di creare una serie di standard internazionali per identificare le opere d’arte scultoree, stabilendo una tassonomia adeguata ad identificare la natura di ogni opera riconducibile alla categoria della scultura e, in genere, delle opere d’arte tridimensionali. Oggi, in Europa mancano standard affidabili: cosa si intende per opera unica, riproduzione autorizzata dall’artista o dagli aventi diritto, opera realizzata durante la vita dell’artista o dopo la sua morte. E che dire delle varianti, delle fusioni eseguite esclusivamente per una mostra, dei multipli e delle repliche digitali? Attraverso il confronto degli esperti e studiosi che contribuiscono al progetto in base alle rispettive competenze storico-artistiche e legali saranno delineate linee guida che potranno essere utilizzate sia per una corretta classificazione di opere già realizzate, sia per sculture, edizioni o riproduzioni di prossima realizzazione. Le linee guida terranno conto delle diverse disposizioni di legge di un numero selezionato di Stati membri europei. Infine, si studierà l’opportunità di utilizzare queste linee guida anche nel contesto delle più recenti tecnologie associate alla trasformazione digitale, con particolare attenzione alla blockchain. Il progetto ha avuto inizio il 1° giugno 2022 e si svilupperà per una durata di 24 mesi. Un altro esempio virtuoso di dialogo tra diritto e storia dell’arte.


Giuseppe Calabi 

Perché è importante stabilire linee guida affidabili per identificare una scultura e, più in generale, un’opera d’arte tridimensionale? Si pensi al caso in cui una casa d’aste offra in vendita una fusione in bronzo di Auguste Rodin. La catalogazione dell’opera la qualifica come “originale”. Questa qualificazione è ambigua, anzi totalmente priva di significato e sembra unicamente ispirata al fine di giustificare una stima ed (auspicabilmente, per il proprietario e la casa d’aste, assai meno per l’aggiudicatario) un elevato prezzo di aggiudicazione. È ovvio che se l’opera fosse qualificata come una “copia” o una “riproduzione” potrebbe essere considerata meno attraente per i potenziali acquirenti. In realtà, fatti salvi i casi in cui le sculture sono “pezzi unici”, ad esempio realizzati in marmo, o in legno, ogni scultura in bronzo è il risultato di una riproduzione, attraverso una tecnica complessa, sviluppatasi nei secoli. 

Frequentemente si parte da un modello in terracotta, che spesso non è neppure conservato. Le fusioni poi non sono sempre realizzate sotto la supervisione dell’artista, ovvero con il suo consenso. Inoltre, quando l’artista è in vita, ma soprattutto dopo la sua morte entrano in gioco i diritti di riproduzione, che sono tra i possibili diritti di utilizzazione economica riconducibili al diritto d’autore: chi può riprodurre e quale è il numero massimo di esemplari che possono essere riprodotti nell’ambito di una determinata edizione, partendo da un modello in terracotta o in gesso riconducibile all’artista? 

Dalla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche sottoscritta nel 1886, che ha stabilito per la prima volta il riconoscimento reciproco del diritto d’autore tra le nazioni aderenti, le legislazioni degli Stati in tutto il mondo in materia di copyright si sono sviluppate in modo non sempre uniforme. Ad esempio, uno dei primi risultati che abbiamo rilevato durante il lavoro di BISS è che non è affatto omogenea la definizione di scultura “originale”, “autentica”, “autorizzata”, nelle legislazioni dei primi tre Paesi dell’Unione Europea che abbiamo esaminato: ad esempio in Francia la disciplina in materia di “diritto di seguito” (il diritto dell’artista e dei suoi eredi a ricevere una royalty per tutte le vendite dell’opera successive alla prima) per le “edizioni di sculture” è previsto solo per dodici esemplari, mentre per la normativa fiscale, l’aliquota IVA agevolata è prevista limitatamente ad otto esemplari. 

In Italia, non c’è alcuna norma che stabilisca quale sia il numero massimo di riproduzioni per qualificare una fusione come “originale” (ma questa parola, come ho riferito in apertura, è povera di significato, se non addirittura fuorviante, se riferita alle sculture). Tuttavia, l’assenza di norme, non ha impedito nel 2018 al Tribunale di Milano, in una causa in cui si discuteva dell’originalità di una fusione attribuita a Lucio Fontana, di ritenere “ispirata a canoni di ragionevolezza e coerente con i principi generali in materia di diritto d’autore” la seguente conclusione del CTU : “ulteriore limite di tipo quantitativo affinché l’opera possa godere del carattere di unicità è costituito dal numero di esemplari programmati e dichiarati, che non può superare la quota di nove”. 

Questa conclusione è sorprendente per due ragioni: (a) l’affermazione che ciascuno dei nove esemplari “programmati e dichiarati” (da chi? dall’artista? dagli eredi? dal possessore del modello realizzato dall’artista?) possa godere di un carattere di “unicità” riferito all’opera è palesemente contraddittoria: come può ciascuno di nove esemplari rappresentare una “unicità” dell’opera ?; (b) il limite della “quota di nove” non è previsto da nessuna norma in Italia ed è unicamente frutto della fantasia del perito. Questo esempio è la dimostrazione più eloquente che la definizione di standard europei risultanti dalla collaborazione interdisciplinare di studiosi altamente qualificati coinvolti nel progetto BISS sarà molto utile per tutti coloro che partecipano al variegato mondo dell’arte: in primo luogo per gli artisti, ma anche per le fondazioni d’artista, gli studiosi, i musei, i collezionisti, le case d’asta e, più in generale, per il mercato dell’arte.

Surrealist Object Functioning Symbolically, 1931/1974 © Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí, Figueres, VEGAP, 2023

Sharon Hecker 

Gli storici dell’arte e i curatori che hanno trascorso la loro vita professionale nella ricerca e nell’esibizione di sculture sanno quanto possa essere difficile descrivere questa forma d’arte con termini specifici. Prima di iniziare a formulare una terminologia fissa per la scultura, dobbiamo tornare alla definizione stessa di scultura. Se pensiamo alla scultura solo come a un oggetto solido che è stato scolpito, fuso o lavorato in marmo, metallo, pietra, avorio o legno, ci sfugge il fatto che questa definizione, nel corso dell’ultimo secolo, è stata ampliata e riformulata in modi sorprendenti. La scultura – dal latino Sculp?re, tagliare, intagliare, sbozzare – non è più solo questo. Nel XX secolo la scultura è diventata ancora più difficile da categorizzare, etichettare o definire.
Storicamente, la scultura è stata un’arte meno apprezzata e lo scultore non era universalmente stimato. I Dieci Comandamenti usano la parola “scultura” (pesel), quando proibiscono al popolo ebraico di scolpire immagini, vietando così l’idolatria. 

Nel Rinascimento, Leonardo da Vinci scrisse che era più signorile essere un pittore, perché non ci si sporcava tanto durante il lavoro. Per Leonardo, la scultura: è “accompagnato spesse volte da gran sudore composto di polvere e convertito in fango” e lo scultore è uno “con la faccia impastata, e tutto infarinato di polvere di marmo che pare un fornaio, e coperto di minute scaglie, che pare gli sia fioccato addosso; e l’abitazione imbrattata e piena di scaglie, e di polvere di pietre.” Il pittore, invece, “con grande agio siede dinanzi alla sua opera ben vestito, e muove il levissimo pennello co’ vaghi colori, ed ornato di vestimenti come a lui piace; ed è l’abitazione sua piena di vaghe pitture, e pulita, ed accompagnata spesse volte di musiche, o lettori di varie e belle opere, le quali senza strepito di martelli od altro rumore misto, sono con gran piacere udite.” La difficoltà della scultura rispetto alla sua arte sorella, la pittura, si è protratta fino alla metà del XX secolo: il pittore astratto americano Ad Reinhardt disse che la scultura era semplicemente quella cosa contro cui ci si scontra quando si fa marcia indietro per cercare di vedere meglio un quadro.
Oggi stiamo assistendo alla rinascita della scultura nei modi più inaspettati e affascinanti. Non solo c’è un feroce ritorno a ripensare i materiali tradizionali come il gesso, la ceramica, la cera e il bronzo, ma anche un abbraccio di tutto ciò che va dai mixed media, agli oggetti dematerializzati, alle sculture concettuali, alle stampe 3D e alle digitalizzazioni. 

Le sculture di oggi vanno dalle sculture di candele di cera fusa di Urs Fischer al blob di poliuretano fuso di Lynda Benglis, all’Earthwork e Land Art, come Spiral Jetty di Robert Smithson, fatta di roccia basaltica, cristalli di sale, terra e acqua, alle tende di plastica di Carla Accardi, ai ‘disegni’ di Eva Hesse con lattice, corda, spago e filo, ai tubi al neon di Dan Flavin che rivestono la Chiesa Rosa di Milano. Anche il corpo umano vivo è diventato il materiale dello scultore ed è considerato una scultura, come la Scultura vivente di Piero Manzoni, una performance di una donna viva firmata dall’artista sulla coscia e posta su un piedistallo, o gli amici di Remo Bianco congelati da uno spray di neve artificiale. La scultura può essere una performance o un’azione, sia che si svolga in una galleria, in un museo, in uno studio o nella natura, come i gesti poetici di Giuseppe Penone Essere fiume

La scultura può abbracciare le pareti di una struttura architettonica o può giocare sul confine tra opera d’arte e oggetto di design, come le ceramiche di Lucio Fontana. Può far parte di ambienti esperienziali, come Yayoi Kusama e le sue 1500 sfere d’argento, Narcissus Garden, figurativa o astratta, statica o mobile, su piedistalli o senza. Le forme di marmo intagliato di Barry X Ball, realizzate con scansioni digitali 3D di sculture di Medardo Rosso e Umberto Boccioni, adattano e rimescolano tecniche artistiche vecchie e nuove. Sebbene molte di queste opere siano gesti unici e originali, la maggior parte di esse può essere ripresentata, riprodotta, replicata, ricreata e reinstallata. Questi nuovi adattamenti, anch’essi sculture, hanno poco a che fare con le riproduzioni tradizionali in fusione. Tuttavia, dovranno essere definiti come riproduzioni, repliche, ricreazioni, appropriazioni o copie. Tutto questo solleva questioni concrete di carattere curatoriale, storico-artistico, di mercato e legale per coloro che sono coinvolti nella realizzazione, nella catalogazione, nell’archiviazione e nella documentazione della scultura. Per questo motivo, l’obiettivo del progetto BISS di specificare etichette e termini per un mondo apparentemente quasi inafferrabile è una missione ammirevole ma impegnativa. Dimostra che è arrivato il momento di iniziare a fare un bilancio e a concretizzare un ambito artistico ampio che attualmente sfugge alla nostra descrizione verbale.

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