In un’epoca in cui le sfide sociali si fanno più complesse e i bisogni dei più fragili rischiano di perdersi nel rumore di fondo, esistono luoghi capaci di dare forma concreta alla parola “cura”. ZeroSei è uno di questi. “Nata nel 2002 sotto il nome di ZeroTre, la comunità educativa di Fondazione l’Albero della Vita accoglie bambini da zero a sei anni abbandonati o allontanati dal nucleo familiare di origine per gravi incurie, fisiche e affettive, violenze e abusi” spiega Maria Sole Vittadini, coordinatrice del progetto.
Qual è l’idea fondante del progetto ZeroSei?
“ZeroSei non rappresenta solo una casa (una villetta con giardino privato nella città di Milano, come nel più sognante dei disegni infantili), ma un ambiente pensato per proteggere e far rifiorire i 10 piccoli ospiti che accoglie su disposizione temporanea del Tribunale per i Minorenni (dall’inizio del progetto ben 160, ndr). La nostra è infatti una struttura educativa, non assistenziale: si tratta di un luogo specializzato e dall’alta qualità pedagogica, capace di produrre risultati tangibili per lo sviluppo e la crescita dei più piccoli”.

Si tratta di un servizio attuale nel contesto italiano?
“Attuale e importante per il territorio, perché è forte tutt’oggi la necessità di offrire un contesto stabile e accogliente a bambini che vivono situazioni di grave disagio, per insegnare loro che ‘cura’ non è solo una parola, ma una realtà vera e propria”.
Come si traduce il valore generato grazie a questo progetto?
“ll tempo passato in ZeroSei non è sospeso, ma pieno: è ricco di stimoli, relazioni e scoperte. Mi piace pensare che, come Fondazione l’Albero della Vita, giorno dopo giorno piantiamo dei semini, con la speranza che con la giusta dose di sole e di acqua questi possano diventare bellissimi fiori. In effetti, il cambiamento è visibile: bambini che entrano con gravi difficoltà sul piano motorio, emotivo e relazionale nel tempo acquisiscono sicurezza, linguaggio, capacità di esprimere se stessi. Il valore di questo lavoro è di riparazione: vederli crescere, cambiare, diventare consapevoli di sé e di ciò che possono diventare è la parte più preziosa del nostro lavoro, perché contribuiamo a una nuova possibilità di vita”.

Cosa dire a una persona che sta valutando di aprirsi alla filantropia per sostenere un progetto come il vostro?
“Il progetto ZeroSei si inserisce in una rete ampia, fatta di servizi sociali e assistenziali, scuole e tribunali. Ma ciò che lo rende speciale è la qualità del lavoro quotidiano e la dimensione relazionale. Per offrire questo livello di attenzione, però, servono risorse. Le rette dei minori non coprono tutto il necessario: materiali, attività, formazione, ambienti e personale qualificato. Anche esperienze ordinarie per la maggior parte dei bambini, come le vacanze estive. Per questo il contributo filantropico è fondamentale. Che non è solo economico: i volontari sono infatti essenziali nel progetto, sia per il sostegno agli educatori che per i bambini, perché regalano tempo, ascolto e affetto. I piccoli li riconoscono, li aspettano e costruiscono con loro relazioni uniche”.
Sostenere ZeroSei significa quindi investire in un progetto ad alto impatto, concreto e misurabile…
“Qui si cresce. Noi ‘grandi’, come ci chiamano i bambini, ci prendiamo cura di loro per aiutarli a scoprire chi sono e cosa possono diventare. Ma a crescere sono anche gli adulti, compresi i genitori dei piccoli, che qui hanno uno spazio dove mettere in pratica un percorso di cambiamento. E ogni piccolo passo che vediamo intraprendere, per noi è già una conquista. A prescindere dall’età”.
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Courtesy foto: Fondazione l’Albero della Vita, ph Mizlard