La leadership della Germania sarà cruciale per la prossima riforma del Patto di Stabilità e sulla possibile trasformazione del Recovery in fondo permanente dell’Ue
Il sorpasso dell’Spd è avvenuto inserendo nell’agenda polica anche la tassa patrimoniale, che sarebbe controbilanciata da un taglio delle imposte sui redditi medio-bassi
L’agenda sul clima è un altro tema caldo della campagna elettorale, segnata dalle tragiche inondazioni delle scorse settimane. Questo non ha aiutato i cristiano democratici
Le prossime elezioni federali in Germania, che si terranno il 26 settembre, determineranno il nuovo corso del Paese più influente d’Europa. La guida politica del Paese è cruciale per le future riforme dell’Unione europea, a cominciare dalla partita che sarà giocata, dopo queste elezioni, sul nuovo Patto di Stabilità e i relativi vincoli di bilancio. E’ opinione largamente condivisa, infatti, che i livelli di debito pubblico raggiunti dalla maggioranza dei Paesi membri al termine della pandemia saranno incompatibili con i percorsi di riduzione verso il target del 60% sul Pil. Come già avvenuto nel caso del Next Generation Eu, ci si aspetta che la Germania assuma un ruolo di primo piano nell’indirizzare il nuovo schema delle regole fiscali europee (attualmente sospese fino al termine del 2022). Sotto il profilo dell’economia dell’intero blocco europeo è probabilmente questa la principale sfida cui la nuova Germania dovrà dare il suo contributo.
L’appannamento dei cristiano democratici
Quello registrato dall’ultimo sondaggio Forsa è il peggior livello di consenso mai rilevato per la Cdu-Csu e anticipa come il nuovo leader, Armin Laschet, diventerebbe (anche in caso di vittoria) un cancelliere di gran lunga più debole rispetto a Merkel.
Ad aver influenzato le sorti di Laschet nelle ultime settimane è stata, fra le altre cose, la centralità del cambiamento climatico nel dibattito politico. Travolta dalle inondazioni di quest’estate, che hanno provocato 184 morti nella sola Germania, anche la campagna elettorale ha inevitabilmente riportato sotto i riflettori le rispettive agende ecologiche. Senza dubbio, sono quelle dei Verdi e dei socialisti quelle più ambiziose. Il leader della Cdu, Armin Laschet, al contrario, ha chiarito che le recenti catastrofi non modificheranno le posizioni moderate del partito. A deteriorare l’immagine pubblica di Laschet, inoltre, ha contribuito un video nel quale il candidato cancelliere rideva e scherzava con alcuni politici locali durante una visita nei luoghi colpiti dal disastro.
Il ritorno dell’Spd (con la promessa della patrimoniale)
Contrariamente a quanto avviene in Italia, aver apertamente propugnato l’introduzione di una tassa patrimoniale non ha ostacolato e, anzi, favorito il recupero dell’Spd – inizialmente terza nelle intenzioni di voto. “Se diventassi cancelliere, farei una patrimoniale”, ha dichiarato senza mezzi termini il leader socialista e attuale ministro delle Finanze, Olaf Scholz. Secondo quanto prevede il programma elettorale dell’Spd, questa nuova imposta consisterebbe in un prelievo dell’1% sui grandi patrimoni (mancano, tuttavia, riferimenti più precisi).
Parallelamente, sarebbero ridotte le aliquote sui redditi medio-bassi, nel pieno rispetto del paradigma progressista secondo il quale è possibile spingere la crescita economica spostando la tassazione dal lavoro a patrimoni e rendite.
Un’eventuale leadership socialista nella futura coalizione di governo incrementerebbe anche le possibilità di una riforma del Patto di Stabilità in grado di allargare le maglie di finanza pubblica, in particolare sulle spese per investimento. Secondo Scholz un ritorno all’austerità, dopo il periodo di sospensione del Patto, “sarebbe completamente sbagliato” e “chi segue questa strada”, ha aggiunto il leader socialista in una delle sue recenti interviste, “mette a rischio il nostro futuro o vuole tagli duri al welfare state”. Anche l’eventuale trasformazione del Next Generation Eu in un fondo stabile e non più emergenziale, uno degli argomenti più controversi fra Paesi del Nord e del Sud Europa, vedrebbe i socialisti tedeschi fra i probabili sostenitori.
Tornando al clima, l’Spd ha proposto, piuttosto genericamente, di portare la Germania fuori dai combustibili fossili entro il 2040. E’ più dettagliata, sotto questo aspetto, l’agenda dei Verdi, che fra le altre cose, ha proposto di anticipare l’addio al carbone al 2030 e di ridurre le emissioni del Paese del 70% entro lo stesso anno. Più blandi i propositi della Cdu, che punta ad incentivare, ad esempio, l’istallazione di nuovi impianti per l’energia solare ed eolica e ad incrementare gli investimenti su altre fonti di energia alternative.
Una coalizione più eterogenea
A prescindere da quello che si rivelerà il primo partito alle elezioni, sembra ormai chiaro che per comporre una maggioranza parlamentare ci si dovrà affidare a una compagine più eterogenea rispetto a quella attuale, dal momento che conservatori e socialisti non controllerebbero, assieme, la maggioranza assoluta dei seggi. A questi due partiti potrebbero aggiungersi, più probabilmente, o i liberali o i Verdi – benché ulteriori scenari sarebbero matematicamente possibili. Sarà la sintesi risultante della nuova coalizione a determinare la rotta del governo, al termine di negoziati che, in Germania, occupano spesso molto tempo. Nel 2017 questo processo si era protratto da settembre fino al marzo dell’anno successivo.