Il pnrr italiano sta per emettere i primi frutti: a fine luglio arriveranno i primi 25 miliardi di euro, pari a circa il 13% del totale
IlIl pnrr italiano è in particolare «ben allineato» al green deal. Il 37% delle sue misure è indirizzato alla transizione climatica, il 25% del piano alla digitalizzazione
Il«Adesso però inizia la guerra di trincea, senza dubbio più faticosa e meno remunerativa per quanto riguarda le soddisfazioni»
Attenzione però: «Quella che vinciamo è solo la prima battaglia», ammonisce il professor Carlo Altomonte dell’Università Luigi Bocconi. «Partiamo sicuramente con il piede giusto, quello della governance. Adesso però inizia la guerra di trincea, senza dubbio più faticosa e meno remunerativa per quanto riguarda le soddisfazioni». I decreti sono stati scritti, ora bisogna attuarli, e per farlo «bisognerà imbracciare una guerra di logorio con la burocrazia italiana. Per questo non dobbiamo allentare la pressione». Anche perché, «se l’Italia non mostrerà i primi risultati già con l’anticipo, il resto dei fondi non arriverà nemmeno».
Di processo «molto impegnativo» parla anche il commissario europeo Paolo Gentiloni, «in particolare per quei paesi che ricevono in rapporto al pil le risorse maggiori. Sono talvolta coloro che hanno maggiori difficoltà nell’assorbimento delle risorse europee». Si capirà se avremo vinto questa scommessa «tra quattro o cinque anni». Se sarà così, «potrà anche cambiare il destino dell’Unione europea». Il commissario europeo all’Economia si è espresso così intervenendo virtualmente alla seconda Conferenza di Taormina e Messina ospitata all’interno di Taobuk.
Ma quanti sono esattamente le risorse del recovery destinati alla Penisola? L’anno scorso si parlava di 220, poi di 240, poi di 191… «Dopo il ricalcolo in base al calo effettivo del pil, i soldi del recovery propriamente detto sono diventati 191 miliardi. Vi si accompagnano però anche il fondo complementare europeo da 30 miliardi e quello da 19 miliardi per le infrastrutture», spiega il professor Altomonte. Entrambi erano stati stanziati dal precedente governo Conte e poi mantenuti da Mario Draghi proprio per mantenere gli impegni infrastrutturali previsti in base al vecchio piano da 220. Gli eurobond andranno a finanziare il recovery vero e proprio, il debito pubblico italiano foraggerà i due fondi complementari.
La novità è che «anche i due fondi governativi saranno gestiti con le logiche del piano nazionale di ripresa e resilienza, fungendo da cartina tornasole della disciplina italiana: dai due bacini di risorse governative si capirà se il paese è in grado di implementare le riforme necessarie all’attuazione del pnrr nei tempi e nelle modalità concordate con Bruxelles».
Le prime ricadute concrete che vedremo nei prossimi mesi saranno quelle che derivano dal decreto legge semplificazioni, dalla nuova legge sulla concorrenza prevista a fine luglio. La semplificazione fiscale è indubbiamente una riforma complementare al recovery fund, ma non sarà in essere entro il 2021.