Secondo un sondaggio Gartner, il 66% delle organizzazioni statunitensi ha ritardato la riapertura degli uffici, complice la risalita dei contagi
Negli Stati Uniti il fenomeno Delta ha quasi decuplicato i casi settimanali fra luglio e inizio settembre
Lo smart working rimarrà ancora una scelta obbligata per molti lavoratori, nonostante alcuni dubbi sulle conseguenze – in particolare per il progresso della carriera
A parte i grandi nomi, la tendenza a rinviare il ritorno in presenza si estende anche all’impresa americana in termini più generali. Un sondaggio Littler condotto fra il 4 e il 12 agosto aveva già mostrato come il 40% dei professionisti aziendali (Hr e altri) avessero indicato il posticipo del rientro in ufficio fra le misure anti-contagio previste dalla propria organizzazione. Un altro sondaggio condotto da Gartner il 24 agosto, su 238 executive leader, ha indicato un ulteriore aumento della percentuale: a causa delle varianti, sarebbe il 66% delle aziende ad aver ritardato la riapertura degli uffici.
L’amministratore delegato di Intel, Patrick Gelsinger, ha confermato al New York Times che la decisione adottata dall’azienda, che ha rimandato il rientro in ufficio a inizio settembre, è stata chiaramente dettata dalla nuova ondata di contagi: “Ha decisamente allungato le cose… è una sfida per tutti noi, ci facciamo delle illusioni, ci sentiamo pronti a tornare alle nostre citate vite normali, ma poi facciamo qualche passo indietro”.
Secondo la già citata ricerca Littler, il 33% delle aziende aveva messo in conto di chiudere i rapporti di lavoro con il personale che avrebbe rifiutato la vaccinazione e il 49% aveva affermato di aver richiesto una conferma dell’eventuale vaccinazione. Secondo il più recente sondaggio Gartner, inoltre, il 16% delle organizzazioni ha già richiesto ai dipendenti l’obbligo di vaccinazione (in aumento di due punti rispetto a gennaio).
Il mondo delle grandi banche americane si è dimostrato tra più critici al lavoro da remoto e, probabilmente, sarà anche quello più reticente nel decidere un’eventuale ritorno alla modalità smart working a causa delle preoccupazioni sanitarie.
Una recente indagine sugli effetti del lavoro a distanza, condotta dalla ADP e pubblicata l’11 agosto, aveva in qualche modo confermato alcuni dei dubbi avanzati dal Ceo di JPMorgan, Jamie Dimon. I lavoratori in presenza hanno riportato un più forte senso di legame con i colleghi (70% contro 64%) pur investendo meno tempo in incontri e riunioni (il 15% dell’orario di lavoro contro il 25% degli smart worker).
I lavoratori da remoto, inoltre, si sentono meno fiduciosi sul proprio progresso in termini di carriera, rispetto ai propri colleghi in ufficio. Secondo il rapporto ADP, il 57% dei dipendenti pensa che i loro dirigenti preferiscano i colleghi in sede rispetto ai lavoratori a distanza; questa percezione è supportata dalla stessa percentuale di manager stessi (59%) che affermano la stessa cosa in merito alle decisioni su assunzioni e promozioni.
Il prolungamento della pandemia dovuto alle varianti, dunque, potrebbe esacerbare i limiti di un lavoro a distanza prolungato e “obbligato”.