Inge Kerkloh-Devif: “In quanto istituto d’istruzione universitaria, riusciamo a toccare con mano le sfide che stanno affrontando, tra mancanza di fiducia e paura di fallire. Bisogna agire subito. Se non si vuole costruire un’economia ancor meno equilibrata nel genere”
L’88% della popolazione degli Stati membri del G20 si dichiara favorevole all’introduzione di politiche innovative che garantiscano una parità di accesso ai finanziamenti pubblici e privati per le imprenditrici
Il credit gender gap vale 1.700 miliardi di dollari
Il credit gender gap (divario di genere nell’accesso ai finanziamenti, ndr), interviene Anne Ravanona, founder e ceo di Global Invest Her, valeva circa 1.700 miliardi di dollari a livello globale prima dello scoppio della pandemia. In altre parole, gli uomini hanno il 70% di probabilità in più di ottenere finanziamenti. Ma la buona notizia, aggiunge, è che “se iniziamo a investire sulle donne potremo ottenere un impatto positivo sul pil globale pari a 13mila miliardi di dollari, secondo le stime di McKinsey”. A giocare la propria parte, avverte, non dovranno essere soltanto i governi ma anche il settore privato. E bisognerà favorire la diversità nelle catene di approvvigionamento e negli appalti pubblici.
“La gender equality è anche un problema degli uomini”
“Noi rivediamo continuamente la nostra policy”, spiega Paolo Grue, ceo di Procter & Gamble Italy. “Sappiamo, per esempio, che uno dei momenti più difficili per le donne è quello della maternità e a tutti gli uomini garantiamo otto settimane di congedo parentale. Inoltre, li coinvolgiamo direttamente in questo viaggio per l’uguaglianza di genere. È importante che la gender equality non venga considerata unicamente un problema delle donne, ma che rappresenti una responsabilità condivisa”, dichiara Grue. Recentemente, racconta, Procter & Gramble si è impegnata inoltre a investire 10 miliardi di dollari nelle imprese guidate o gestite da donne entro il 2025. E ha sviluppato un tool digitale per “accompagnare le aziende nel loro cammino verso l’uguaglianza” e aiutarle a comprendere cosa possono fare ancora per raggiungere questi obiettivi.
Solo l’8% dei venture capitalist sono donne
Come rivela Monica Poggio, ceo di Bayer Italy, a livello europeo solo l’11% delle aziende che ottengono supporto dai fondi di venture capital sono guidate da donne. Nell’alta tecnologia questa percentuale scivola al 2%. E la maggioranza di questi fondi, in tutto il mondo, non vanta donne a livello dirigenziale (appena l’8% dei venture capitalist sono donne). “Abbiamo bisogno di portare molte più donne nel venture capital, donne che investano su altre donne”, interviene Nina Gardner, director di Strategy International e adjunct professor della John Hopkins Sais. “Sono loro che, secondo le stime, controlleranno due terzi della ricchezza globale solo negli Stati Uniti entro il 2030. Senza dimenticare che gli ultimi dati a livello globale rivelano come la ricchezza femminile superi i 72mila miliardi di dollari”. “Dobbiamo aiutare le donne ad acquisire più sicurezza in sé stesse. Solo così anche gli investitori crederanno di più in loro”, conclude Rania Nashar, head of compliance & governance del Saudi Arabia Public Investment Fund.