Lo scorso anno sono state portate a termine 674 operazioni per un valore di oltre 100 miliardi di dollari, contro le 774 operazioni del 2019 e le 322 del 2009
Solo nel quarto trimestre si contano 246 operazioni, un boost legato principalmente al forte aumento dell’attività dei compratori nordamericani
Matteo Fiocchi: “Sarà fondamentale per gli acquirenti scegliere attentamente i loro obiettivi di crescita, se vogliono darsi le migliori possibilità di successo”
L’impatto negativo della crisi pandemica ha spinto il mercato globale delle mergers and acquisitions a toccare i minimi dalla crisi finanziaria di oltre dieci anni fa. Secondo l’ultima indagine di Willis Towers Watson realizzata in collaborazione con il centro di ricerca M&A della Business school (ex Cass), lo scorso anno sono state registrate infatti solo 674 operazioni per un valore di oltre 100 miliardi di dollari, contro le 774 del 2019 e le 322 del 2009.
A nulla sembrerebbe valsa l’impennata degli accordi degli ultimi tre mesi, con 246 operazioni completate in giro per il mondo, 36 unità in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Eppure, spiegano i ricercatori, si è trattato del più elevato numero di grandi operazioni (per un valore compreso tra uno e dieci miliardi di dollari,
ndr) mai raggiunto in un ultimo trimestre, un
boost legato soprattutto all’incremento delle attività dei compratori nordamericani (con 136 operazioni). “Il 2020 è stato un anno diverso da qualsiasi altro periodo che abbiamo mai visto, alimentato da una pandemia persistente, da un’enorme incertezza economica, da elezioni presidenziali americane altamente divisive e da crescenti tensioni geopolitiche”, ha commentato
Andrea Scaffidi, retirement country leader di Willis Towers Watson in Italia, secondo il quale “mentre il mondo nel 2021 rimane un luogo volatile, la domanda in crescita, l’abbondanza di finanziamenti, i tassi d’interesse bassissimi e la fiducia che ritorna almeno presso i vertici aziendali indicano che le condizioni sono mature per uno dei più grandi anni di M&A mai registrati”.
Le cinque tendenze da considerare nel 2021
Ma il percorso verso la ripartenza non sarà privo di ostacoli. Stando a Matteo Fiocchi, practice leader executive compensation & strategic rewards della società di consulenza e brokeraggio, sono cinque le tendenze sulle quali bisognerà concentrare lo sguardo. Innanzitutto, la questione a stelle e strisce, sul cui fronte, secondo l’esperto, è “facile aspettarsi un ambiente geopolitico e macroeconomico dominato dalle tensioni tra Stati Uniti e Cina, con le economie emergenti che si allineano in larga misura con la Cina e l’Europa nel mezzo”. In secondo luogo, il tema pandemico, con i governi alle ultime gocce di liquidità e diversi settori sull’orlo del “punto critico”. Ma che ha determinato anche “un salto di qualità nel tasso di adozione del digitale nei servizi finanziari”, specifica Fiocchi, secondo il quale “il passaggio allo smart working accelerato dalla pandemia e gli inviti a perseguire una ripresa economica green dovrebbero guidare l’attività di M&A nel settore tecnologico nel 2021 e oltre”.
Per non dimenticare poi uno spostamento verso il basso nella lista delle priorità degli acquirenti del posizionamento delle aziende da comprare. “Una grande banca che cerca di acquistare una fintech, per esempio, invece di cercarla a Manhattan o a Londra, è sempre più propensa a guardare oltre i confini dell’Europa e del Nord America verso nuovi mercati, per trovare il target giusto”, spiega Fiocchi. Un aspetto che potrebbe incidere “significativamente” sul mercato delle fusioni e delle acquisizioni. E ancora l’evoluzione delle
Special purpose acquisition companies (Spacs) negli Stati Uniti, che rappresentano meno dell’1% del mercato globale. Per chiudere infine con il
post-Brexit e l’evoluzione dei servizi finanziari nel Regno Unito. Secondo i ricercatori, a tal proposito, l’incertezza potrebbe generare un’inevitabile volatilità e turbolenza del mercato, aprendo opportunità di
mergers and acquisitions sia per le imprese britanniche che per gli acquirenti oltreoceano, perché “alcuni settori beneficeranno della rottura dei legami con l’Unione europea, mentre altri si troveranno in difficoltà”, conclude lo studio.
Lo scorso anno sono state portate a termine 674 operazioni per un valore di oltre 100 miliardi di dollari, contro le 774 operazioni del 2019 e le 322 del 2009Solo nel quarto trimestre si contano 246 operazioni, un boost legato principalmente al forte aumento dell’attività dei compratori nordamerican…