Nella seconda bozza del documento finale della Cop26, l’invito a sbloccare un fondo da 100 miliardi di dollari entro il 2023 a favore dei paesi meno sviluppati è sparito
A dare una spinta ai negoziati, l’intesa tra Washington e Pechino. Si parla di un gruppo di lavoro bilaterale volto a “potenziare l’azione sul clima” nel decennio in corso
Intanto, altri accordi sono stati raggiunti. Un gruppo di paesi ha aderito alla Beyond oil and gas initiative, coalizione volta a rafforzare l’ambizione climatica globale allineando la produzione di petrolio e gas agli obiettivi del 2015. Promossa da Costa Rica e Danimarca, conta tra i propri soci “a pieno titolo” Francia, Irlanda, Svezia, Groenlandia, Quebec e Galles. Portogallo, Nuova Zelanda e California sono membri “associati” e l’Italia ha aderito come paese “amico”. “L’Italia è persino più avanti”, ha spiegato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. “Siamo molto avanti sul phase out del carbone e sul gas abbiamo le idee chiare: abbiamo il più grande programma di rinnovabili al momento scritto che prevede 70 miliardi di watt in più di impianti rinnovabili nei prossimi nove anni. Il nostro obiettivo è arrivare al 2030 al 70% di energia elettrica rinnovabile”.
Inoltre, come annunciato da Boris Johson nella seconda giornata del summit, i leader di 100 paesi hanno raggiunto un impegno internazionale volto a interrompere il processo di deforestazione entro il 2030. Un obiettivo da 19,2 miliardi di dollari, sottoscritto da nazioni che ospitano oggi l’85% delle foreste del mondo, comprese Russia, Cina, Indonesia, Colombia, Congo e Brasile. Per non dimenticare l’iniziativa firmata da 108 paesi volta a contrarre del 30% le emissioni di metano entro il 2030 (che vede tagliarsi fuori Cina, India e Russia), l’accordo sulla dismissione delle centrali a carbone, e quello siglato da 22 paesi affinché tra il 2035 e il 2040 tutti i nuovi veicoli venduti siano elettrici (in questo caso tra i non firmatari si ricordano Germania, Giappone, Stati Uniti e Cina).
Certo, non mancano gli scettici. Specie sugli impegni assunti dalle grandi aziende. Come ricorda il Financial Times, un numero crescente di attivisti ambientali, regolatori e organizzazioni multilaterali sostengono che le iniziative volontarie intraprese finora non hanno avuto affatto l’impatto necessario ad allontanare l’umanità dalla catastrofe climatica. Un recente sondaggio di Accenture e dell’Un Global Compact ha rivelato che appena 18% degli amministratori delegati globali ritiene che i governi abbiano fornito loro la chiarezza utile a fissare obiettivi in linea con il contenimento del riscaldamento globale sotto gli 1,5°C. Inoltre, le evidenze del Science based targets mostrano come solo un’azienda su cinque con sede nei paesi del G20 abbia fissato obiettivi di riduzione delle emissioni allineati agli Accordi di Parigi. Una percentuale che scivola al 6% al di fuori dei paesi del G7.