“I wealth manager devono rendere la propria value proposition più efficace”, spiega Giovanni Andrea Incarnato di EY
I clienti italiani sono meno fedeli al proprio wealth manager rispetto al resto del mondo. È quanto emerge da una recente ricerca di EY, secondo la quale un cliente italiano su due è pronto a cambiare la propria banca nei prossimi tre anni, a fronte di un terzo del campione globale. Lo studio è stato condotto su 2.000 clienti (di cui 50 italiani) provenienti da 26 paesi, con l’obiettivo di comprendere le loro esigenze e i loro interessi in termini di gestione del patrimonio.
Una situazione tutt’altro che rosea per i wealth manager italiani, che devono far fronte a clienti che – seppur più disposti a pagare per i servizi di consulenza – sono molto più esigenti non solo in termini di trasparenza dei costi, ma anche di innovazione tecnologica. Se da un lato infatti lo “human-touch” (il contatto umano) resta fondamentale e rassicurante per la maggior parte degli investitori, dall’altra sono sempre di più coloro che richiedono ai propri wealth manager l’utilizzo di strumenti digitali più smart e intuitivi. I canali digitali si stanno dunque evolvendo molto più velocemente rispetto a quanto previsto dai gestori patrimoniali in passato. Secondo la ricerca, oggi il 41% dei clienti vorrebbe ottenere una consulenza finanziaria attraverso app mobile, rispetto al 20% del 2016. In particolare, le app sarebbero viste come il canale principale per la gestione patrimoniale e il 9% degli intervistati dichiara che nel futuro preferirà rivolgersi ad assistenti digitali. Percentuali con un potenziale di crescita di difficile definizione.
Resta però un’ancora di salvataggio per i wealth manager italiani in questi termini. Il ricorso al “face to face” si è ridotto unicamente di due punti percentuali in Italia rispetto ai -14 punti percentuali a livello globale, a dimostrazione del fatto che l’interazione umana resta comunque indispensabile per i clienti del Belpaese.
“I wealth manager devono cogliere le opportunità prospettate dal cambio di abitudini dei clienti, mettendo in campo azioni per rendere la propria value proposition più efficace e allineata ai loro desiderata”, spiega Giovanni Andrea Incarnato, partner EY e responsabile wealth & asset management Italia. Di conseguenza, i wealth manager dovrebbero approfondire la conoscenza dei propri clienti per riuscire a comprendere le loro abitudini di spesa e le loro preferenze in termini di prodotti e di servizi, influenzate inevitabilmente dall’avvento delle nuove tecnologie, dalla diffusione di nuovi business model e dai brand disruptive: tutte sfide ma anche opportunità (dipende dall’occhio con le quali le si guarda) per i professionisti del settore.
“Bisogna spostare il focus dai prodotti a soluzioni di gestione del patrimonio semplici, personalizzate e goal-based, che si adattino agli effettivi bisogni del cliente – continua Giovanni Andrea Incarnato – Incorporare il digitale nei propri business model come strumento per rispondere alle nuove esigenze dei clienti, senza però dimenticare l’importanza dell’advisor, che rimane al centro della relazione. Infine, bisogna migliorare la comunicazione del valore dei propri servizi, incrementando la trasparenza e definendo modelli di prezzo semplici e comprensibili”.
Un ultimo aspetto da non sottovalutare è proprio quello dei costi. Circa il 46% degli intervistati si ritiene poco soddisfatto delle tariffe pagate, percentuale che aumenta nel caso di clienti con un patrimonio particolarmente elevato (66%). Oltre la metà degli intervistati (55%), a tal proposito, richiede dunque una maggior trasparenza sia sulle commissioni pagate che sulle performance dei propri investimenti. “I gestori patrimoniali faticano a comunicare il valore delle loro offerte e servizi – commenta Alex Birkin, global wealth & asset management advisory leader di EY – La soluzione non è semplicemente la riduzione delle commissioni, ma una combinazione di maggiore trasparenza e prevedibilità”.