La quota relativa agli Stati Uniti diminuirà dal 42% del 2022 al 35% del 2030 per poi arrivare al 27% nel 2050 e al 22% nel 2075
L’India registrerà l’aumento più consistente, grazie a prospettive demografiche favorevoli e a una rapida crescita del pil pro capite
Il mercato azionario globale ha raggiunto quest’anno una capitalizzazione totale di 109mila miliardi di dollari, quasi tre volte in più rispetto a 20 anni fa. Nel dettaglio, come evidenziato in una recente analisi pubblicata su Visual Capitalist sulla base dei dati di Goldman Sachs, gli Stati Uniti rappresentano il 42,5% della capitalizzazione di mercato mondiale, superando di gran lunga Unione europea (11,1%) e Cina (10,6%). Le azioni a stelle e strisce, tra l’altro, hanno spesso sovraperformato negli ultimi decenni. Se un risparmiatore avesse investito 100 dollari nell’S&P 500 nel 1990, se ne ritroverebbe oggi circa 2mila, ovvero quattro volte i rendimenti registrati in altri paesi sviluppati. Ma anche altre economie sembrerebbero essere pronte a emergere.
Stando alle proiezioni di Goldman Sachs, nel 2050 le cinque maggiori economie mondiali saranno Cina, Stati Uniti, India, Indonesia e Germania. Nel 2075, scrivono Kevin Daly e Tadas Gedminas in un recente studio intitolato The path to 2075 – capital market size and opportunity, è probabile che Cina, Usa e India mantengano il podio, con i mercati emergenti che ricopriranno sette delle prime 10 posizioni. Partendo dal presupposto che il rapporto capitalizzazione del mercato azionario su pil tende ad aumentare con il pil pro capite, la banca d’affari ha successivamente convertito le sue proiezioni sul pil a lungo termine in stime sulla futura capitalizzazione del mercato azionario. Quello che è emerso è che il peso dei paesi emergenti nella capitalizzazione di mercato globale passerà dall’attuale 27% al 35% nel 2030, fino a toccare il 47% nel 2050 e il 55% entro il 2075.
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A livello più granulare, la quota relativa agli Stati Uniti diminuirà dal 42% del 2022 al 35% del 2030 per poi arrivare al 27% nel 2050 e al 22% nei 25 anni successivi. Per contro, la fetta della Terra del Dragone salirà dal 10% al 14% nel 2030, per poi riscendere al 13,5% entro il 2075 a causa di un potenziale rallentamento della crescita indotto dalla variabile demografica. L’India registrerà invece l’aumento più consistente, passando da poco meno del 3% nel 2022 al 4% nel 2030, per poi arrivare all’8% nel 2050 grazie a prospettive demografiche favorevoli e a una rapida crescita del pil pro capite. Allo stesso modo, si prevede un incremento anche della quota degli altri paesi emergenti, dal 13,5% nel 2022 al 17% nel 2030 fino al 30% nel 2075.
Queste proiezioni, precisano tuttavia Daly e Gedminas, non implicano necessariamente che gli investitori a lungo termine dovrebbero sovrappesare le azioni dei mercati emergenti rispetto ai mercati sviluppati. Detto questo, secondo Goldman Sachs le azioni dei mercati emergenti potrebbero superare quelle dei mercati sviluppati nel lungo periodo per una combinazione di diverse ragioni, quali la crescita degli utili nel lungo periodo, l’espansione dei multipli e la riduzione dei premi al rischio. Ma, avvertono, numerosi rischi gravano su tali proiezioni economiche. In primis, l’aumento del protezionismo e il cambiamento climatico, ma anche lo sviluppo e la diffusione dell’intelligenza artificiale generativa. In quest’ultimo caso, poiché è probabile che aumenti la produttività globale e i livelli di pil pro capite, si tratta un rischio al rialzo per lo sviluppo dei mercati globali dei capitali, spiegano Daly e Gedminas. “Tuttavia, poiché gli effetti sembrano essere maggiori nelle economie dei paesi industrializzati rispetto a quelle dei paesi emergenti, ciò implica un rischio negativo sul previsto aumento della loro quota sulla capitalizzazione di mercato globale”, concludono.