Non emerge intento speculativo quando i beni venduti appartenevano già alla sfera personale del venditore
Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione, n. 10117 del 2023, si è pronunciata sulla qualificazione fiscale della vendita degli arredi (anche di pregio) del proprio immobile.
La questione è interessante in quanto è molto comune liberarsi dei beni, anche di rilevante valore in quanto antichi o da collezione, presenti nella propria abitazione.
La categoria dei redditi diversi
Come specificato dalla Corte, i proventi derivanti dalla vendita di mobili a favore di terzi, a certe condizioni, non integrano la categoria dei redditi diversi.
Più in particolare, come chiarito dai giudici di legittimità, la categoria dei redditi diversi è disciplinata dall’art. 67 TUIR, e rappresenta una norma di chiusura del sistema complessivo di classificazione dei redditi comprendendo diverse fattispecie eterogenee, prive di una struttura comune e non riconducibili alle altre categorie reddituali.
In questo senso, tra i redditi diversi non rientrano quelli derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente.
La vendita di mobili, facenti parte dell’arredo della propria abitazione, non rientra nel novero delle attività commerciali di cui all’art. 2195 c.c. e come tale detta vendita non può integrare l’attività di intermediazione nella circolazione dei beni, se non emerge alcun intento speculativo e quando i beni venduti non sono il risultato patrimoniale di un precedente acquisto a titolo di investimento ma appartenevano già alla sfera personale del venditore.
Si può concludere, pertanto, che i proventi derivanti dalla vendita di oggetti appartenenti al patrimonio personale del venditore non ricadono nella categoria di redditi diversi.
Diversamente, l’acquisto di beni destinato alla rivendita a terzi è comportamento che costituisce esercizio di attività commerciale.
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La vendita con intento speculativo
L’accertamento circa la cessione di un bene nell’esercizio abituale e professionale dell’impresa, deve essere valutato in relazione alle concrete modalità ed al contenuto oggettivo e soggettivo dell’atto.
Ad esempio, si può dedurre che la cessione dei beni mobili a terzi costituisca attività commerciale quando emerge che questi beni prima di essere rivenduti siano stati acquistati attraverso un cospicuo investimento, connotando questa circostanza l’esistenza del requisito della professionalità e dell’abitualità.
Si potrebbe ricadere pertanto nella categoria dei redditi diversi se anche attraverso presunzioni è possibile individuare nella vendita dei beni mobili un intento speculativo.