Calo dei consumi e dell’export
Il dilagare dell’epidemia e la conseguente crisi reale, le tensioni commerciali e la Brexit che potrebbero proiettare l’ombra dei dazi, non hanno certo creato un contesto favorevole per una domanda sostenuta. In Cina il consumo di vino italiano è calato del 44%, nel Regno Unito le vendite sono diminuite del 12% mentre la Francia ha ceduto il 14%. Il consumo in Germania e Stati Uniti, i porti sicuri delle bottiglie nostrane, è invece rimasto più stabile perdendo solo l’1%. Complessivamente le esportazioni si sono contratte del 4% segnando di fatto un cambio di rotta storico che da 30 anni a questa parte non si era mai registrato. Ma fintanto che il Covid impesterà le economie di tutto il mondo è difficile pensare a uno scenario diverso. Tuttavia secondo Raffaelle Borriello, direttore generale di Ismea: “Il settore vitivinicolo italiano ha dato prova di una straordinaria capacità di ripresa e resilienza riuscendo a reggere l’urto di questa crisi senza precedenti che si è abbattuta sul sistema produttivo globale”. I dati positivi arrivano dalla vendemmia di quest’anno anticipata ad agosto e che si protrarrà, per alcune uve più tardive, fino a fine ottobre.
La vendemmia 2020
Secondo le prime stime, sul 20% del vendemmiato, realizzate da Assoenologi, Ismea e Unione Italiana vini è prevista una flessione minima del 1% rispetto al 2019. Nonostante il lieve calo la bandiera tricolore rimane sul tetto del mondo per quantità mettendo a segno 47,2 milioni di ettolitri e in fila le storiche rivali del settore, con la Francia che registra una produzione di 45 milioni di ettolitri e la Spagna, 42 milioni. Da un punto di vista regionale il Veneto si conferma la principale area produttrice con circa 11 milioni di ettolitri, seguita da Puglia (8,5 milioni), Emilia-Romagna (7,7 milioni) e dall’Abruzzo (3,4 milioni). Complessivamente queste regioni fanno il 65% della produzione vinicola italiana. Con riguardo alle maggiori variazioni di produzione rispetto all’anno scorso, la Sicilia e la Toscana segnano un -15%, mentre la resa in Sardegna, Liguria e Lombardia è molto positiva e rispettivamente del +18%, +15% e +10%.
Uve sempre più di qualità
A confortare gli operatori oltre che i dati sulla produzione molto incoraggiante è la qualità delle uve. “L’annata 2020 – afferma il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella – si presenta con delle uve di ottima qualità, sostenute da un andamento climatico sostanzialmente positivo, che non possono che darci interessanti aspettative per i vini provenienti da questa vendemmia”. Una prospettiva che dunque fa ben sperare e che, contestualizzata nel mondo dei vini pregiati, può confermare il sempre più frequente apprezzamento dei vini italiani da parte della critica internazionale. Di fronte a un universo dominato dai più antichi chateau della Borgogna e della zona del Bordeaux, negli ultimi anni sempre più cantine italiane si sono fatte valere. Nella classifica stilata da Liv-ex, piattaforma leader nel commercio dei fine wines, dei cento vini migliori del 2019 il Sassicaia si è posizionato al settimo posto, dietro solo a mostri sacri come Krug e Leroy. Dieci anni fa, secondo il report liv-ex 100 Power 2019, il peso che l’Italia aveva sugli scambi in termine di valore era del 2%. Ora è del 8,5% e il numero dei vini scambiati sulla piattaforma in questo periodo è aumentato del 1000%.
“L’italia possiede tutti gli elementi per diventare uno dei più importanti paesi produttori di vini pregiati: cantine con una prospettiva internazionale, elogi da parte della critica e una qualità decisamente ottima. Se i collezionisti continueranno a diversificare il loro portafoglio al di fuori dei confini francesi, l’Italia è destinata a vincere alla grande” concludeva il report “The fines wine of Italy: past, present e future” dello scorso settembre.