Nel caso in cui il trustee possa stabilire, a sua discrezione, l’attività che ritiene più adeguata a conseguire lo scopo del trust, sarà l’attività concretamente svolta dal trustee l’elemento caratterizzante per definire la commercialità (o meno) dello stesso. A tale riguardo si segnala che l’attività di semplice detenzione delle partecipazioni non risulta riconducibile alle attività commerciali; e infatti, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che “il semplice possesso di partecipazioni, anche di controllo, non è sufficiente a configurare una attività economica del soggetto che detiene tali partecipazioni, quando tale possesso dà luogo soltanto all’esercizio dei diritti connessi alla qualità di azionista o socio nonché, eventualmente, alla percezione dei dividendi, semplici frutti della proprietà di un bene”.
Risulteranno, invece, ricompresi nell’ambito dei cosiddetti trust commerciali quelli che agiscono quali “holding dinamiche”. In tale fattispecie l’attività del trust non si limita alla mera detenzione delle partecipazioni bensì allo svolgimento di attività economiche autonome e distinte, tra le quali sono annoverabili: attività di direzione e coordinamento del gruppo; attività di supporto/finanziamento a servizio delle partecipate.
E infatti, in caso di trust holding domestico impegnato nello svolgimento di attività commerciali – e in assenza di beneficiari di reddito individuati – sarà possibile accedere ai benefici della partecipation exemption (pex) di cui all’art. 89 del Tuir, i dividendi percepiti dal trust saranno assoggettati a una imposizione dell’1,20%, e le eventuali successive erogazioni ai beneficiari di porzione dei beni in trust e/o dei proventi dei trust non costituiranno un evento imponibile in capo ai primi. In tal senso, si è espressa l’Agenzia delle Entrate, la quale ha precisato che “la successiva devoluzione (dei redditi) ai beneficiari, al termine individuato, non avrà più carattere reddituale, bensì patrimoniale”. Detto orientamento, peraltro, era già stato sostenuto dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 48/E del 6 giugno 2007, nella quale l’ufficio chiarisce, sulla base del divieto di doppia imposizione di cui all’art. 163 del Tuir, che “i redditi conseguiti e correttamente tassati in capo al trust prima dell’individuazione dei beneficiari non possono scontare una nuova imposizione in capo a questi ultimi a seguito della loro distribuzione”.
Inutile dire che tale regime di favore trova applicazione limitatamente ai trust “genuini” e non “fittiziamente interposti”.
Articolo scritto in collaborazione con Christian Viceconte, dottore commercialista e revisore legale di Lca Studio Legale