Anche per chi è un habitué delle fiere d’arte, TEFAF (che si tiene nella piccola cittadina di Maastricht nella seconda settimana di marzo) è qualcosa di speciale. Questo piccolo centro di origine medioevale, ubicato in posizione strategica fra Belgio, Germania, Olanda e Lussemburgo, famoso anche per aver dato i natali ad un celebre trattato europeo, per quindici giorni viene letteralmente preso d’assalto da una folla di 70.000 visitatori. Nelle giornate di giovedì e venerdì, quando gli ingressi sono rigorosamente riservati, 300 direttori dei musei, centinaia di collezionisti e oltre 650 advisors e curatori professionali trasformano questa sonnolenta cittadina nella capitale mondiale dell’arte.
TEFAF e il rigoroso scrutinio alle opere (vetting)
La singolarità di questa fiera, ciò che la differenzia da tutte le altre, risiede nel fatto che sono chiamati a partecipare gallerie specializzate nei più disparati settori merceologici, dall’antichità al design moderno, dall’antiquariato all’arte moderna e contemporanea, dai dipinti antichi ai gioielli. Inoltre – e questo la rende veramente unica – tutte le opere sono sottoposte a un attento e persino spietato scrutinio. Per due giorni decine di esperti si aggirano negli stand esaminando gli oggetti uno a uno, pronti a rimuoverli nel caso sussistano dubbi sull’autenticità, sull’epoca di esecuzione e persino sullo stato di conservazione. Non è raro assistere a discussioni anche animate fra gli esperti del vetting e gli espositori, decisi a sostenere la validità delle proprie idee.
Il Kandinsky a TEFAF e il mistero sul prezzo di vendita
Varcare l’ingresso è come entrare nella grotta di Alì Babà: solo che non serve la parola magica, basta pagare un biglietto alla cifra non proprio modica di 78 euro. Ma ne vale la pena! La qualità degli oggetti non è inferiore a quella che si può trovare in un museo, con la differenza che si possono esaminare le opere da vicino, persino toccarle, richiedere informazioni e anche sapere il prezzo con un’unica, notevole eccezione: il grande Kandinsky esposto da Robert Landau, Blick auf Murnau and Kirche II, eseguito nel 1910 quando l’artista soggiornava in Baviera insieme a Gabriele Munter, il cui prezzo non viene divulgato se non privatamente. Il dipinto è stato acquistato di recente in asta a 45 milioni di dollari, ma non sappiamo esattamente a quanto Robert Landau sia disposto a cederlo. A questo proposito egli ha dichiarato che prenderà in considerazione solo offerte superiori ai 50 milioni di dollari.
Wassily Kandinsky, Blick auf Murnau and Kirche II (1910). Courtesy Robert Landau
Cosa comprare a TEFAF?
Se il Kandisky di cui si è detto è il quadro più costoso della fiera, non si deve cadere nell’errore di pensare che il Tefaf sia solo riservato a milionari: anche con un budget contenuto si può scovare un oggetto o un’opera di qualità, magari nell’ambito del design contemporaneo, della grafica d’autore, ma anche nei dipinti antichi e del XIX secolo. Questi due settori sono quelli che sono stati più colpiti dal cambiamento di gusto avvenuto negli ultimi dieci-quindici anni. I dipinti religiosi, le scene di genere o i paesaggi sono sempre meno popolari, a meno che non si tratti di opere eccelse. I mercanti specializzati in questo settore hanno dovuto reinventarsi, cercando opere dal gusto più moderno, capace di parlare per la loro originalità e a volte anche per la loro bizzarria ai collezionisti più giovani. Un esempio efficace è il quadro esposto da Lullo-Papoulides, due mercanti basati a Londra: è un Angelo Tommasi, un artista toscano bel noto ai collezionisti dell’800, ma quello che lo rende attuale è il soggetto: si tratta di un’opera intitolata Delusione, in cui una giovane donna siede in un campo di grano in un atteggiamento sconsolato e in una posa che allude inequivocabilmente a una violenza o quantomeno a un incontro amoroso sfortunato. In un momento in cui il Me Too ha sollevato il tema della violenza sulla donna, ecco che un quadro del secolo scorso diventa più attuale che mai.
Angelo Tommasi, Delusione (1912-13). Foto di Matteo Lampertico
Pittura antica sì, ma con un twist contemporaneo
Nell’ambito della pittura antica l’interesse dei musei si sta concentrando sempre più sulle poche pittrici attive nei secoli passati. Paul Smeets, un mercante olandese a lungo vissuto in Italia, ha proposto uno stand di grande qualità, tutto dedicato a questo tema: Lavinia Fontana, Giovanna Garzoni, Rosalba Carriera, Diana de Rosa ne sono le protagoniste, con opere davvero museali come la straordinaria pergamena della Garzoni, intitolata in modo un po’ inusuale Ritratto di una mela. L’unica presenza maschile è Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato, un artista che certo, dato la sua preferenza per temi castigati, non può essere accusato di essere irrispettoso nei confronti del gentil sesso. Neanche a farlo apposta la Galleria Altomani di Pesaro ha addirittura dedicato uno stand monografico a questo artista. Fra le donne pittrici non poteva mancare naturalmente Artemisia Gentileschi, la cui vita – come è noto – è stata segnata da un avvenimento non dissimile da quello capitato alla protagonista del dipinto di Angelo Tommasi. L’attenzione mediatica di cui è stata protagonista negli ultimi anni ha determinato un aumento vertiginoso delle sue quotazioni, tanto che Robilant-Voena offrono una sua opera a 7 milioni di dollari.
Lavinia Fontana, Ritratto di Antonietta Gonzales. Foto di Matteo Lampertico
Incontrando nei corridoi il mio ex collega Taco Dibbits, ora direttore del Rijksmuseum di Amsterdam, vengo a sapere che questa istituzione ha comprato a tre milioni di euro un dipinto di Gesina ter Broch che ritrae Moses ter Broch all’età di due anni, a dimostrazione del fatto che nessuno, neppure il più importante museo olandese, può esimersi dal politically correct. Intendiamoci: non voglio certo sminuire il ruolo avuto dalle donne in campo artistico, troppo spesso condizionato da pregiudizi e discriminazioni. È solo che questa doverosa riconsiderazione ha stravolto i prezzi delle opere, cosicché una Lavinia Fontana vale dieci volte il padre Prospero, Artemisia è più richiesta di Orazio, e la poco conosciuta Diana de Rosa sopravanza di gran lunga il fratello Pacecco. Anch’io sono stato beneficiato da questa nuova tendenza, visto che la prima opera venduta dalla mia galleria è stata un sicofoil di Carla Accardi, acquistato prima ancora prima che salisse sul camion per Maastricht.
Per fortuna non tutti seguono quella che rischia di diventare una moda. Lo stand di Matteo Salamon, ad esempio, presenta una equilibrata combinazione di fondi oro e dipinti veneti, fra cui spicca una fantastica veduta di Roma di Canaletto, indubbiamente uno dei più bei dipinti della fiera. Gli acquirenti sembrano aver premiato questa scelta, perché già dal primo giorno i dipinti trecenteschi di Andrea di Bonaiuti e di Jacopo del Casentino risultavano venduti. Se molti espositori propendono per un’arte al femminile, Maurizio Canesso ha scelto il filone pauperistico e la pittura lombarda della realtà, forse in omaggio alle sue origini geografiche. Nelle prime ore scompariva dalla parete principale l’inedito concerto di Evaristo Baschenis, una delle più interessanti novità della fiera, un dipinto che costituisce un’interessante aggiunta al catalogo di un pittore specializzato in nature morte con strumenti musicali e che in questo quadro si cimenta in un raro dipinto con figure. Poco dopo veniva bollinato (ovvero venduto) il cosiddetto Maestro dell’ambulante Canesso, un dipinto raffigurante un pitocco ritratto a naturale, che molti di noi avevano visto esposto di recente nella mostra di Ceruti a Brescia, acquistato dal Metropolitan Museum a una cifra di tutto rispetto. Uno dei più bei dipinti di tutto il Tefaf, anch’esso venduto quasi subito nonostante fosse notificato, è il meraviglioso Subleyras di Benappi, un’opera di provenienza prestigiosa, non ancora sfiorato dalla mano del restauratore, firmato e datato in primo piano, che tornerà fra breve in Italia.
Pierre Subleyras, Il matrimonio mistico di Santa Caterina de’ Ricci. Foto di Matteo Lampertico
Non più solo nomi famosi, ma oggetti curiosi e inconsueti
Spostandoci verso il settore del XIX secolo, non si può non menzionare lo stand di Antonacci/Lapiccirella che propone uno stravagante e grottesco Bacco di Bonazza, scultore tardobarocco, accanto ad un ritratto di Boccioni, e un romantico Aivazosky con la veduta del Bosforo accanto a un Burne-Jones stregonesco, a dimostrazione del fatto che opere di epoche e tecniche diverse possono dialogare perfettamente fra di loro. Oggi il collezionista non cerca solo il nome famoso, ma soprattutto l’oggetto curioso ed inconsueto, con un gusto da Wunderkammer che ha premiato – ad esempio – il dipinto su ardesia di Alessandro Turchi detto l’Orbetto presentato da Carlo Orsi, oppure gli stand di Kugel e di Danny Katz, vere e proprie stanze delle meraviglie, dove il visitatore viene addirittura sopraffatto dalla bellezza e dalla rarità degli oggetti, oltre che dai loro prezzi! Lo stesso gusto squisito e capriccioso caratterizza da sempre gli stand di Alessandra di Castro, dove naturalmente è Roma a essere protagonista, sia che si tratti di gemme e cammei antichi, sia che si cerchi una veduta urbana come quelle dell’ancor poco conosciuto Armando Brasini, una sorta di reincarnazione di Piranesi due secoli dopo. Da Roma in un attimo si passa a Firenze: qui le luci si affievoliscono, gli oggetti di marmo risaltano candidi sulla parete scura. È lo stand di Bruno Botticelli, mercante fiorentino di seconda generazione, dove fra gli altri oggetti è stato venduta un’intensa terracotta di Baccio Bandinelli, uno dei migliori allievi di Michelangelo. Potrei continuare all’infinito, elencando opere e artisti che mi hanno colpito, ma mentre scrivo vengo continuamente interrotto dalle domande dei visitatori, chissà che dietro molti curiosi si nasconda qualche acquirente, meglio non trascurarli e tornare al lavoro!
Ivan Aivazovsky, Instanbul: plenilunio sul Corno d’oro (1868). Foto di Matteo Lampertico
In copertina: Wassily Kandinsky, Blick auf Murnau and Kirche II (1910). Courtesy Robert Landau