Se i mercati finanziari perdono la capacità di creare prezzi efficienti, viene meno anche la loro funzione
Il capitalismo diventa sempre più finanziario e la finanza diventa un casinò
Occorrerebbe chiedersi come mai non si investa maggiormente sull’educazione finanziaria e sulla trasparenza informativa
Per quale motivo sta accadendo tutto questo in un momento, peraltro, in cui l’economia non sta andando affatto bene?
Bella domanda: crediamo che la causa prima di quanto sta accadendo sui mercati sia riconducibile al piano di helicopter money attuato dai principali governi e dalle maggiori banche centrali. In particolare negli Usa sono state attuate politiche senza precedenti: ogni cittadino ha ricevuto diverse migliaia di dollari di sussidi a pioggia; molte persone che hanno perso il lavoro nel 2020 hanno avuto grazie ai diversi sussidi un reddito disponibile addirittura superiore rispetto a quanto guadagnavano in precedenza. Ed in tanti hanno impiegato questi denari per speculare sui mercati finanziari.
Quali saranno i riflessi di tutto questo sull’economia reale? E sui mercati finanziari?
Nel medio/lungo periodo quanto sta accadendo avrà profonde ripercussioni nell’economia reale, innanzitutto attraverso un aumento del tasso di inflazione: l’asset inflation lascerà il posto alla price inflation non appena l’economia andrà verso una riapertura.
Il secondo fenomeno è invece relativo all’allocazione delle risorse: crediamo infatti che l’inefficienza che osserviamo sulla formazione dei prezzi di mercato finirà per produrre un eccesso di offerta in tanti settori che vanno ora di moda e contribuirà alla proliferazione di zombie company.
Quanto ai mercati finanziari, credo che nel medio periodo sia inevitabile una profonda correzione dei prezzi: consideri che i listini americani dovrebbero perdere da questi livelli oltre il 50% per riportarsi nella media storica. Tale ridimensionamento dei prezzi degli asset colpirà numerose asset class: non sono solo le azioni a rischiare infatti ma anche il mercato obbligazionario che in larga parte esprime rendimenti addirittura negativi.
Oltre alle banche centrali c’è qualche altro soggetto che secondo lei è responsabile di questa situazione?
Personalmente ritengo che anche la politica abbia accentuato molti gli squilibri: l’amministrazione Trump, attraverso la politica attuata di riduzione delle tasse, ha aumentato a dismisura il deficit pubblico in un momento in cui l’economia andava piuttosto bene. E durante la pandemia i governi di tutto il mondo sviluppato hanno deciso di finanziare i massicci piani di spesa in deficit stampando moneta invece che attuando politiche redistributive. Ad esempio si sarebbe potuta fare una windfall tax sui settori che si sono avvantaggiati della pandemia: sarebbe stato certamente più impopolare ma avrebbe evitato questa esplosione del debito pubblico.
E certamente una responsabilità importante è riconducibile anche all’attività delle grandi banche d’investimento, che nonostante tutti i buoni propositi espressi dopo la crisi del 2009 continuano a operare con enormi conflitti di interessi: solo per fare un esempio, molte delle Ipo e delle Spac che stanno avendo luogo in questi mesi sono partecipate dalle stesse banche che sono dunque sia i venditori che i collocatori delle azioni sul mercato.
Come si esce da questa situazione?
Se ne esce innanzitutto con un cambiamento delle politiche fiscali e monetarie: è necessario porre un freno alle politiche di espansione quantitativa della moneta, che di fatto svolgono una funzione redistributiva della ricchezza che non spetta certo alle banche centrali; e bisogna ristabilire politiche fiscali che assicurino una sostenibilità dei conti pubblici, che non disincentivino il lavoro, e che possano contribuire a una suddivisione più equa dei redditi tra famiglie ed imprese. Occorrerebbe anche ripensare la regolamentazione del sistema finanziario: i mercati moderni assomigliano sempre di più a delle bische, ed è significativo il ruolo delle grandi banche internazionali che invece di frenare la speculazione finiscono per alimentarla. Allo stesso modo occorrerebbe chiedersi come mai non si investa maggiormente sull’educazione finanziaria e sulla trasparenza informativa: ad esempio la regolamentazione attuale spinge gli investitori a guardare le performance passate piuttosto che ai rendimenti prospettici.
Bisognerebbe invece aiutare gli investitori a comprendere che il rendimento atteso può essere molto differente da quello storico, come si può comprendere facilmente ad esempio esaminando l’andamento dei rendimenti a scadenza dei prodotti obbligazionari (ma la stessa cosa vale in genere per i mercati azionari…). Questa confusione tra rendimento passato e rendimento atteso è alla base dei fenomeni di “bolla” finanziaria.
Se i mercati diventano un enorme casinò
Per Guzzini la situazione attuale presenta dei rischi senza precedenti: il livello dei prezzi degli asset è in generale estremamente elevato, e inoltre si notano delle inefficienze significative nella formazione dei prezzi con numerosi settori e titoli che mostrano valutazioni del tutto slegate ai fondamentali. “Tutto questo rischia di compromettere la funzione base dei mercati finanziari, che, ricordiamolo, è quella di consentire alle famiglie un impiego proficuo dei risparmi e al contempo di finanziare le aziende che hanno progetti di sviluppo. Se i mercati diventano un enorme casinò questo ruolo viene meno: in un certo senso possiamo dire che questa mania speculativa che ha avvolto i mercati rischia di sfociare in una sorta di suicidio del mercato stesso!
Volendo fare un parallelismo storico, alla fine del secolo scorso abbiamo assistito al crollo del comunismo che è fallito tra l’altro per l’incapacità di creare un sistema di incentivi e un’allocazione efficiente delle risorse economiche. Il capitalismo finanziario rischia la stessa fine se non riuscirà a correggere gli eccessi che stanno diventando sempre più palesi e che determinano peraltro un livello di disuguaglianze nella società sempre più elevato: mentre in passato la ricchezza era la conseguenza dell’accumulazione dei profitti, ora è sempre più spesso il risultato di attività speculative. Le autorità politiche e i regulators, dovrebbero rendersi conto che occorre porre un freno a questa deriva speculativa altrimenti la situazione potrebbe sfuggire di mano con conseguenze difficilmente prevedibili: come dimostrano numerosi casi storici, livelli di debito troppo elevati ed eccessive disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza si associano spesso a fenomeni di instabilità finanziaria e addirittura a rischi di tenuta sociale e democratica”.