Nei primi tre mesi del 2021 circa due miliardi di dollari al giorno sono stati investiti in fondi sostenibili. E solo il 28% delle società d’investimento ammette oggi di non attuare politiche esg specifiche nell’attività finanziaria e bancaria
A seguito dell’introduzione del regolamento Sfdr, alcune delle principali società di gestione del risparmio sarebbero corse a dichiarare “sostenibili” o “parzialmente sostenibili” una percentuale significativa dei propri fondi, dal 20 al 50%
Ma i conti non tornano, stando ai ricercatori. Nel caso di Amundi, per esempio, il 50% dei fondi disponibili per gli investitori privati italiani si definisce almeno in parte “sostenibile”, ai sensi degli articoli 8 e 9 del regolamento Ue 2019/2088. L’altro 50%, invece, non seguirebbe alcun criterio di sostenibilità (articolo 6). Analizzando però i prodotti nel dettaglio, come l’Amundi Msci World Climate Paris Aligned Pab (che investe in imprese allineate agli obiettivi di Parigi) emerge come tra le investite risultino Bae Systems (azienda britannica attiva nel settore armamenti e presente nella lista di produttori di armi nucleari del rapporto “Don’t bank on the bomb”) e Tc Energy (impresa canadese che possiede gasdotti e oleodotti, tra cui il Keystone Xl recentemente bloccato dall’amministrazione Biden). “Ammesso che dal settembre 2020 a oggi Amundi potrebbe aver venduto questi titoli, appare difficile comprendere i motivi per cui un’impresa come Tc Energy sia stata inclusa in un indice azionario allineato agli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima”, osservano i ricercatori. In altri casi, si segnalano anche Total, Repsol, ConocoPhillips, Occidental Petroleum e Eog Resources.
Chiude il cerchio Generali, con un focus sulla società di gestione lussemburghese Bg fund management Luxembourg, che gestisce le sicav promosse dall’istituto guidato da Gian Maria Mossa. In questo caso, i comparti che promuovono caratteristiche sociali e ambientali (ai sensi dell’articolo 8) sono nove su un totale di 75. Si segnalano investimenti al 31 dicembre 2020 in imprese petrolifere statunitensi come Exxon Mobil, Chevron e ConocoPhillips, ma anche aziende attive nel settore della difesa come Raytheon Technologies, Lockheed Martin e Textron e l’impresa britannica Bae Systems, incluse nella lista dei produttori di armi nucleari di Pax/Ican. Sotto osservazione poi il fondo di Generali investments sicav “Sustainable world equity” che, evidenziano i ricercatori, fino a giugno del 2020 prendeva il nome di “Global equity” e poi ha aggiunto l’aggettivo “sustainable” nel mese di dicembre (seppur i titoli in portafoglio sarebbero rimasti pressoché invariati). Sempre al 31 dicembre 2020, si segnalavano in questo caso compagnie petrolifere statunitensi come Chevron, ConocoPhillips e Exxon Mobil, la canadese Tc Energy, le europee Bp e Total, e infine Ppl Corporation (carbone) e Northrop Grumman (armi nucleari).
“È possibile che molti dei titoli, a nostro parere controversi, inclusi nei portafogli dei fondi analizzati, saranno venduti in futuro o siano già stati venduti: la nostra analisi fotografa solamente un attimo (il 31 dicembre o il 30 giugno 2020), corrispondente alla data più recente in cui sono attualmente disponibili i dati. Sarà quindi necessario ripetere questo esercizio l’anno prossimo o tra due anni”, precisano i ricercatori. Sottolineando come con la Sfdr tutte le società di gestione “saranno tenute a chiarire entro il 30 dicembre 2022, per i fondi articolo 8 e 9, in che modo si prendano in considerazione «i principali effetti negativi (degli investimenti) sui fattori di sostenibilità» (articolo 7). Se saranno ancora presenti società petrolifere in portafoglio, per esempio, bisognerà spiegare perché si possano considerare compatibili con la sostenibilità ambientale”. Quanto ai fondi che non adottano criteri di sostenibilità (articolo 6), non sono previsti obblighi di trasparenza particolari. Ma dovrà “essere fornita «una spiegazione motivata» sul perché «gli effetti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità» non siano considerati. Sarà da vedere quanto le motivazioni saranno dettagliate o se si tratterà solamente di una dichiarazione standard, ripetuta per ogni fondo. È comunque un notevole passo avanti, a nostro parere, nel riconoscimento della sostenibilità come fattore chiave negli investimenti”, concludono i ricercatori.