Per gestire al meglio gli effetti patrimoniali determinati dalla crisi coniugale è opportuno ricorrere ad un consulente esperto
Separarsi o divorziare può dar vita a criticità in ambito patrimoniale. Occorre pertanto trovare, per tempo, le migliori strategie per mitigare gli effetti avversi della rottura del rapporto
In Italia, ogni 5 minuti, una coppia decide di separarsi. È questo il dato più suggestivo che emerge da una recente ricerca condotta dal centro studi Moneyfarm in collaborazione con Smileconomy.
A quanto rilevato dagli analisti che hanno predisposto detto studio, nel nostro Paese si registrano oltre 260 richieste di separazione al giorno.
Ma non è tutto. Stando a quanto risulta dai dati rilevati, negli ultimi 10 anni le separazioni sono aumentate, con un trend di crescita significativo nel Sud: le coppie tendono a separarsi di più rispetto a quanto accadeva in passato in Calabria, Abruzzo, Molise. Al contrario, sembrerebbe essersi registrata una diminuzione delle separazioni nel centro-Nord; in particolare Lazio (-9%), Friuli Venezia Giulia (-7%) e Liguria (-1%).
Non frenano neppure le richieste di divorzio, i cui tempi per ottenerne la dichiarazione sono stati abbreviati con la L. 55/2015. A tal riguardo, sottolinea Moneyfarm, nel 2020 il 72% dei divorzi è stato consensuale: ciò vuol dire che i coniugi in crisi, hanno potuto risolvere le pratiche di divorzio entro 3 mesi, attraverso il tribunale, o entro 5 giorni lavorativi con la negoziazione assistita.
Ebbene, si tratta senza dubbio di dati che fanno riflettere e a partire dai quali è opportuno comprendere in che modo, e attraverso quali strategie, il riferimento ad un professionista esperto può aiutare a mitigare le ricadute negative che in ambito patrimoniale possono emergere a seguito della rottura del rapporto di coppia.
A tal proposito, We Wealth ha interpellato l’avv. Maria Grazia Di Nella, professionista specializzato in diritto di famiglia e con consolidata esperienza nella gestione di tutte le implicazioni, anche patrimoniali, correlate alla crisi coniugale.
Avvocato Di Nella, come commenta questi dati? Qual è la sua opinione in merito?
Non c’è dubbio: sempre meno coppie stanno insieme per il bene dei figli e anzi proprio per il loro bene la maggior parte delle coppie, preso atto della frustrazione e della conseguente cresciuta conflittualità latente, chiede l’aiuto dei professionisti per farsi accompagnare nella decisione della separazione. Sicuramente nella scelta del procedimento, vale a dire nella scelta di litigare in tribunale ovvero cercare un accordo, giocano un ruolo importante sia la durata dei procedimenti giudiziali che i costi. Ma la crescita della percentuale relativa alle separazioni e ai divorzi consensuali è prova del fatto che si sta consolidando la cultura della risoluzione alternativa delle controversie, che trova nella mediazione familiare e nella negoziazione assistita il miglior luogo per coltivare accordi su misura per il nucleo che si disgrega.
Quanto dura in media una pratica di separazione?
Al primo appuntamento molti clienti vengono solo per informarsi, per capire le varie implicazioni e prepararsi per tempo allo scoppio della crisi. I clienti che vengono per prepararsi sono in genere uomini. La donna, invece, quando mi contatta è molto spesso già in piena crisi coniugale e questo rende più difficile la gestione della situazione. Dal momento della crisi dichiarata al raggiungimento di un accordo, nella maggior parte dei casi passano dai sei mesi a un anno. Dopo sei mesi di trattativa, pero, l’accordo deve essere i raggiunto almeno sui punti chiave. In caso contrario, può essere utile chiedere aiuto al tribunale, almeno per avere un arco temporale fissato dalla data di udienza. Ad ogni modo è sempre importante non arrivare stremati alla trattativa, soprattutto a tutela dei figli ma anche per affrontare con lucidità gli aspetti patrimoniali della separazione.
Veniamo proprio agli aspetti patrimoniali. Quali sono le strategie migliori che occorrerebbe seguire per tutelare il patrimonio durante e dopo la crisi coniugale?
L’ideale è trovare un accordo, e per farlo, occorre dapprima individuare insieme al cliente l’obbiettivo che questi vuole perseguire; obiettivo da parametrare anche in relazione alle cose cui è disposto a rinunciare o ad affrontare per raggiungerlo. Al cliente, inoltre, occorre chiarire i limiti dell’azione giudiziale di separazione/divorzio: il giudice della crisi familiare, infatti, non entra nel disciplinare la divisione patrimoniale limitandosi ad assegnare solo la casa eletta ad abitazione principale (l’utilizzo della casa al mare, della casa storica di famiglia, non possono essere regolate dal tribunale) e a prevedere un contributo mensile al mantenimento del coniuge se vi sono i presupposti e dei figli minori ovvero maggiorenni non economicamente autonomi. Solo un accordo può invece determinare un nuovo assetto patrimoniale della coppia arrivando a soluzioni tagliate su misura: dalla restituzione di un immobile ad un cambio al vertice nella società creata dalla coppia, dalla creazione di un fondo amministrato per il futuro dei figli, alla messa in vendita della casa familiare decorso un certo periodo di tempo.
Quali sono i punti critici, in ottica patrimoniale, che determinano un’escalation della conflittualità tra partner al momento della separazione o divorzio?
Uno dei punti critici è sicuramente la casa familiare. Tale bene immobile rimane di fatto vincolato per anni e utilizzato dal genitore collocatario che nella maggior parte dei casi non ne è neppure in minima parte proprietario. L’altro è allorquando la coppia condivide un’attività imprenditoriale e, per finire, la presenza di conti cointestati contenenti magari i risparmi della coppia amministrati di fatto da uno solo dei coniugi.
Quali sono gli istituti giuridici che il nostro ordinamento mette a disposizione per tutelare il patrimonio dell’ex coniuge e quello dei figli?
In un momento di crisi come questo, sta tornando frequente la costituzione del fondo patrimoniale che garantisce e vincola dei beni destinandoli al soddisfacimento delle necessita familiari e il ricorso al trust a tempo determinato che permette al disponente di poter programmare nel dettaglio l’amministrazione dei beni conferiti e come e per quali scopi utilizzare le risorse finanziarie.