È senz’altro meritorio che l’organo sovrano (il parlamento, appunto) voglia conoscere lo stato dell’arte e lo faccia con numerose audizioni di tecnici e parti sociali, specie se tutto questo lavoro sfocerà in provvedimenti strutturali e di iniziativa parlamentare, e non, come accade da anni, contingenti e di matrice governativa (se non, addirittura, burocratica).
Il compianto Gianni Marongiu (padre dello statuto del contribuente, e, a detta di molti, una delle poche stelle del firmamento tributario italiano) ammoniva anni fa, dalle colonne di un noto quotidiano economico, che in Italia occorrerebbe ripristinare il ministero delle Finanze (ora assorbito, con il ministero del Tesoro, Mef): la tesi non era passatista, bensì ispirata dalla lucida consapevolezza che prima di mettere in gestazione norme tecniche (che spesso nascono “deformi” per le troppe ostetriche che si sono affannate attorno alla puerpera) occorre assumere scelte di politica fiscale.
L’abdicazione per lunghi anni a tali scelte politiche ha portato al sistema attuale (la definizione, pur trita, di “giungla” rende abbastanza l’idea), dove appare improcrastinabile non solo una (ennesima) riforma della tassazione, in particolare di quella delle persone fisiche, ma anche una revisione strutturale della giustizia tributaria, che versa da anni in stato di abbandono, e al cui capezzale si è da poco riunita una commissione di esperti di fresca nomina (probabilmente, per constatarne lo stato di coma quasi irreversibile).
Orbene, acutamente il professor Melis fa notare che “il richiamo al welfare State sovente fatto a giustificazione della progressività del tributo mostra limiti sempre più marcati”, dal momento che i contribuenti che più pagano in termini di Irpef “non riescono, in molti casi, ad accedere alla fornitura dei servizi pubblici e tendono a rivolgersi al mercato privato, con la conseguenza che si alimenta l’insofferenza di coloro che non godono servizi pubblici pur finanziandoli, da ultimo finanche escludendo taluni di essi dalle detrazioni fiscali per le spese sostenute”.
Un discorso da ricchi? Probabilmente una visione allargata e non demagogica della realtà. Del resto, in un sistema idrico dove l’acqua scarseggia, vi preoccupereste prima di costruire nuove dighe, o di riparare l’acquedotto bucato dal quale l’acqua viene copiosamente sprecata?
Qualcuno dirà che bisogna fare entrambe le cose: giusto, ma dovremmo smettere di pensare solo alle dighe.