È stata svolta un’analisi incrociando alcune tra le fondamentali caratteristiche che incidono sulla reputazione delle imprese a livello globale
Tra queste troviamo: qualità dell’ambiente di lavoro, gender gap, sicurezza sul lavoro, work-life balance e molti altri
- work-life balance in azienda
- Qualità dell’ambiente di lavoro
- Gender gap
- Culture & diversity (più largamente intese come diversità razziali, religiose, ecc)
- Sicurezza sul lavoro & Cyber-security
- Qualità percepita dei prodotti “Made-in”
- Reputazione aziende (più strettamente connessa all’immagine delle imprese)
- Gestione delle carriere
- Innovazione delle imprese
- Stipendi medi nelle aziende del Paese
E dunque dai dati è emerso come in Islanda ci sono le imprese con la migliore reputazione al mondo. Seguono altri paesi del nord Europa. Al secondo posto troviamo la Novegia seguita dalla Svezia, Nuova Zelanda e Svizzera. Dalla 6° posizione in poi ci sono nazioni comunemente giudicate “virtuose”, già note per l’alta innovazione e qualità della vita. E dunque troviamo: Finlandia, Danimarca, Germania, Olanda, Canada. Per trovare un’altra europea, dopo l’Olanda, bisogna scendere al 12° posto dove c’è la Gran Bretagna. Gli Usa devono invece accontentarsi del 21° posto. E infine l’Italia. Il nostro Paese non ha ottenuto dei grandi punteggi. E infatti su 35 realtà esaminate si posiziona al 32°, al quart’ultimo posto della classifica.
“L’Italia, purtroppo, è risultata essere quasi fanalino di coda al 32° posto, registrando performance negativeingestione delle carriere, stipendi medi e gestione delle diversità. – Aggiunge Joe Casini, cofondatore di reputation rating – Invece, tra i parametri più positivi sembra esserci la percezione della qualità dei prodotti made-in Italy, per la quale l’Italia si posiziona al 7° posto tra i 35 analizzati. C’è molto da lavorare anche per quanto concerne la qualità dell’ambiente di lavoro, dove l’Italia ricopre il 28° posto. A stupire, però, è la posizione degli Stati Uniti, solo 21°, principalmente a causa del gender gap e del work-life balance, asset che hanno controbilanciato di molto in negativo le performance positive riscontrate per le altre caratteristiche”.
“Le imprese devono adeguarsi ai nuovi criteri di sviluppo che vedono la reputazione come capitale imprescindibile del Terzo Millennio. Per un profitto a lungo termine bisogna guardare oltre il profitto ed avere comportamenti sostenibili e accettabili. Servono regole più severe affinché anche il nostro paese si adegui presto agli standard delle altre potenze mondiali” conclude Davide Ippolito, Ceo di Zwan e cofondatore di reputation rating.