La questione che riguarda il “recupero” dei regali tra ex partner è particolarmente rilevante, e coinvolge un numero enorme e non quantificabile di persone
We Wealth ha intervistato l’Avv. Maria Grazia Di Nella per approfondire la questione
Il periodo di Natale è uno dei più apprezzati dell’anno, da parte di giovani e meno giovani. Natale infatti fa rima con luci e addobbi per le vie della città, messaggi affettuosi tra amici, cene (più o meno gradite) con parenti e, soprattutto, fa rima con regali.
Ma cosa accade ai regali donati al proprio partner quando il rapporto sentimentale si rompe? Quali sono le implicazioni legali che vengono in rilievo? È possibile avere indietro i beni donati a Natale e, più in generale, nel corso della relazione?
Per fare il punto su questo tema We Wealth ha intervistato l’Avv. Maria Grazia Di Nella, esperta in diritto della famiglia e delle successioni, con comprovata esperienza nell’ambito della gestione e protezione del patrimonio.
Avv. Di Nella quello appena ora introdotto è, a suo avviso, un tema diffuso o, al contrario, si tratta di una questione per così dire “di nicchia”?
La questione che riguarda il “recupero” dei regali tra ex partner è particolarmente delicata e coinvolge molte più persone di quelle che si immaginano. È evidente poi, che questa tematica si manifesta in tutta la sua forza proprio nel periodo di Natale; momento dell’anno per antonomasia, caratterizzato dallo scambio di regali.
In effetti, da un recente sondaggio della Coldiretti/Ixè, pubblicato il 3 dicembre 2022, è emerso che il 43% degli italiani ha già acquistato la maggior parte dei doni natalizi, alla luce, da un lato di un ritrovato ottimismo sul futuro del Paese, dall’altro delle innumerevoli offerte e campagne promozionali che, quest’anno in particolare, hanno trovato avvio già dalle prime settimane del mese di novembre.
Come dicevo, tornando a rispondere alla sua domanda, quello che stiamo affrontato è un tema tutt’altro che raro. Basti pensare alla vicenda, di recente balzata alle cronache, che ha visto come protagonista il principe Giacomo Bonanno Di Linguaglossa; impegnato nel tentativo (pressoché fallito) di ottenere indietro – ricorrendo all’accusa di circonvenzione d’incapace – tutti i doni fatti nei confronti di una giovane e avvenente donna, a favore della quale in soli due anni ha elargito (in viaggi, aiuto, gioielli) un milione di euro.
Chiarita la portata della questione, torniamo alla domanda principale: è possibile avere indietro i beni donati (anche a Natale) al proprio partner?
Quando l’innamoramento finisce spesso capita di essere mossi da sentimenti di rabbia e distacco. Sentimenti questi che, in certi casi, inducono uno dei due partner a tentare la strada del “recupero” dei regali fatti al proprio “ex-amore”.
Tuttavia, in tema elargizioni in denaro e regali il quadro normativo è chiaro sia per i doni e per le elargizioni fatte in costanza di matrimonio, che per quelle fatte tra fidanzati e conviventi.
L’art. 80 del codice civile disciplina l’unico caso in cui i regali tra ex marito ed ex moglie devono essere sicuramente restituiti: si tratta dei doni e dei regali fatti tra partner prima del matrimonio e in vista delle nozze. Si pensi all’anello di fidanzamento. In questa circostanza, in caso di rottura, sarà possibile avere indietro quanto donato.
Per tutti gli altri regali fatti durante il fidanzamento o durante il matrimonio, in vista di compleanni, anniversari o ricorrenze varie, invece, il nostro codice non prevede alcun diritto alla restituzione. I beni donati in queste occasioni non devono essere restituiti, né divisi a metà tra i coniugi; neppure nel caso in cui i coniugi avessero scelto la comunione dei beni.
In che modo si spiega questa previsione? Ed inoltre, questo significa che non vi sono delle tutele a favore di chi ha donato?
I gioielli, gli orologi o altri doni di questo genere – si pensi anche ad altri beni di valore intimamente legati ad una persona, come macchine, cavalli ecc. – sono ritenuti beni di uso strettamente personale e come tali non rientrano nella comunione dei beni. Ciò comporta che, a seguito della separazione, quando si tratta di beni di uso strettamente personale, l’ex coniuge non sarà tenuto a restituire quanto ricevuto in regalo dall’altro.
Ma c’è un “però”. La Cassazione, infatti, ha stabilito dei criteri per salvaguardare i “generosi” e condannare i “furbetti”.
Gli Ermellini hanno chiarito che se i regali sono di rilevante valore, e in quanto tali hanno generato nel donante, al momento della donazione, un apprezzabile depauperamento, questi – così come disciplinato dall’art. 782 del codice civile – dovranno essere restituiti.
Se invece per il valore dei beni e al contempo per la portata del patrimonio del donante, quanto donato non determina un rilevante depauperamento, i beni non dovranno essere restituiti: questi ricadranno nell’ambito delle liberalità d’uso; pratica che in una coppia è comune e diffusa.
La liberalità d’uso deve essere proporzionale alle condizioni economiche del donante, agli usi e ai costumi propri di una determinata occasione, tenuto anche conto dei rapporti esistenti fra le parti e della loro posizione sociale.
Può dirci qualcosa in più su questo punto?
In un caso analizzato dalla Corte di Cassazione in materia di restituzione dei regali fatti in costanza di matrimonio dopo la separazione (Cass n. 18280/2016), in applicazione di quanto previsto dall’art. 782 del codice civile, una moglie è stata condannata a restituire al marito – pur molto ricco – un’opera di Picasso ricevuta in occasione di San Valentino insieme ad un brillante di ben 13 carati.
La Suprema Corte ha ritenuto che tali regali avessero generato nell’uomo un apprezzabile depauperamento del patrimonio. Il marito, infatti, è riuscito a dimostrare come mai prima di quell’occasione avesse effettuato un esborso di oltre un milione di euro, sebbene i regali fossero stati acquistati in un momento storico in cui il patrimonio del disponente ammontava a diverse decine di milioni di euro.
E ancora, recentemente, la Cassazione, con la sentenza n. 19816/2022, ha condannato un marito fedifrago a restituire alla moglie case e fondi di investimento ricevuti durante il matrimonio revocando tutte le donazioni, in ragione del rilevante depauperamento e del comportamento particolarmente lesivo della dignità di lei. Nel caso di specie, l’uomo aveva tradito la moglie con la moglie del fratello, all’interno dell’azienda di famiglia. Una volta scoperto il tradimento, la donna non si è limitata a chiedere la separazione con addebito ma ha chiesto anche la revoca delle donazioni fatte nel tempo a favore del marito.
Molto chiaro. Ma cosa accade quando si tratta di doni fatti al di fuori matrimonio?
La giurisprudenza, in modo altrettanto lineare, ritiene che anche nei casi di regali fatti al di fuori del legame matrimoniale vi siano dei doveri e diritti alla restituzione dei beni donati.
Ad esempio, a certe condizioni, quando i rapporti tra fidanzati sfociano in una convivenza, questi possono essere considerati unioni di fatto e come tali – presentando significative analogie con la famiglia nascente dal matrimonio – si caratterizzano per la presenza di doveri di natura morale e sociale a carico di ciascun convivente nei confronti dell’altro; doveri che, tuttavia, si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale.
Da ciò ne consegue che, in applicazione della disciplina delle obbligazioni naturali, non sono ripetibili le attribuzioni patrimoniali a favore del fidanzato convivente effettuate nel corso del rapporto, a condizione che siano frutto di libera scelta e che – anche in questo caso – siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza.
Ne consegue, ancora, che se la spesa affrontata supera in termini di proporzionalità e di condizioni sociali le possibilità economiche dell’ex partner che l’ha sostenuta, lo stesso potrà chiederne la restituzione esercitando l’azione ex art. 2041 c.c. che tutela l’indebito arricchimento. Di conseguenza, il giudice avrà l’obbligo di verificare se le somme o le utilità attribuite all’altro nel corso della convivenza siano da considerare irripetibili, perché spese in forza del principio di solidarietà e quindi in adempimento del dovere morale e sociale dell’obbligazione naturale o, al contrario, se siano da considerarsi ripetibili, in quanto esorbitanti i limiti della proporzionalità al patrimonio e alle condizioni sociali di chi le ha poste in essere (Cassazione n.11303/2020 – Cassazione n. 18721/2021).