In Italia sono comparsi i primi eltif sul real estate, strumenti che permettono con un solo investimento di esporsi alle diverse tipologie immobiliari
In Italia gli investimenti registrati nel settore del real estate nel primo semestre dell’anno sono stati pari a 6,1 miliardi di euro
Il punto di forza degli eltif immobiliari sta nella loro capacità di diversificare sia a livello geografico che di settore. Non mancano però i rischi e, nonostante le contenute soglie d’accesso, è un investimento che non è per tutti.
Tra le asset class private che negli ultimi tempi si sono
rivelate essere calamite di capitali non si può non
citare il real estate, mercato che ingloba tutta una
serie di diversi comparti immobiliari: dalla logistica al residenziale, passando per infrastrutture, uffici e immobili
commerciali. Con i mercati pubblici preda della volatilità, gli
investitori stanno guardando con sempre più interesse a questi
asset. Tant’è che finora il 2022 è stato un anno da record per
gli investimenti immobiliari.
2022, un anno da record
In Italia, stando all’ultimo report Savills, gli investimenti in real estate nel primo semestre dell’anno sono stati pari a 6,1 miliardi di euro, il doppio dello stesso periodo del 2021. Il settore degli uffici e quello della logistica sono quelli che hanno attratto più capitali, crescendo rispettivamente del 201% e del 147% e raggiungendo una market share complessiva superiore al 60% sul volume totale. Seguono hospitality e living, entrambi a quota 0,7 miliardi di euro investiti. Il comparto retail, sebbene in crescita del 133% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si posiziona al quinto posto, con 0,4 miliardi di euro investiti.
Investire negli immobili tramite gli eltif
Come un investitore può prendere esposizione contemporaneamente sui diversi comparti del real estate? Una delle ultime novità, almeno sul mercato italiano, sono gli eltif. Uno di questi è il Pictet Real Estate Capital Elevation Core Plus, attualmente distribuito in Italia da Banca Aletti. Si tratta di un fondo, che si colloca in una fascia medio bassa di rischio, e che investe nelle principali città dell’Europa Occidentale. Il suo punto di Pictet presenta una diversificazione su tre livelli: geografica, settoriale, e di fonti di rendimento. Investe infatti su scala panaeuropea, copre tutte le tipologie di immobili – dal residenziale al commerciale, spaziando da logistica, data center, ospitality e uffici – e genera un rendimento sia da affitto che da riqualificazione”, spiega Marco Castagna, specialist sugli investimenti alternativi di Banca Aletti.
Rischi e vantaggi di un eltif
Quali sono i vantaggi di mettere in portafoglio un eltif che investe nell’immobiliare? Per l’analista i benefici sono essenzialmente tre. “Innanzitutto c’è il tema della diversificazione. Storicamente infatti il real estate è decorrelato con le asset class tradizionali. Inoltre, i rendimenti sono molto interessanti soprattutto in contesti inflattivi, in quanto gli affitti sono indicizzati all’aumento dei prezzi. Infine, questi stessi affitti garantiscono una generazione di flussi di cassa abbastanza stabile che va a sostituire parzialmente la storica funzione del comparto obbligazionario” continua Castagna che avverte che i rischi non mancano. Sia endogeni che esogeni. “I primi, specifici al singolo asset, vengono gestiti tramite la diversificazione su tre livelli. I secondi afferiscono invece al contesto macroeconomico e interessano tutte le asset class immobiliari. La domanda infatti è influenzata dai dati di crescita economica, demografici e di occupazione. Un rallentamento della crescita ha dunque un impatto negativo, specie quando avviene in un contesto di alta offerta e di tassi al rialzo, come quello attuale, che provoca una maggiore difficoltà di accesso ai mutui e ai finanziamenti” continua Castagna.
Anche in questo caso, tuttavia, i rischi possono essere mitigati. Il primo passo è concepire l’investimento immobiliare
in una giusta ottica. “Noi gestiamo questi rischi esogeni
proponendo il real estate come scelta strategica, più che
tattica. Siamo inoltre consapevoli che esistono dei trend
strutturali che perdurano al di là del contesto economico
di riferimento. L’invecchiamento della popolazione, l’urbanizzazione, l’attenzione alla sostenibilità e all’ambiente, l’innovazione tecnologica che influenza l’e-commerce
piuttosto che lo smart working sono tutti fattori che giocano
a favore del real estate”, spiega Castagna che puntualizza
come ad ogni modo il contesto macro di riferimento incida
in maniera più sensibile sugli immobili che sono più oggetto
di rivalutazione di prezzo (value added, opportunistic),
piuttosto che sugli immobili occupati, che garantiscono
affitti stabili.
Uno strumento per molti, ma non per tutti
Quali siano i vantaggi e quali i rischi, gli eltif
sul real estate sono strumenti adatti a qualsiasi tipo di
investitore? La risposta è no, ma certamente si tratta di veicoli che hanno reso accessibile l’investimento immobiliare a una fetta consistente di investitori
prima esclusa. “La soglia d’accesso è molto bassa a
pari a 20 mila euro, il che consente di offrire questa
soluzione non solo alla clientela molto sofistica e
con un patrimonio elevato”, commenta Castagna che
tuttavia ammonisce: non si può arrivare a tutti. Oltre
che avere un patrimonio sufficientemente capiente,
l’investitore deve avere una certa tolleranza del rischio ed essere pienamente consapevole del profilo illiquido di questo tipo di investimento. “A differenza del
fondo immobiliare tipico che dura 10/12 anni, questo eltif
ha una durata di 30 anni. Il periodo di lock-up, tuttavia,
è di cinque anni, che è la durata minima prevista dalla
normativa eltif. Dal quinto anno in avanti l’investitore avrà
a disposizione delle finestre trimestrali ogni due anni per
liquidare l’investimento” spiega Castagna. Quanto infine
sarebbe corretto, fatto cento il patrimonio, allocare in questi
strumenti? “Abbiamo stabilito dei limiti di concentrazione
generali per il mondo dell’illiquidity, che salgono a seconda
del patrimonio: da un massimo del 10% per patrimoni che
arrivano a un milione fino oltre il 30% per patrimoni oltre
i 5 milioni” conclude Castagna.
Articolo tratto dal magazine We Wealth di settembre