È possibile incentivare la produttività dei propri manager/amministratori o dipendenti senza ricorrere a extra remunerazioni/bonus in denaro? La risposta è sì, e in questo mini ciclo di articoli proveremo a spiegare quali strumenti di incentivazione adottare.
Tali piani di incentivazione possono essere offerti a tutto il personale o a determinate figure chiave (come dirigenti, manager, amministratori etc.) in sostituzione (anche parziale) di bonus monetari. Tanto più il personale farà aumentare il valore della società rispetto a quello che aveva al momento della fissazione dello strike price tanto più sarà vantaggioso esercite il diritto di opzione.
Il vesting period serve a garantire la cosiddettta “retention” dei talenti, ovverosia la permanenza in azienda dei dipendenti che hanno ricevuto le opzioni; solo allo scadere del periodo di “vesting” infatti – e solitamente al raggiungimento di obiettivi di performance – il dipendente potrà esercitare l’opzione di acquisto.
Tendenzialmente il vesting period è rappresentato da periodi di tre o cinque anni, nei quali le azioni maturano ma non entrano in possesso del dipendente. Una volta raggiunta la vesting date, il dipendente avrà la facoltà di acquistare le azioni al prezzo prefissato indipendentemente dal valore attuale di mercato (cosiddetto valore normale) delle azioni; ovviamente il dipendente eserciterà il diritto di acquisto solo se il valore normale sarà maggiore dello strike price originariamente concordato.
Il valore normale, in caso di azioni quotate, è calcolato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevanti nell’ultimo mese, mentre per le azioni non quotate è calcolato in proporzione al valore del patrimonio netto della società. Se il prezzo pagato è inferiore al valore normale delle azioni acquistate, la differenza viene tassata come reddito di lavoro dipendente in busta paga ma è esente a fini contributivi (a specifiche condizioni, per i piani di stock option delle start-up innovative e delle pmi innovative è prevista per amministratori, dipendenti e collaboratori continuativi sia l’esenzione da tassazione sia l’esenzione contributiva).
Una volta che il dipendente avrà la proprietà delle azioni, in caso di successiva distribuzione di dividendi questi saranno soggetti a una ritenuta del 26% a titolo d’imposta. In caso di successiva alienazione delle azioni, l’eventuale plusvalenza sarà soggetta a imposta sostituiva al 26%.
Va però attentamente considerato che, qualora anche in seguito all’esercizio del diritto di opzione e all’acquisto del dipendente la libera disponibilità delle azioni resti vincolata al mantenimento della qualifica di dipendente del proprietario (ad esempio, per l’esistenza di clausole che obblighino il dipendente a cederle in caso di interruzione del rapporto di lavoro), anche tali dividendi e capital gain potrebbero venire attratti a tassazione come redditi di lavoro dipendente.