Brescia, il Capitolium. Foto Studio Rapuzzi
“Per esempio, il Brescia Photo Festival si colloca nella ricorrenza del decennale Unesco; il progetto Palcoscenici Archeologici si inserisce nell’alveo delle iniziative che valorizzano il ritorno della Vittoria Alata restaurata a Brescia”. Il rebranding di questo grande simbolo che mette in dialogo passato e futuro è stato tenuto a battesimo dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo scorso 18 maggio 2021.
Le imprese coinvolte nell’Alleanza per la cultura hanno ben presto avuto consapevolezza delle “ricadute positive della loro membership sull’equity”, sottolinea Stefano Karadjoff. E infatti da parte dell’imprenditoria locale c’è stata “una bellissima risposta. Siamo riusciti a raccogliere 1.200.000 euro all’anno per tre anni con la nostra campagna, anche durante il 2020”. Il plauso al modello manageriale (presentato a Ravello 2020) di Karadjov è arrivato anche da Federculture. La fisionomia giuridica di questo modus operandi si forma nel 2016, assumendo la veste della fondazione di partecipazione, una via di mezzo fra un’associazione e una fondazione privata. Il capitale di partenza lo hanno conferito il Comune di Brescia, la Camera di Commercio, la Fondazione CAB, la Fondazione ASM (gruppo A2A). La fondazione di partecipazione presenta il vantaggio – rispetto alla fondazione tradizionale – di permettere ad altri soggetti l’adesione successiva ai programmi di finanziamento.
Francesco Vezzoli, Sophia Loren, foto Luca Meneghel
È il caso dei trenta enti riuniti nell’Alleanza per la cultura (non solo imprese, ma università, accademie, Confindustria Brescia, altre fondazioni – come la Fondazione Zani o il Monte di Lombardia). Commenta la presidente Francesca Bazoli: “Una struttura agile, un format innovativo, incompatibile con modelli che si basano su rendite di posizione. Quando la fondazione ha stretto l’accordo ventennale con il comune, ha acquisito la gestione degli asset. E si è compiuto il salto qualitativo: è diventata un’impresa culturale”. Aggiunge Stefano Karadjov, “con delle competenze che in futuro potranno utilizzarsi altrove, per gestire altri musei. Il modello è fortemente replicabile”.
Brescia, Vittoria Alata. Foto Teresa Scarale
A supportare questo dispiegamento di forze manageriali concorrono servizi assicurativi d’avanguardia, specifici per il settore fine art. Spiega Rosa Alba Acquaviva, direttore Art Insurance di Strategica Group: “Non serve solo conoscere i prodotti assicurativi. Bisogna avere una profonda conoscenza delle opere d’arte e di tutte le dinamiche che vi gravitano attorno. Essere in grado di sovraintendere a un processo molto complesso. Nel caso dell’organizzazione di mostre, l’assicurazione delle singole opere è solo una parte dell’attività. Noi lavoriamo con la copertura ‘da chiodo a chiodo’: movimentazione e trasporto, allestimento, giacenza, ritorno. Senza dimenticare l’assicurazione della responsabilità civile nei confronti dei visitatori”.
La città ha compreso l’efficienza della fondazione, e supporta la nuova gestione e la sua sensibilità di co-creazione di valore. Ricorda Stefano Karadjov: “Gestiamo quattro musei che diventeranno cinque con la riapertura del Museo del Risorgimento, un cinema d’essai e il castello, di cui gestiamo gli spazi. La fondazione gestisce anche il sito seriale I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.), inserito nella World Heritage List Unesco nel 2011.
Francesco Vezzoli, autoritratto
Ci racconta l’artista: “Vivo un grande innamoramento nei confronti dell’archeologia, del capire le proprie radici. E anche delle rivisitazioni storiche: ci sono studi accademici che stanno rivalutando le figure di Agrippina e Messalina, forse vittime del maschilismo di Svetonio, che ne raccontò le vicende. Del resto è in corso anche una parziale rivisitazione di Nerone: non posso che restarne affascinato”. Quella romana era la società che ha inventato il diritto, pur non essendoci i diritti di cui godiamo nella società odierna. “Tutto ciò che ha una traccia comportamentale antica mi seduce. L’archeologia non è moderna, è presente. Il nostro passato è presente. Le dinamiche del potere, del desiderio, del sentimento sono rimaste le stesse attraverso i secoli. Sono solo cambiati i contesti, i diritti di cui le persone godono”.
E cosa vuol dire essere bresciano in questo contesto? “Per un bambino di Brescia il Tempio Capitolino ha lo stesso valore del Colosseo per un romano. Rappresenta il punto centrale di riferimento, il cuore cittadino da proteggere, incastonato nel centro storico, in mezzo ai palazzi nobiliari. Per me, poter collocare le mie sculture in mezzo alle rovine classiche costituisce una grande opportunità. Prima di adesso erano sempre contestualizzate in una dimensione di contemporaneità. È come se tornassero a casa: non è Francesco Vezzoli che ritorna, sono loro che tornano a vivere per un breve passaggio temporale nei luoghi in cui sono state idealmente concepite”.
È interessante notare che Vezzoli aveva realizzato la sua Nike Metafisica – che verrà posta nell’area del Capitolium – nel 2019, due anni prima del ritorno dell’altra Vittoria, “un esempio assoluto, di valore mondiale, per la scultura bronzea”. Del resto, “Brescia offre una stratificazione culturale e religiosa della civiltà. Non è Roma, ma è un concentrato enciclopedico di strati della storia dei nostri passaggi, sia politici che intellettuali”. In corso, un passaggio sicuramente lo è. E, inaspettatamente, si divincola nelle strade dell’antica Brixia.