Nelle società non quotate, la percentuale di donne nei Cda scende drasticamente: gli stereotipi di genere ancora resistono e le cariche elettive ‘in rosa’ sono spesso solo rappresentative
Nel corso degli ultimi decenni le quote rosa sono state introdotte in tutta Europa per favorire l’ingresso delle donne nei Consigli di amministrazione delle imprese. Seppur siano state d’aiuto, non sembrano però aver ancora funzionato appieno. Nella maggior parte dei casi, infatti, la presenza di direttori donna o direttrici risulta ancora limitata ai requisiti minimi richiesti e i Cda continuano a essere dominati da uomini. Nel 2021, la percentuale di donne nei Cda delle imprese italiane quotate risultava infatti pari al 36,3%, a fronte di un requisito minimo del 30% previsto dalla legge Golfo-Mosca sulle quote rosa. Se in queste imprese si è comunque fatto un passo avanti (nel 2008 la percentuale si attestava al 5,9%), la problematica continua a essere grave in tutte quelle imprese – private e di dimensioni minori – non soggette per legge a tali quote rosa e in cui la percentuale di direttrici rimane ad oggi ben al di sotto della soglia di un terzo. Questo risultato può essere spiegato da due fattori in trade-off. Da un lato, dall’imposizione della legge stessa e dall’effetto positivo sulla reputazione dell’impresa che il rispetto di tali quote rosa (imposte o adottate per un effetto di trascinamento) può comportare; dall’altro, dagli stereotipi di genere che, come risaputo, fanno da freno alla scalata delle catene gerarchiche da parte delle donne. Nello specifico, questi stereotipi rendono faticoso per le donne essere accettate e considerate in quegli organi apicali nei quali vengono prese decisioni relative alle più importanti questioni strategiche (e.g., team manageriale, Cda). Nonostante questo trend, le imprese familiari sembrerebbero offrire un contesto favorevole alle donne. Ad oggi queste imprese sembrano infatti mettere a disposizione un ambiente relativamente più inclusivo. Considerando più nello specifico il vertice aziendale, rispetto alle loro controparti non familiari, le imprese familiari offrono alle donne – in particolare a quelle appartenenti alla famiglia proprietaria – maggiori opportunità di essere nominate nel Cda. Evidenze aneddotiche e recenti ricerche indicano infatti una maggiore diversità di genere nei Cda delle imprese familiari, vale a dire un aumento del numero di donne nominate direttrici. Tuttavia, è altrettanto vero che queste donne continuano a ricoprire ruoli marginali e nascosti, più legati alla famiglia piuttosto che all’impresa.
E se la presenza e il ruolo attivo delle donne nel Cda fosse in realtà di fondamentale importanza per il futuro dell’impresa? Un nostro recente studio condotto su un campione di circa 300 piccole e medie imprese familiari belghe – svolto in collaborazione con i colleghi Jonathan Bauweraerts dell’Università di Mons, Emanuela Rondi dell’Università degli Studi di Bergamo e Salvatore Sciascia della Liuc – ha rivelato che la presenza di donne nel Cda delle imprese familiari può essere da stimolo all’innovazione. Nel corso del tempo, il Cda ha acquisito sempre maggiore impatto sulle decisioni e performance imprenditoriali e di innovazione. Un ruolo importante è giocato dalla composizione del Cda, che influenza l’interpretazione che questo organo dà a livello collettivo della situazione strategica che l’impresa deve affrontare e, di conseguenza, la qualità delle decisioni prese. Il coinvolgimento di un numero maggiore di donne nel Cda contribuisce in particolar modo ad aumentarne la diversità, che è tipicamente associata ad alti livelli di creatività e innovazione. Un gruppo più diversificato offre infatti una gamma più ampia di prospettive, stimola la ricerca di informazioni, migliora la qualità del brainstorming, favorisce la creatività e genera un numero maggiore di alternative strategiche. Donne e uomini possono infatti aver vissuto esperienze diverse che portano a guardare ai problemi secondo prospettive altrettanto diverse. Inoltre, i Cda con una maggiore diversità di genere discutono e integrano più profondamente le informazioni fornite dai singoli membri. Questo è possibile grazie alla tendenza delle donne a essere più propense a valorizzare la benevolenza, l’interdipendenza e la tolleranza, favorendo quindi la collaborazione tra i componenti del Consiglio di Amministrazione. In sintesi, maggiore diversità di genere può favorire la creatività ed essere da stimolo all’innovazione.
Nonostante l’impatto positivo che la diversità di genere può avere sull’innovazione, affinché ciò si realizzi è necessario che le donne nominate nel Cda abbiano effettivamente potere. Questo potere è necessario affinché esse, piuttosto che svolgere un ruolo marginale e “invisibile”, siano considerate, ascoltate e coinvolte nei processi decisionali. Il campione di imprese familiari da noi analizzato ha rivelato che solo le donne appartenenti alla famiglia che possiede l’impresa sono effettivamente in grado di influenzare le decisioni strategiche di innovazione, e quindi avere un impatto. Agli occhi dei colleghi uomini, l’appartenenza alla famiglia proprietaria dà infatti alle donne legittimità e un potere tale per cui la loro voce sia effettivamente ascoltata – in altre parole, tale per cui queste donne prendano parte alle discussioni e ai processi decisionali del Consiglio di Amministrazione. Solo avendo tale potere (in questo caso specifico, acquisito grazie alla loro affiliazione alla famiglia), le donne sono in grado di essere da stimolo per l’innovazione dell’impresa. In sintesi, lo studio mostra come un aumento del numero di direttrici familiari aiuti le imprese familiari a incrementare la propria intensità di innovazione. Il coinvolgimento di un maggior numero di direttrici nel Cda permette all’impresa familiare e al Consiglio stesso di aumentare la propria diversità cognitiva (idee, punti di vista) e capacità decisionale attraverso l’accesso a una base di conoscenze ed esperienze più ampia e diversificata. La loro affiliazione alla famiglia proprietaria dell’impresa è però fondamentale affinché queste donne siano effettivamente considerate nel processo decisionale del Cda e possano stimolare l’innovazione attraverso discussioni più ricche e basate su prospettive diverse e creative. Per rispondere alla nostra domanda, la presenza delle donne nel Cda risulta quindi di fondamentale importanza per il futuro delle imprese per quanto concerne la loro capacità di innovare. Le imprese dovrebbero però prestare attenzione al fatto che rispondere in modo positivo allo stimolo dettato dall’imposizione delle quote rosa non è sufficiente. Nominare delle donne nel Cda solo per rispettare i vincoli di legge o a fini reputazionali, senza dare loro la possibilità di esprimersi o essere ascoltate, non aiuta infatti le imprese in termini di innovazione. Al contrario, risulta necessario dare potere a queste donne. Nel contesto delle imprese familiari, l’appartenenza alla famiglia che controlla l’impresa è un esempio di legittimità e potere acquisito in modo automatico grazie allo status (familiare vs non familiare) della donna. Le imprese non familiari – così come quelle familiari nei confronti di eventuali direttrici esterne alla famiglia – dovrebbero invece sforzarsi per trovare soluzioni alternative per legittimare le donne agli occhi dei colleghi uomini che siedono nel Consiglio di Amministrazione. Solo così le imprese potranno beneficiare dei vantaggi di innovazione che queste donne – e la conseguente diversità di genere – consentono di ottenere.
Questo articolo è tratto dal numero di maggio del magazine We Wealth