Dovevano essere un’opportunità per sostenere a lungo termine l’impresa italiana, ma da qualche tempo i Piani individuali di risparmio (Pir) hanno fatto parlare di sé soprattutto per la fuoriuscita di capitali.
Per rilanciare questo prodotto, che prevede precisi vincoli per chi li gestisce in modo da veicolare il denaro dalle famiglie alle imprese italiane, la Lega ha presentato un emendamento al “dl anticipi”, approvato in Commissione Bilancio al Senato, che potrebbe sostenere qualche sottoscrizione in più. In alcune circostanze, infatti, decade il limite di possesso a un solo Pir.
Secondo l’emendamento, la cui prima firmataria è la senatrice Elena Testor, si potrà detenere più di Pir ordinario purché costituito a decorrere dal 1° gennaio 2020, presso lo stesso intermediario o impresa di assicurazione.
Non cambierà, invece, il limite massimo di investimento che rimane a 200mila euro (e di 40mila euro all’anno).
Con questo emendamento, chi avesse in portafoglio un Pir per un ammontare investito inferiore al tetto massimo avrà la possibilità di accedere ad altri Pir offerti dal medesimo intermediario, con la possibilità di ottenere più benefici fiscali – in particolare l’esenzione l’imposta sulle plusvalenze (al 26%) a condizione che l’investimento sia mantenuto nel fondo per almeno cinque anni.
“Accogliamo con grande favore questa iniziativa”, aveva scritto Intermonte sulla base delle anticipazioni circolate sulla stampa prima dell’approvazione dell’emendamento, “pensiamo possa rilanciare gli afflussi verso i fondi Pir, in quanto il vantaggio di diversificare su più prodotti Pir potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli”.
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Pir, una valle di lacrime nel 2023
La flessibilizzazione della normativa sui Pir arriva in un anno nero per questo strumento. Nel secondo trimestre i Pir ordinari hanno registrato deflussi per 610 milioni di euro, mentre i Pir alternativi hanno evidenziato afflussi per 0,7 milioni di euro, hanno evidenziato i dati più recenti diffusi da Assogestioni. I Pir ordinari gestivano a fine giugno 17,5 miliardi di euro, i Pir alternativi 1,5 miliardi.
Nei mesi di luglio, agosto e settembre i dati sui flussi dei Pirsono rimasti poco incoraggianti, stando all’Osservatorio del Sole 24 Ore, registrando rispettivamente -169,4 milioni di euro, -87,5 milioni di euro e -163,4 milioni di euro. Questi numeri hanno portato il totale dei deflussi nel terzo trimestre 2023 a 420,3 milioni di euro.
Alcuni investitori potrebbero aver deciso di incassare i loro investimenti in Pir per dirigere i fondi altrove, influenzati dalla positiva performance al raggiungimento dei cinque anni di investimento minimo per ottenere i benefici fiscali. Una mossa opportunistica compatibile con i vincoli dello strumento.
Intermonte Sim, prevede che per l’intero 2023 saranno fuoriusciti dai Pir 1,9 miliardi di euro, una stima che presuppone un miglioramento dei flussi nel quarto trimestre.
“Nel lungo termine, ci aspettiamo che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato”, aveva affermato Intermonte nel suo ultimo report, “grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore”.