Quanto alla speranza di vita si individua un aumento progressione pressoché lineare. La speranza di vita al 2070 raggiungerebbe i 86,5 anni per gli uomini e 89,5 anni per le donne
Nel biennio 2023-2024, la spesa per pensioni è cresciuta significativamente portandosi al 16,2 per cento del PIL
L’attuale quadro macro-economico
In un recente working paper il Ministero dell’economia e della finanza delinea in senso prospettico le traiettorie future del sistema pensionistico italiano.
Come è dato leggere nel documento in esame il Mef mette in evidenza che l’attuale quadro macroeconomico è particolarmente complesso.
Benché nel 2022 l’economia italiana si sia ripresa rispetto allo shock pandemico, l’attività economica ha decelerato soprattutto in ragione del permanere di strozzature dal lato dell’offerta, esacerbate dal conflitto in atto in Ucraina, con le sue ripercussioni sulle catene globali del valore.
Il conseguente repentino aumento del costo delle materie prime si è tradotto in un significativo rialzo dell’inflazione, a livello nazionale e internazionale, che ha indotto le Banche Centrali a intraprendere ripetute azioni di inasprimento delle condizioni monetarie.
In tale contesto, anche nel 2023 lo scenario resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza ove permangono significative tensioni geopolitiche e rischi al ribasso, anche legati a un percorso di rientro dell’inflazione particolarmente lento.
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Parametri demografici
Il Mef sottolinea che, allo stato attuale, i parametri demografici particolarmente rilevanti quando si tratta di stimare la spesa sulla finanza pubblica per sostenere le pensioni, indicano un tasso di fecondità leggermente crescente, stimato dall’1,25 del 2021 all’1,55 del 2070.
Quanto alla speranza di vita si individua un aumento progressione pressoché lineare. La speranza di vita al 2070 raggiungerebbe i 86,5 anni per gli uomini e 89,5 anni per le donne, con un incremento, rispettivamente, di 6,2 e 4,7 anni rispetto al 2021.
La spesa pensionistica
A partire dal 2019 e fino al 2022, il rapporto tra spesa pensionistica inizia ad aumentare con un picco, pari al 16,9 per cento del PIL nel 2020 per poi ripiegare su un livello pari al 15,6 per cento nel 2022.
La spesa in rapporto al PIL cresce significativamente a causa della forte contrazione dei livelli di PIL dovuti all’impatto dell’emergenza sanitaria che ha colpito l’Italia a partire da febbraio 2020. Tale andamento è condizionato, inoltre, dall’esplicarsi delle misure in ambito previdenziale quali Quota 100.
Successivamente, benché in misura inferiore, la spesa risente anche degli effetti previsti dalle norme contenute nelle Leggi di Bilancio 2022 e 2023 che consentono, rispettivamente, di accedere al pensionamento con una età minima di 62 anni ed una anzianità contributiva minima di 38 anni (Quota 102) per chi matura tali requisiti nel 2022 e con una età minima di 62 anni ed una anzianità contributiva minima di 41 anni (Quota 103) per chi matura tali requisiti nel 2023.
Nel biennio 2023-2024, la spesa per pensioni cresce significativamente portandosi al 16,2 per cento del PIL. Le previsioni scontano gli effetti della elevata indicizzazione delle prestazioni imputabili al notevole incremento, del tasso di inflazione registrato nel 2022 e previsto per l’anno 2023.
La posizione dell’UE
La spesa dell’Italia per le pensioni, evidenziava il Consiglio europeo, è tra le più elevate dell’Unione ed è destinata a crescere nel medio periodo a causa del peggioramento dell’indice di dipendenza degli anziani.
In questi termini, avverte l’Europa, occorre limitare il ricorso a meccanismi che consentono l’ampliamento della possibilità di pensionamento anticipato, in quanto questi strumenti si ripercuotono negativamente sull’offerta di lavoro, sull’occupazione, e sulla sostenibilità del debito pubblico.
Al fine di ridurre l’aumento della spesa pubblica per le pensioni, l’Ue suggerisce di dare avvio a riforme pensionistiche volte a ridurre le passività implicite derivanti dall’invecchiamento della popolazione e intervenire su pensioni di importo elevato che non corrispondono ai contributi versati, nel rispetto dei principi di equità e di proporzionalità.
Quali sono le prospettive del governo per fare fronte al nodo delle pensioni?
Come noto il calo demografico, ci sono sempre meno nascite, e l’aumento della popolazione anziana, infatti, incide fortemente sul sistema pensionistico in quanto determina un ‘peso’ per le casse dello Stato che non è ‘controbilanciato’ numericamente da nuova forza lavoro pronta a sostituire i lavoratori in uscita. A ciò si aggiunge che l’attuale quadro macro-economico come visto è caratterizzato da forti turbolenze economico-finanziarie e da un’inflazione che non accenna a diminuire.
Uno dei progetti che in questo momento orienta il governo è quello di favorire l’accesso diretto alle pensioni contributive
Stando infatti a quanto emerge dai lavori che al momento impegnano i tecnici del governo intenti a ristrutturare il ‘pacchetto previdenza integrativa’ (in vista della manovra che toccherà le pensioni nei prossimi mesi), sarebbero al vaglio una serie di misure volte a costruire un ponte diretto tra previdenza pubblica e privata per facilitare l’accesso alle cosiddette “pensioni contributive”, nonché favorire l’aggiunta della rendita integrativa complementare alla pensione pubblica, così da agevolare l’uscita dal mondo del lavoro con 64 anni d’età e 20 di contribuzione.
In buona sostanza, ad avviso del governo, potrebbe essere una mossa efficace per andare in pensione a 64 anni, quella di accorpare la pensione pubblica alla rendita privata che discende dalla partecipazione ai fondi complementari.
Altrimenti, l’alternativa per i millenials è quella di uscire dal mondo del lavoro non prima dei 70 anni.