Andrea Carbone: “Un piano pensionistico è per sempre? Sì, se si guarda alla rendita vitalizia che potremo ricevere. No, se pensiamo al percorso che dovremmo compiere da oggi al momento della pensione”
I fattori che potrebbero rendere necessaria una manutenzione del proprio piano pensionistico sono quelli legati ai propri desideri e progetti. Ma anche eventuali novità previdenziali o fiscali
Un piano pensionistico è per sempre? Secondo Andrea Carbone, ideatore di smileconomy (società indipendente di ricerca e consulenza finanziaria, assicurativa e previdenziale) intervistato da We Wealth, almeno una volta all’anno sarebbe opportuno rivedere le proprie strategie. Verificando se ci siano fattori interni o esterni alla propria vita che potrebbero rendere necessaria una manutenzione.
I fattori interni da monitorare nel valutare una revisione delle proprie strategie pensionistiche sono quelli legati ai propri desideri e progetti, a partire dal tempo e dalle risorse. “Avevo già pensato di voler smettere di lavorare prima dell’età della pensione e confermo le riflessioni di 12 mesi fa? Oppure è un nuovo desiderio da considerare nell’analisi, magari perché nel frattempo è cambiato qualcosa nella mia famiglia (matrimonio, separazione e figli, per esempio)? Ci sono elementi che hanno modificato lo stile di vita desiderato al tempo della pensione e quindi le risorse economiche necessarie?”, sono alcune delle domande da porsi secondo Carbone. Senza dimenticare lavoro e retribuzione, che influenzano il valore dell’assegno pensionistico.
I fattori esterni sono invece quelli normativi, come eventuali novità previdenziali o fiscali o l’andamento dei prodotti sottoscritti. “Se guardiamo agli ultimi 12 mesi, dal 1° gennaio c’è la nuova Quota 103 che riguarda i nati intorno al 1961”, ricorda Carbone. “È inoltre da meno di un anno che vige la nuova Irpef, che ha impatti sul valore della pensione pubblica che riceveremo e sul beneficio della deducibilità fiscale. L’elevata inflazione e i mercati negativi del 2022 hanno avuto inevitabili ripercussioni sul mantenimento del potere di acquisto, sul montante maturato o sulle scelte per il Tfr. Con l’aiuto del proprio consulente si consiglia quindi di ripercorrere tutta l’analisi, per vedere se la strategia in essere sia ancora coerente con le proprie necessità o se siano necessari dei correttivi”.
Un piano pensionistico è per sempre? Come correggerlo oggi
Smileconomy ha poi calcolato per We Wealth quale potrebbe essere l’effetto sulla rendita integrativa mensile al momento della pensione di un aumento dell’investimento pari al 10% del proprio reddito netto mensile considerando tre profili di età e di reddito: 30 anni (2mila euro di reddito netto), 40 anni (3mila euro), 50 anni (4mila euro) e 60 anni (5mila euro). Quello che è emerso è che un 30enne che guadagna 2mila euro al mese, aumentando il proprio versamento mensile di 200 euro, avrebbe un ritorno atteso netto al tempo della pensione pari a 2,4 volte quanto versato (ovvero 478 euro) con un profilo di rischio basso e a 3,1 volte quanto versato (ovvero 620 euro) con un profilo di rischio alto. Un 40enne che investisse 300 euro al mese aggiuntivi, avrebbe un ritorno tra i 517 e i 628 euro al mese, vale a dire tra 1,7 e 2,1 volte l’investimento.
Diverso il caso di un 50enne che, come spiega Carbone, starebbe di fatto “operando un trasferimento di ricchezza alla pari al se stesso di quando avrà 65 anni e 8 mesi”. Infatti, investendo 400 euro al mese, gli renderebbero tra i 418 e i 479 euro al mese a seconda del profilo di rischio scelto. “Un 60enne, infine, verserebbe solo per sette anni per poi godersi la rendita integrativa per circa 20 anni”, conclude Carbone. “Per lui naturalmente la rendita attesa è inferiore al versamento mensile necessario. Si tratta di esempi che ci ricordano come il tempo sia l’alleato gratuito più prezioso che ognuno di noi ha a disposizione: ecco perché è importante monitorare periodicamente le proprie strategie pensionistiche e intervenire tempestivamente per apportare eventuali correttivi”.