Poco tempo fa ero in campagna, dopo Oxford: avendo un po’ di tempo libero visitai Chastleton House, proprietà del National Trust, il FAI inglese. Raro esempio di casa di inizio Seicento rimasta immutata, semplicemente perché a poco a poco la famiglia si è impoverita e non ha avuto mezzi per rifacimenti o aggiunte. Il Trust ha rispettato tutto questo e la ha aperta il più possibile come era quando la acquisì nel 1991. C’è dunque un’atmosfera rarefatta a Chastleton, come essere sospesi in un luogo senza tempo. Potrei descrivere i rari soffitti a volta a botte decorati o la splendida cucina. Invece è un dettaglio infinitesimale che è rimasto vivo nella mia memoria: una cartolina – o ritaglio – raffigurante una natura morta di Fede Galizia (1578-1630), appoggiata sopra un camino.
Cartolina – o ritaglio – con il dipinto di Fede Galizia, Chastleton House, National Trust
Amo le nature morte, e da campanilista, quelle italiane ancora di più. In un testo scritto per la Tate Gallery, il filosofo e autore Alain de Botton afferma che l’arte è la trascrizione della buona capacità di osservazione e ha il potere di rendere onore al valore sfuggente ma reale della vita ordinaria. Cosa più della natura morta produce questa magia.
Per ‘natura morta’ si intende un’opera d’arte che raffigura oggetti inanimati che possono essere naturali – fiori, frutta, cacciagione – o creati dall’uomo – utensili da cucina, ceramiche raffinate, cose da mangiare. Come genere, la natura morta è sempre esistita, dalle tombe egizie sino ad oggi, ma forse solo verso la fine del Cinquecento è divenuta veramente popolare, soprattutto in Nord Europa ed in Italia. Sempre considerata inferiore alla pittura di figura, di storia o di paesaggio, è stata poco descritta in antico e nelle fonti si sono spesso perse le tracce di attribuzioni e commissioni. Intima, destinata alla casa e non alla cattedrale, la natura morta è rimasta in disparte, ma certo è rimasta. Le ragioni per cui la si può amare sono diverse e molte, e una non esclude l’altra: i suoi livelli di lettura sono spesso molteplici e c’è la piena libertà di ‘usare’ quello che si preferisce. Si può ammirare la capacità tecnica e mimetica dell’artista o cercare la simbologia degli oggetti rappresentati o semplicemente contemplare.
Quello di Chastleton è stato un incontro veramente imprevisto, pensando che Fede Galizia fino a pochi decenni fa era praticamente sconosciuta: il primo vero testo sulla pittrice lombarda è il libro di Caroli del 1991, anno in cui la casa passò al Trust. Il dipinto raffigurato è noto in più versioni autografe, tutte in collezione privata tranne quella conservata al Museo Civico Ala Ponzone di Cremona, che avendo uno stemma in basso a destra sicuramente con coincide. Un esemplare splendido – firmato e datato 1607 – fu venduto alla Sotheby’s di Londra nel 2015: il dipinto era esposto al Museo di Cleveland in prestito fino al 2001: forse è questo?
Fede Galizia, Pesche su un’alzata con fiori di gelsomino e mele cotogne, olio su tavola, 31.2 x 42.5 cm., Sotheby’s, Londra, 8 luglio 2015, lotto 29, £1.565.000
Quale essa sia, è una composizione che dà i brividi di un soffio d’estate, si sente il profumo delle pesche e dei fiori di gelsomino, si pensa ad un buon formaggio con la cotognata. Una versione leggermente diversa, con una cavalletta al posto del fiore appoggiato, è stata venduta sempre da Sotheby’s, ma a New York questa volta, il 30 gennaio 2019 (lotto 42) per $2,450,000. Sono cifre che ci si aspetta dalla natura morta olandese, o da Chardin, e invece – direi finalmente – riconoscono da entrambi i lati dell’oceano l’estrema qualità e rarità delle tavole della milanese. Nota all’epoca per commissioni pubbliche nelle chiese meneghine, è amata oggi per le sue nature morte, passate in silenzio nei testi antichi, forse perché rare o forse perché il genere stesso non era degno di nota. Poco più giovane di Caravaggio, si muove nello stesso ambiente, forse seguendo il suo esempio – la Canestra di frutta dell’Ambrosiana risale all’ultimo decennio del Cinquecento.
Nelle collezioni pubbliche inglesi la natura morta italiana è molto poco rappresentata, e questo mi crea sempre un certo sconforto. Vorrei poter vedere facilmente delle pergamene di Giovanna Garzoni (1600-1670), e penso con nostalgia ai fichi venduti nel 2006 da Christie’s a New York.
Giovanna Garzoni, Fichi su un piatto di ceramica, tempera su pergamena, 25 x 35.4 cm., Christie’s, New York, 6 aprile 2006, lotto 56, $374.400
Per farlo bisogna invece andare alla Galleria Palatina a Palazzo Pitti a Firenze, il che non mi dispiace ma non è dietro l’angolo. Forse non tutti sanno però che poco distante, alla villa di Poggio a Caiano, c’è un poco visitato Museo della Natura Morta, temporaneamente chiuso ma meraviglioso tanto per la sede che per la collezione di dipinti, in particolare quelli eseguiti da Bartolomeo Bimbi (1648-1729) per il Granduca di Toscana. Immense tele che servono quasi da registro della varietà sconfinata di frutta e ortaggi coltivati nelle campagne medicee, come pure ritratti più ‘intimi’ di frutta o ortaggi nati e cresciuti bizzarri.
Bartolomeo Bimbi, Agrumi, olio su tela, Villa medicea di Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Natura morta quindi è anche testimonianza storica e agronomica, come pure grande e raffinata decorazione in villa. Un genere che può pienamente dimostrare le capacità tecniche di un artista tanto quanto il pensiero e la ricerca di un committente, che forse a ogni oggetto inanimato ha dato un significato. Il più delle volte spinge a perdersi nella meraviglia della natura, raffigurando fiori e frutti di una bellezza infinita. In altri casi ci ricorda la morte, se questi stanno marcendo… Altre volte celebra il quotidiano e le capacità creative dell’uomo: ceramiche locali o esotiche, bicchieri veneziani, tappeti… Può simboleggiare la ricchezza di un committente o la bellezza di un oggetto pur povero.
Mario Nuzzi, Fiori in un vaso bianco e blu, olio su tela, 60.3 x 44.8 cm., Christie’s, Londra, 6 luglio 2006, lotto 24, £120.000
Visto che posso dare pochi consigli su dove trovare rutilanti pesci napoletani o fiori di Mario Nuzzi (1603-1673) in Gran Bretagna, posso consigliare di avanzare qualche secolo e fermarsi davanti alla Natura morta di Giorgio Morandi (1890-1964) alla Tate Modern. Del 1946, ha tutta la semplicità e la grazia di Fede Galizia, e ci forza alla contemplazione, muovendo lo spirito indipendentemente dalle ragioni per cui è stata dipinta. Non è forse questo quello che deve fare un’opera d’arte?
Giorgio Morandi, Natura morta, olio su tela, 37.5 x 45.7 cm., Tate Modern, Londra
Se invece la vostra curiosità è meno segnata dal campanilismo, una bellissima collezione di più di novanta nature morte olandesi e fiamminghe è esposta all’Ashmolean Museum a Oxford, donata dall’industriale Theodore William Holzapfel Ward (1889–1955) in memoria di sua moglie Daisy Linda.
Adriaen Coorte, Asparagi, olio su carta applicata du tavola, 30 x 22.5 cm., Ashmolean Museum, University of Oxford