Queste due componenti andrebbero così a formare il personal investment plan del cliente ed il nuovo regime non avrebbe ad oggetto i soli servizi di gestione patrimoniale individuale e di consulenza finanziaria, ma sarebbe trasversale rispetto a tutti i servizi e quindi applicabile a quelli così detti esecutivi, come la negoziazione, la raccolta d’ordini ed il collocamento. Si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione copernicana: sparirebbero dalla profilazione cliente l’acquisizione dei dati sulla sua situazione finanziaria e sulla sua conoscenza ed esperienza.
Il documento infatti non menziona più in alcuna sua parte questi elementi e si occupa di meglio individuare gli obiettivi di investimento attraverso la definizione della propensione al rischio, dei limiti all’investimento, di linee guida tecniche, di limitazione personali, di preferenze Esg, per l’altro di esplicitarli in una strategia di asset allocation personalizzata al fine di rappresentare in quali strumenti, primari o secondari, e con quali percentuali il cliente possa investire al fine di realizzare le sue effettive propensioni. Una volta individuate le nuove modalità per definire il profilo del cliente si intende renderlo trasferibile e quindi “portabile” presso tutti gli intermediari con i quali intenda aprire un rapporto per la prestazione di servizi di investimento.
Si ha in mente di percorrere un processo di oggettivizzazione del personal investment plan del cliente di modo che, una volta definito, sia automaticamente leggibile dai sistemi informatici e possa pertanto seguire il cliente in modo uniforme presso tutti gli intermediari. Sono davvero notevoli le perplessità suscitate da questo documento sia nelle modalità che nel merito.
Nel merito si hanno dubbi che il nuovo regime rappresenti un innalzamento del test di adeguatezza. Sembra al contrario un livellamento verso il basso, tant’è che si propone di utilizzare il test trasversalmente su tutti i servizi di investimento. Non si comprende poi che fine faccia il principio di inderogabilità che ha sempre accompagnato il filtro di adeguatezza.
Inoltre l’applicazione del nuovo regime ai servizi esecutivi appare poco conforme e funzionale alla natura degli stessi. Da ultimo questo approccio, troppo schiacciato sul retail puro, non sembra cogliere il valore dell’esistenza del private banking, che invece il processo di Mifid review dovrebbe prendere in considerazione.
Tratto dal Magazine di We Wealth di maggio