(i) Payment Token, ovvero asset digitali accettati come mezzi di scambio di beni e/o servizi, ed eventualmente anche come riserva di valore ed unità di misura;
(ii) Utility Token, ovvero asset digitali che attribuiscono il diritto di acquistare beni, o di accedere a servizi, offerti dalla società emittente mediante l’utilizzo di un’infrastruttura blockchain;
(iii) Security Token, ovvero asset digitali progettati come beni negoziabili che sono detenuti a scopo di investimento e classificati in base allo strumento finanziario sottostante (i.e., azioni, titoli di debito, strumenti finanziari partecipativi, etc.); e
(iv) Asset Token, ovvero asset che rappresentano, in maniera univoca, un bene materiale o immateriale ed il cui possesso conferisce il diritto di reclamare tale bene o di utilizzarlo in modo esclusivo.
In tale contesto generale, i Non-fungible token (“Nft”) sono asset digitali dotati di unicità, infungibilità ed indivisibilità, e pertanto considerati appartenenti alla categoria degli Asset Token ossia asset digitali rappresentativi di beni materiali o immateriali, ovvero dei diritti relativi a quei beni.
Il concetto sottostante i Nft è quello di creare una scarsità ed unicità nell’offerta apparentemente infinita dei beni digitali. Di conseguenza, i Nft portano in sé la promessa di creare un “originale digitale” unica nel suo genere che può essere chiaramente attribuita al rispettivo proprietario. La natura non manipolativa dei Nft permette ai beni collegati/sottostanti, sia reali che digitali, di disporre una unicità accertabile e di una proprietà originale.
L’inquadramento civilistico dei Nft all’interno dell’ordinamento italiano, stante le caratteristiche funzionali degli stessi, sembrerebbe ricondurli alla disciplina dei titoli di credito in generale, più specificatamente dei “titoli rappresentativi di merci” (art. 1996 del cod. civ.) in quanto:
(i) rappresentano il possesso (mediato) della merce;
(ii) assicurano al possessore la consegna della merce; e
(iii) il possessore può disporre della merce anche solamente trasferendo il titolo.
Il tema relativo alla corretta determinazione del prezzo di una transazione che comporta il trasferimento infragruppo di un Nft presenta diversi profili di riflessione.
In primo luogo, occorre individuare correttamente la natura del rapporto giuridico ed economico sottostante il trasferimento del Nft alla luce delle circostanze del caso specifico (ad esempio, contratto di licenza, contrattazioni atipiche a titolo oneroso, locazione, cessione, etc.) in modo tale da poter determinare in modo accurato il prezzo applicato infragruppo a fronte del trasferimento del bene, a titolo esemplificativo: royalty per l’utilizzo, corrispettivo a titolo di cessione, etc.
In secondo luogo, essendo i Nft rappresentativi di beni unici ed infungibili, ai fini della corretta determinazione del prezzo di trasferimento degli stessi, si potrebbe, in base alle circostanze specifiche del caso in esame, fare riferimento ai principi delle Linee Guida dell’Ocse sui Prezzi di Trasferimento relativi alle transazioni che hanno ad oggetto beni immateriali di difficile valutazione (Hard-to-Value Intangible) per i quali, al momento del trasferimento tra imprese associate:
(i) non esistono transazioni comparabili affidabili; e
(ii) al momento della definizione dell’accordo, le proiezioni dei flussi di cassa futuri o del reddito derivante dal bene immateriale trasferito o le assunzioni utilizzate nella sua valutazione sono altamente incerte, rendendo difficoltosa la stima del valore del bene immateriale trasferito.
Al riguardo, nell’eseguire l’analisi di comparabilità con riferimento alla transazione infragruppo che coinvolge Nft rappresentativi di beni unici ed infungibili, o dei diritti sugli stessi, è opportuno esaminare in modo accurato l’unicità delle caratteristiche del bene, analizzando, in particolare: (i) l’esclusività di sfruttamento (legale ed economico) dell’intangibile; (ii) l’ampiezza e la durata della protezione legale, ovvero l’estensione e la durata della tutela giuridica del bene immateriale; (iii) l’ambito di utilizzo; (iv) la vita utile (attesa) dell’intangibile; e (vii) l’aspettativa dei benefici economici futuri.
(Articolo scritto in collaborazione con Arianna Borriello, Senior Consultant presso EY)