Fra i consulenti la gestione attiva regna ancora

10.9.2021
Tempo di lettura: 5'
Tutte le qualità che i financial advisor americani continuano ad attribuire ai fondi attivi
Un'indagine di Prudential Investment Management, condotta sui consulenti Usa, ha mostrato come il 62% degli asset dei loro clienti sia investito in fondi a gestione attiva, nonostante la maggioranza del mercato si sia ormai orientato sulle controparti passive
Per i professionisti intervistati, i fondi attivi sarebbero più convenienti in un contesto di mercato segnato da forte volatilità e nei segmenti come small cap ed emergenti
A fine 2020 i fondi azionari a gestione passiva, che si limitano a replicare l'andamento di un indice di riferimento a fronte di costi inferiori, controllavano circa il 54% degli asset di tutti fondi azionari Usa. I consulenti finanziari americani, però, continuano a preferire in larga misura i fondi a gestione attiva. Lo rivela un nuovo sondaggio di Prudential Investment Management (Pgim), condotto da Escalent su 509 professionisti (RIA, in possesso di licenza Finra serie 6 o 7) la cui società gestisce almeno 25 milioni di dollari.
Questo campione, raggiunto fra gennaio e febbraio, dichiara di allocare il 62% degli asset dei propri clienti nei fondi attivi, contro il 34% di fondi a gestione passiva. Nei prossimi tre anni i consulenti non prevedono di alterare, se non in misura minima, questa distribuzione. Perché i consulenti finanziari non seguono il trend favorevole da anni all'investimento a gestione passiva?
Le risposte fornite dagli intervistati mostrano come incidano, almeno in parte, le condizioni attese dal mercato. Nel dettaglio, i fondi a gestione passiva sono preferiti alle controparti attive (77% contro 23%) nei periodi di bassa volatilità del mercato e, in misura minore, quando i tassi d'interesse muovono verso il basso (52% contro 48%). Nei due scenari opposti, alta volatilità e tassi crescenti, i fondi attivi sono preferiti da una larga maggioranza (87% e 82%) dei consulenti.
Questo campione, raggiunto fra gennaio e febbraio, dichiara di allocare il 62% degli asset dei propri clienti nei fondi attivi, contro il 34% di fondi a gestione passiva. Nei prossimi tre anni i consulenti non prevedono di alterare, se non in misura minima, questa distribuzione. Perché i consulenti finanziari non seguono il trend favorevole da anni all'investimento a gestione passiva?
Le risposte fornite dagli intervistati mostrano come incidano, almeno in parte, le condizioni attese dal mercato. Nel dettaglio, i fondi a gestione passiva sono preferiti alle controparti attive (77% contro 23%) nei periodi di bassa volatilità del mercato e, in misura minore, quando i tassi d'interesse muovono verso il basso (52% contro 48%). Nei due scenari opposti, alta volatilità e tassi crescenti, i fondi attivi sono preferiti da una larga maggioranza (87% e 82%) dei consulenti.
Oltre alle condizioni del mercato, a dettare la preferenza per la gestione attiva da parte degli advisor sono una serie di caratteristiche ad essa attribuite. Nell'ordine, questo tipo di approccio è ritenuto più efficace per accedere alle opportunità dei mercati emergenti (80%), per proteggersi dai cali di mercato (79%), fornire migliori rendimenti corretti per il rischio (70%), per generare un reddito affidabile (70%). Il 69% dei consulenti, inoltre, dichiara che la gestione attiva garantisca ritorni superiori al netto dei costi – una delle materie da tempo più analizzate a livello empirico, con prevalenti evidenze, sul lungo periodo, in favore della gestione passiva.
Anche se, come gruppo generale, la gestione attiva non ha le statistiche dalla sua parte, l'88% dei consulenti finanziari ritiene che ci siano gestori azionari attivi abili, in grado di sovraperformare costantemente i rispettivi indici di riferimento. Per il 78% del campione, infatti, una delle definizioni del successo, per un fondo attivo è generare ritorni superiori al netto dei costi. “La capacita di generare un alfa per i clienti, particolarmente durante i periodi di volatilità di mercato, è fondamentale”, ha commentato il presidente e ceo di Pgim, Stuart Parker.
Anche se, come gruppo generale, la gestione attiva non ha le statistiche dalla sua parte, l'88% dei consulenti finanziari ritiene che ci siano gestori azionari attivi abili, in grado di sovraperformare costantemente i rispettivi indici di riferimento. Per il 78% del campione, infatti, una delle definizioni del successo, per un fondo attivo è generare ritorni superiori al netto dei costi. “La capacita di generare un alfa per i clienti, particolarmente durante i periodi di volatilità di mercato, è fondamentale”, ha commentato il presidente e ceo di Pgim, Stuart Parker.
In un certo senso la diffusione della gestione passiva, avendo esercitato una pressione sui costi anche per le controparti attive, ha reso queste ultime più convenienti rispetto a un tempo: su questo concorda l'83% dei consulenti (l'81% per i fondi obbligazionari).
Tutte le qualità attribuite alla gestione attiva avrebbero la possibilità di esprimersi al meglio soprattutto in alcuni segmenti del mercato ritenuti meno efficienti (ossia nei quali i prezzi degli asset spesso non riflettono i valori “corretti”). In particolare, il 57% dei consulenti ritiene che questa tipologia di fondi dia il meglio di sé nelle società a piccola capitalizzazione (in questo caso americane); seguono, nell'ordine, l'azionario dei mercati emergenti (49%) e, a distanza, le azioni growth americane ad alta capitalizzazione. Per i prossimi tre anni il 47% degli advisor ha previsto di incrementare la propria allocazione sul mercato azionario globale e il 41% probabilmente lo farà proprio nei mercati emergenti.
Tutte le qualità attribuite alla gestione attiva avrebbero la possibilità di esprimersi al meglio soprattutto in alcuni segmenti del mercato ritenuti meno efficienti (ossia nei quali i prezzi degli asset spesso non riflettono i valori “corretti”). In particolare, il 57% dei consulenti ritiene che questa tipologia di fondi dia il meglio di sé nelle società a piccola capitalizzazione (in questo caso americane); seguono, nell'ordine, l'azionario dei mercati emergenti (49%) e, a distanza, le azioni growth americane ad alta capitalizzazione. Per i prossimi tre anni il 47% degli advisor ha previsto di incrementare la propria allocazione sul mercato azionario globale e il 41% probabilmente lo farà proprio nei mercati emergenti.