Di debiti e mucca bond: una storia africana
Onorare i propri debiti in natura. Non si tratta di un racconto obsoleto, ma di attualissima cronaca. Angola ed Chad hanno infatti deciso di saldare i propri debiti con la stipula di un accordo che potrà creare un precedente davvero importante.
È proprio il caso di parlare di un pagamento in natura di reciproco vantaggio, in grado di riscrivere parte della recente storia economica e finanziaria. Un’obbligazione del valore nominale di circa 100 milioni di dollari sarà infatti onorata con mandrie di mucche. Si avete letto bene, un pagamento che verrà saldato in bovini.
Ma visto che il Chad ne ha in eccesso e l’Angola invece ne ha un disperato bisogno a causa delle terribili siccità che puntualmente la devastano in questa stagione, l’accordo è stato trovato facilmente, senza che qualcuno dovesse dichiarare default o qualcun altro a rivolgersi ad un tribunale per dirimere la faccenda. In totale l’Angola riceverà 75.000 capi di bestiame in 10 anni, corrispondenti a circa 1300 dollari per animale. Si tratta quindi di uno scambio di mutualità, ed in un periodo come questo con interi settori produttivi in ginocchio a causa delle chiusure forzate per l’epidemia in corso, potrebbe essere un’ottima soluzione per trovare accordi soddisfacenti, ove finanzieri e giuristi vedrebbero solo fallimenti.
Tornando alle nostrane latitudini…
Pensiamo al Belpaese. Parlare di debito pubblico, in particolare di quello Italiano, rischia sempre di finire con discorsi circa la sua insostenibilità e la pessima gestione nei decenni passati. Per questo proveremo a fare un tuffo tra storia e presente per capire se, in momenti del tutto eccezionali, sia possibile trovate forme alternative ed assi ingegnose, per finanziarsi oppure per evitare un default che economisti e analisi finanziari, davano per inevitabile. Tassi a zero, Quantitative Easing, rendimenti negativi ed emissioni BBB-. Terminologie complesse, ma quanto mai familiari per chiunque tratti di economia e finanza.
Come funziona il debito sovrano?
Eppure, sappiamo poco di come funziona l’indebitamento di una nazione. Dove origina? Chi lo ha portato ad assumere un ruolo così importante nella nostra vita? Se parlassi da esperto d’investimenti, direi che il debito pubblico altro non è che la quantità di denaro prestato ad uno Stato da soggetti, nazionali o esteri, per il finanziamento delle sue attività primarie. I sottoscrittori vantano perciò un credito, possiedono titoli di Stato che offrono un determinato rendimento oltre alla promessa di restituzione del capitale a scadenza. Questo vale “mutatis mutandis”, anche per un’azienda che voglia ricorrere a forme di finanziamento alternative ai prestiti bancari, e decida di emettere un’obbligazione societaria o corporate bond.
Sempre che tutto fili liscio…Infatti il fallimento di un emittente, in inglese default, può cogliere alla sprovvista gli investitori, bruciando gran parte o tutti i loro risparmi. E’ fondamentale quindi la fiducia e la solvibilità del debitore, sia esso uno Stato Sovrano oppure un’azienda privata. Peraltro esiste una relazione diretta sul flusso di denaro coinvolto, poiché più una nazione è solida, minore è la percentuale che è tenuta a pagare ai detentori delle sue obbligazioni. Tutto questo in linea di principio ma con le dovute ed attualissime variazioni sul tema. Bisogna prestare la massima attenzione ad ogni minimo dettaglio, per evitare che un default lasci in mano agli investitori solo carta straccia. Che dico! Oggi con la dematerializzazione neppure quella.
Oltre i mucca bond. Un po’ di storia
Ma ciò di cui voglio trattare riguarda la storia, addentriamoci quindi nelle pieghe del passato per scoprire a cosa mi riferisco. Nei secoli scorsi, per invogliare i sottoscrittori ad investire i propri risparmi, i titoli di debito, erano tutt’altro che carta straccia, bensì stampati su pregiate filigrane e straordinarie pergamene e fu proprio in un luogo unico ed invidiatoci da tutto il mondo che ebbe origine questa straordinaria innovazione. In un incredibile agglomerato urbano sospeso tra cielo, mare e terra, fu inventata quasi mille anni fa, una forma standardizzata di pubblici finanziamenti racimolati tra cittadini e potenze straniere.
Tanto tempo fa, in una laguna lontana lontana…
Nel lontano 1173, a Venezia appunto, il Doge Ziani aveva disperatamente bisogno di soldi per difendersi da Bisanzio, per cui istituì una “Prestanza” come si chiamava all’epoca, pari all’1% della ricchezza totale delle famiglie veneziane offrendo un interesse lordo del 4%. Una sorta di prestito forzoso blandamente remunerato, se preferite. Questo primo esempio di debito pubblico non era rappresentato da certificati cartacei ed il suo controvalore veniva registrato semplicemente presso l’Ufficio degli Imprestiti, l’antesignano del moderno Ministero del Tesoro.
La Camera degli Imprestiti a quei tempi, non aveva ancora funzioni di Banca, che sarà invece creata qualche secolo più tardi. Sto parlando del celebre Banco di Giro di Venezia, il motore di sviluppo della città più bella del mondo per molti secoli. Il prestito istituito dal Doge Ziani, ebbe comunque un grande successo, portando alla vittoria della guerra e a sviluppi insperati. A partire dal 1262, i prestiti persero il loro carattere occasionale divenendo stabili e trasformando il debito pubblico in consolidato, ossia detenuto da una moltitudine di soggetti privati. Questa idea verrà ben presto imitata da moltissimi altri Stati indipendenti e diventerà il faro per una più moderna era finanziaria. Prima della sua creazione i trasferimenti tra privati, erano sì possibili, ma attraverso un complicato meccanismo di registrazione della proprietà dei titoli, al quale dovevano partecipare entrambe le parti con almeno due notai.
Uno strumento per far nascere nuovi Stati
Il ricorso all’indebitamento pubblico per sostenere le nazioni si sviluppò come detto in tutto il mondo e divenne addirittura uno stratagemma anche per coloro che intendevano formarne di nuove. Infatti nella primavera del 1850, quando mancava oltre un decennio prima che si formasse l’Italia, Mazzini si trasferì a Londra e poco dopo fondò il “Comitato centrale democratico europeo“, che aveva come scopo di stabilire l’alleanza dei popoli, alle dipendenze del quale doveva agire per ogni nazione un apposito comitato. Il suo scopo principale era quello di raccogliere fondi per unificare l’Italia. Per questo fu indetta una sottoscrizione di vari importi denominati in Franchi, che furono custodite presso una banca londinese, e poi usati per finanziare direttamente le operazioni di liberazione. I tagli da 25 e 100 Franchi fruttavano un interesse del 6% annuo e a scadenza furono tutti onorati.
Il finanziamento della spedizione dei Mille
Il “Comitato nazionale italiano” fu istituito l’8 settembre del 1850 da Mazzini, Saffi, Montecchi, Saliceti, Sirtori e dall’Agostini, e due giorni dopo aprì. Fu quindi emesso un prestito obbligazionario di dieci milioni di lire che fu diretto unicamente ad affrettare l’indipendenza e la libertà d’Italia. Ma la spedizione dei Mille è forse l’episodio più noto del Risorgimento grazie anche alla sua ampia celebrazione in racconti e romanzi della letteratura italiana. Nel 1860, un corpo di volontari, protetto dalla monarchia sabauda, al comando di Giuseppe Garibaldi, conquistò la Sicilia permettendo così l’annessione di questo territorio al nascente Regno d’Italia.
La realizzazione di tale impresa venne finanziata in gran parte con i capitali e gli armamenti raccolti dal Fondo per il milione di fucili, una sottoscrizione lanciata dallo stesso Garibaldi alla fine del 1859. La sottoscrizione per il milione di fucili iniziata il 29 settembre di quell’anno, venne definitivamente chiusa il 20 dicembre 1860 con una rimanenza di cassa di 52.179 lire e 19 centesimi.
Il rendiconto di tutta la gestione del Fondo venne poi pubblicato a Milano, nel 1861, con il titolo di resoconto di tutta la gestione del “Fondo del milione di fucili” diretta dai signori Enrico Besana e Giuseppe Finzi incaricati direttamente dallo stesso Garibaldi proprio all’indomani della definitiva proclamazione del neonato Regno d’Italia.
Oggi, come in una guerra
Insomma forme di finanziamento alternativo ma altrettanto efficaci. Certo non siamo in una guerra vera e propria ma gli effetti di questa crisi rischiano di non esser dissimili se l’emergenza dovesse continuare a lungo, per cui è importante ricordare cosa hanno fatto Nazioni e politici in situazioni estreme in epoche passate. E proprio per dare uno stimolo ai nostri partner Europei più reticenti, giova qui rammentare cosa avvenne nei primi anni cinquanta del ‘900. A meno di un decennio dalla fine del secondo e più sanguinoso conflitto della storia, si decise di firmare quello che viene ricordato come l’accordo di Londra, che in tedesco è più noto come “Abkommen über Deutsche auslandsschulden e Londoner Schuldenabkommen” per il quale vennero cancellati una parte consistente dei debiti da essi accumulati.
Cercando di capire i tedeschi…
Fu firmato proprio a Londra il 27 febbraio 1953 tra la Germania da una parte e oltre una ventina di nazioni dall’altra. Il trattato, ratificato il 24 agosto 1953, impegnava il governo della Repubblica Federale, sotto la guida del cancelliere Konrad Adenauer, a rimborsare i debiti contratti dal governo tedesco tra il 1919 e il 1945. In fase di negoziazione, il totale ammontava a 16 miliardi di Marchi, che la Germania decise di rimborsare per ristabilire la sua reputazione. Questa somma di denaro venne pagata ai governi e alle banche private di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Altri 16 miliardi di marchi rappresentati da prestiti del dopoguerra furono ridotti del 50% e dilazionati in più di 30 anni, il che, rispetto alla rapida crescita dell’economia tedesca, ebbe un impatto assolutamente gestibile. Forse per questo i Tedeschi sono così ossessionati dall’inflazione e dal livello di indebitamento ma anche loro in situazioni del tutto eccezionali hanno tenuto un atteggiamento molto più flessibile.
Ma per capire quanto creative possano essere le forme di pagamento dei debiti nazionali in valuta, non si può non citare il caso di Angola e Chad, con cui abbiamo iniziato questo racconto. Quanto mai come in questa crisi inusuale ed inattesa risuonano le parole di Amleto: “Non essere né debitore né creditore, perché il prestito spesso perde se stesso e rovina l’amicizia, ed il prendere a prestito rovina il filo sottile dell’economia. Questo soprattutto: sii fedele a te stesso; ne seguirà, come la notte al giorno, che tu non dovrai esser falso con nessun altro uomo”.