Le prospettive di mercato dei prossimi mesi saranno segnate da almeno tre fenomeni: la crescita dell’inflazione più lunga e potente del previsto, il possibile impatto negativo sulla produzione e il graduale percorso di riduzione degli stimoli monetari
Non sarà come la stagflazione degli anni Settanta, né per forza né come durata del fenomeno, ma complicherà comunque lo scenario del dopo-Covid
Il rincaro dei prodotti energetici ha riportato l’inflazione dell’Area euro ai massimi dal 2008: a settembre, ha comunicato Eurostat, il tasso Hicp si è portato al 3,4%. Con l’inverno alle porte e le scorte di gas
nettamente al di sotto della media storica la fiammata dei prezzi potrebbe essere solo agli inizi. Parte di queste spinte inflazionistiche, hanno scritto alcuni analisti, potrebbero portare nel XXI secolo uno fenomeno di lontana memoria: la
stagflazione. L’aumento dei prezzi, dunque, andrebbe a sovrapporsi con le
revisioni al ribasso sulla crescita economica e con la graduale riduzione dei sostegni monetari da parte delle banche centrali. Le premesse per alcuni mesi di turbolenza sui mercati non mancano.
“Si preannuncia un quarto trimestre potenzialmente all’insegna di taglio delle stime di crescita 2022 e, per le aziende, di un possibile taglio delle guidance sul fatturato e margini, per l’impossibilità di reperire le adeguate forniture di componentistica/materie prime – fatto che avverrebbe, in ogni caso, a costi crescenti”, ha dichiarato il global chief strategist di Intermonte Sim, Antonio Cesarano.
Per la verità, la stagflazione che potrebbe verificarsi nei prossimi mesi avrebbe solo alcuni punti di contatto con quella sperimentata negli anni Settanta. La crescita potrebbe essere, sì, rivista al ribasso, ma dovrebbe comunque mantenere un andamento positivo. I prezzi, invece, potrebbero risentire del divario fra domanda e offerta più a lungo del previsto, in particolare su gas e carbone. Anche qui, però, continua a prevalere la previsione di un picco transitorio. Al netto dei confronti con il passato, il percorso della ripresa post-Covid si sta di certo rivelando più complicato rispetto a quanto sembrava qualche mese fa.
In Germania le conseguenze del rincaro dei prodotti energetici ha provocato il picco inflazionistico più elevato degli ultimi 29 anni, al 4,1%. Il Paese, storicamente avverso all’inflazione, è già attraversato da tensioni sociali per l’adeguamento dei salari. Quello osservato in Germania, del resto, è un rialzo del costo della vita che un’intera generazione non aveva mai visto prima. La situazione in Germania molto probabilmente spingerà i membri falchi del direttivo della Bce ad aumentare le pressioni per ridimensionamento del programma di acquisti Pepp in tempi rapidi, con l’interruzione degli acquisti netti già a fine marzo.
L’appello a una risposta monetaria restrittiva potrebbe aumentare ulteriormente, se le componenti che andranno a guidare l’inflazione nei prossimi mesi si estenderanno oltre l’energia. Già a settembre il prezzo degli alimenti in Germania è cresciuto del 4,9% in Germania (contro il 2,1% dell’Eurozona) e i beni industriali non energetici del 6,1% (contro il 2,1%). Se l’aumento dei prezzi andrà a colpire anche i beni di consumo gli argomenti in mano ai falchi si faranno ancor più pesanti, perché ciò indicherebbe un’inflazione di tipo più persistente.
Secondo Cesarano, lo sguardo degli investitori, dal prossimo novembre, andrà progressivamente a spostarsi dall’inflazione alle revisioni al ribasso per la crescita. “Ora il focus è tutto sull’inflazione e connesso tapering in arrivo e di conseguenza potremmo assistere a una temporanea fase di rialzo dei tassi a lungo termine fino a quando il tapering non partirà davvero ossia presumibilmente il 3 novembre. In questa fase il decennale usa potrebbe arrivare a spingersi fino a eguagliare il massimo di marzo scorso in area 1,75%”, ha affermato l’esperto di Intermonte, “Poi, quando il focus (da novembre in poi) si posta sul rallentamento della crescita, potremmo assistere ad un andamento dicotomico”, che andrebbe ad appiattire la curva dei rendimenti. “La parte dei tassi fino a 5/7 anni in rialzo che seguirà le manovre delle banche centrali e quella a 10/15 anni e oltre in direzione opposta per seguire il rallentamento”, ha concluso Cesarano.
Le prospettive di mercato dei prossimi mesi saranno segnate da almeno tre fenomeni: la crescita dell’inflazione più lunga e potente del previsto, il possibile impatto negativo sulla produzione e il graduale percorso di riduzione degli stimoli monetariNon sarà come la stagflazione degli anni Settanta…