I real estate investment trust sono società immobiliari quotate specializzate nella gestione di immobili commerciali e residenziali
Secondo Nareit, i Reit americani possiedono asset per 2.500 miliardi di dollari, suddivisi su oltre 500mila proprietà
Possono rappresentare un’alternativa liquida all’investimento diretto nel mercato immobiliare. Presentano rischi tipici dell’investimento azionario
Immobili battono azioni. Con l’inflazione ritornata sulla scena e una domanda soste- nuta da stimoli senza precedenti, gli investi- tori immobiliari negli ultimi sei mesi hanno gioito più degli investitori azionari. Anche in Borsa. La controparte azionaria degli immobili – i real estate investment trust – hanno infatti sovraperformato il più ampio mercato azionario. O almeno così si direbbe guardando le performance dei due indici di riferimento: il Ftse Nareit All Equity e lo S&P 500 (19,6% il rendimento generato nel semestre dal primo, 4,4% quello restituito dal secondo). Il primo ha consegnato una sovraperformance del 5,2%. Non poco, se si considera che si tratta, secondo Credit Suisse, di una cifra pressoché uguale al rendimento medio annuo restituito dal mercato azionario nei suoi 121 anni di storia (5,3%) e che Wall Street – se non si dovesse avere una forte correzione da qua a dicembre – metterà a segno uno degli anni migliori di sempre.
Risultato? Molti capitali, sulla scia dell’anno precedente, sono affluiti nel settore immobiliare. Come riporta l’ultimo report di Scenari Immobiliari, a livello globale il patrimonio delle diverse forme di veicoli (fondi quotati, fondi non quotati e reit) alla fine del 2020 ha raggiunto 3.250 miliardi di euro, in crescita del 2,2 per cento rispetto all’anno precedente, confermando la supremazia dei reit che rappresentano il 73,2 per cento (100 punti base in meno rispetto al 2019) del patrimonio immobiliare complessivo gestito. Quota che si dimezza, considerando solo il Vecchio Continente. In Europa, sono i fondi non quotati a trainare l’immobiliare, con i 216 reit presenti che contano per “appena” il 37,8% del risparmio gestito. La patria dei reit sono invece a tutti gli effetti gli Stati Uniti. Secondo un report di Nareit, società leader nell’analisi degli “immobili in borsa”, i reit americani possiedono asset per 2.500 miliardi di dollari, suddivisi su oltre 500mila proprietà in 13 settori rappresentati e capitalizzano complessivamente circa 1.350 miliardi di dollari. 145 milioni di americani investono, tramite il loro piano pensione e i fondi comuni di investimento, in queste società.
Cosa porta così tante persone ad investire nei reit? We Wealth lo ha chiesto a Greg Kuhl e Danny Greenberger , portfolio manager, global equities team di Janus Henderson Investors. I vantaggi che presenta questo tipo di investimento sono tre: dividendi, diversificazione e crescita affidabile. “Dal punto di vista della diversificazione, i r eit sono davvero interessanti perché offrono correlazioni basse con l’azionario e l’obbligazionario. Inoltre garantiscono una crescita affidabile in quanto sono società che si basano, per la maggior parte, su un reddito derivante dai contratti d’affitto. Reddito che, diversamente da quello generato da un veicolo a reddito fisso, cresce generalmente ogni anno. Rispetto ad alcuni veicoli real estate privati, si differenziano poi per la possibilità di garantire una crescita per linee esterne, ad esempio attraverso l’acquisizione di altri immobili o società e pagano dividendi”.
L’indice Ftse Nareit All Reits ha un dividend yield del 3,8%, più che doppio di quello dell’S&P 500 (1,5%). Inoltre, come riportano i due gestori, storicamente i dividendi distribuiti dal comparto sono cresciuti con un tasso compreso tra il 3 e il 4% circa di anno in anno, superiore alla crescita registrata a partire dagli anni ’90 dall’Indice dei prezzi al consumo statunitense, fornendo dunque anche un’ottima protezione contro lo spettro dell’inflazione. Spettro che negli ultimi mesi sta divenendo reale possibilità. A giugno negli Stati Uniti i prezzi sono aumentati del 5,4% su base annua, il maggiore incremento dal 2008 ad oggi. Alcuni economisti ritengono che l’inflazione sarà transitoria, altri che è qui per rimanere. A preoccupare – relativamente – chi sceglie questo tipo di investimento dovrebbe essere più il primo scenario. Come riporta Nareit, infatti i reit hanno sovraperformato l’S&P 500 durante i periodi di inflazione sia alta che moderata. Sull’intero campione analizzato (1972-2020), i reit hanno sovraperformato l’S&P 500 nel 56% dei casi, su orizzonti di dodici mesi con inflazione elevata, e nell’80% dei relativi periodi con inflazione moderata. Tuttavia, durante la stagflazione degli anni ’70, un periodo contraddistinto da crescita asfittica e inflazione elevata, i rendimenti totali annuali dei reit sono stati in media del -2,8%, nettamente inferiori rispetto al rendimento medio del 2,0% consegnato dall’S&P 500. Di contro, sempre in un contesto altamente inflattivo, dal 1978 al 1981, i reit hanno registrato rendimenti totali annuali medi del 19,9% contro appena il 14,0% del mercato azionario. Nei periodi di inflazione moderata la sovraperfomance dei reit rispetto all’S&P è stata invece di 3,9 punti percentuali.
Cosa conferisce a questa asset class la capacità di garantire una crescita superiore all’inflazione nel tempo? “I driver di questa crescita sono stati gli incrementi incorporati nei contratti di affitto, legati ai tassi dell’Indice dei prezzi al consumo o che salgono ad un tasso compreso tra il 3% e il 4% in base alla solidità sottostante di un particolare tipo di proprietà”, affermano Kuhl e Greenberger. Infine, secondo i due gestori, si tratta di un momento interessante per investire nei reit perché è un mercato in fase di espansione, con vari tipi di proprietà esistenti da diverso tempo che possono ancora sperimentare una fase di innovazione e crescita, come ad esempio gli immobili destinati all’industria e alla logistica. “Notiamo inoltre diverse nuove tipologie di proprietà oggi: esistono reit che investono in celle frigorifere, nel comparto del gaming, in beni immobili con restrizioni demografiche o in spazi adibiti ad ospitare laboratori. Tutte tipologie di asset che non esistevano nel mercato pubblico fino a qualche anno fa. La possibilità di partecipare alla crescita di questi asset è molto stimolante”. Negli ultimi 10 anni la composizione della capitaliz- zazione del mercato reit è profondamente cambiata. Nel 2010 il settore industriale rappresentava solo il 4% (12 miliardi di dollari) della capitalizzazione di mercato dei reit azionari, mentre le torri cellulari non erano ancora state introdotte nella serie di indici e i centri dati non erano suddivisi in un settore a sé stante. Alla fine del 2020, questi settori rappresentavano insieme il 39% del totale, per un valore di 460 miliardi di dollari.
(articolo tratto dal magazine We Wealth di settembre)
I real estate investment trust sono società immobiliari quotate specializzate nella gestione di immobili commerciali e residenzialiSecondo Nareit, i Reit americani possiedono asset per 2.500 miliardi di dollari, suddivisi su oltre 500mila proprietàPossono rappresentare un’alternativa liquida all’inv…