Nuove soluzioni pensate per gli over65. Gestioni patrimoniali super-personalizzate e più accessibili grazie alla tecnologia. Fondi d’investimento “tokenizzati”, custoditi in portafogli digitali e adatti a essere utilizzati, all’occorrenza, come una carta di pagamento.
Non è fantafinanza. E non è la fine della consulenza finanziaria. Semmai, l’inizio di una nuova era per gli investimenti, che passa anche attraverso un ripensamento della classica relazione “fornitore-cliente”, tra case d’investimento e reti distributive.
E nel frattempo chiama i banker a sfilarsi la cravatta d’ordinanza per indossare i panni di consulenti sempre più digitali, con nuovi strumenti a disposizione e nuove regole d’ingaggio per i loro clienti. Ciò che resta, dopo la lunga conversazione con Michele Quinto, country head per l’Italia di Franklin Templeton, asset manager globale con 1.580 miliardi di dollari in asset in gestione è la sensazione che aprirsi al cambiamento sia l’unica via per continuare a crescere. E a cambiare debbano essere, prima di tutto, le domande che i banker e i loro top manager si pongono.
Le nuove frontiere dell’innovazione nel risparmio gestito
Lo storytelling dei consulenti si nutre di nuove idee d’investimento da proporre ai clienti. I banker si chiedono quali strategie siano più adatte all’attuale fase di mercato, per altro difficile da interpretare. È questo che si aspettano da voi. O no?
Oggi non siamo più solo fornitori di soluzioni d’investimento. Ci poniamo come veri e propri partner, consulenti strategici per l’innovazione.
In che modo supportate i vostri partner?
Da una parte, mettiamo a disposizione la thought leadership, le competenze e la ricerca che abbiamo sviluppato partendo dal nostro quartier generale nella Silicon Valley, con un focus sui nuovi modelli di business e sui principali trend che riguardano l’asset management e il wealth management. Mettiamo sotto la lente esempi concreti d’innovazione, di processo e di prodotto, li adattiamo alle esigenze dei nostri partner che, non di rado, li accolgono nei rispettivi piani industriali.
Qualche esempio concreto?
Partiamo dall’innovazione di prodotto: in campo assicurativo stiamo disegnando nuove polizze multi-ramo a capitale garantito: tecnicamente, la componente di ramo III, unit linked, è garantita da un contratto di riassicurazione. Oppure ci sono gli strumenti innovativi che consentono di avvicinare i clienti ai mercati azionari attraverso meccanismi step-in di progressivo ingresso nell’equity. O ancora pensiamo ai retail SMA (Separately Managed Account ndr), che rappresentano uno dei trend di maggiore crescita nel mercato americano…
La personalizzazione: un giro di boa per prodotti e servizi
Spieghiamo di cosa si tratta?
Sono portafogli d’investimento composti tipicamente da singoli titoli. Rispetto a un fondo comune, hanno notevoli vantaggi in termini di maggiore personalizzazione ed efficienza fiscale. Stiamo lavorando per capire come svilupparli in Italia, per replicare il grande successo registrato negli Stati Uniti. La tecnologia aiuta a ribilanciare e ottimizzare questi panieri, rendendoli molto più accessibili rispetto al passato. Molti player, anche in Italia, stanno studiando questo modello, nel 2026 si aprirà un nuovo mercato, destinato a rivitalizzare il segmento delle gestioni patrimoniali, che restano uno strumento valido, ma hanno bisogno di un restyling innovativo.
Intanto la demografia disegna nuovi bisogni finanziari.
Nei Paesi industrializzati assistiamo a una polarizzazione della domanda, attorno a due gruppi di generazioni: da una parte i boomer e la generazione X, nati, rispettivamente, tra il 1946 e il ’64 e tra il 1965 e il 1980. Dall’altro i millennial e la Gen Z, che identifica gli investitori con meno di 45 anni…è essenziale che reti e asset manager si adoperino per sviluppare nuovi prodotti e servizi dedicati.
I fondi comuni non andranno più bene per il portafoglio di un 60enne?
Fino ad oggi i prodotti sono stati costruiti principalmente con una logica di accumulazione del capitale. La vita però si allunga e le pensioni pubbliche sono sempre più magre. Serviranno soluzioni e prodotti che, per esempio, ti accompagnino per un decennio nella fase di accumulo del risparmio e nei successivi 10 o 20 per la fase di decumulo, che andrà a integrare i flussi di reddito mensile, secondo esigenze specifiche.
E le nuove generazioni, cosa cercano per investire?
Millennial e Gen Z sono appassionati di digitale, vivono i social in modo più pervasivo, tendono all’emulazione, sul fronte degli investimenti, chiedono una forma di ingaggio più soft…negli Usa, secondo una ricerca di Bank of America Private Bank, il 72% dei giovani investitori non crede che sia possibile sovraperformare utilizzando azioni e bond. È un’illusione pensare che questi nuovi clienti siano disposti ad adattarsi al modello di servizio oggi prevalente nella consulenza agli investimenti. Semmai sono gli operatori tradizionali che dovranno costruire modelli di servizio più simili a quelli dei neo broker digitali. L’unica certezza è che non sarà possibile servire gruppi di clienti così diversi con prodotti e servizi omogenei.
Si può e si deve continuare a fare innovazione anche nel risparmio gestito tradizionale, o no?
Ci sono temi come la tecnologia, l’AI, che non sono ancora stati pienamente esplorati: anche qui, servono diversificazione e strategie alternative. Accanto al Nasdaq, per esempio, si può guardare alle small e mid cap del tech americano. Dal punto di vista geografico, ci sono aree con l’India che meritano di trovare spazio: il suo peso nei portafogli è ancora molto marginale, in totale contraddizione con le prospettive di crescita di questa economia. E poi non dimentichiamo i mercati privati: le nuove infrastrutture sono alla base di molti trend futuri inarrestabili. In questo perimetro, ad esempio, a noi piacciono le strategie di private equity del mercato secondario.
Le nuove tendenze sul fronte Etf
Intanto gli etf acquistano sempre più spazio nei portafogli degli investitori, anche italiani.
L’Italia è uno dei Paesi che ha sperimentato la crescita maggiore, almeno per quello che riguarda il nostro business. Oggi la nostra piattaforma di etf ha superato un miliardo di euro in gestione in Italia, per una quarantina di prodotti. Gli etf a gestione attiva, in questo quadro, occupano uno spazio sempre più strategico. Ad esempio, nei servizi di consulenza in amministrato, nelle gestioni patrimoniali o nelle soluzioni assicurative, che sono le aree di maggior sviluppo nel mercato italiano. Tutto questo, d’altra parte, è coerente con un’evoluzione dei modelli di pricing nel mondo della consulenza.
E se dal prodotto passiamo all’innovazione di processo?
Qui possiamo mettere a fattor comune tutte le idee e le strategie per migliorare l’efficienza operativa: dalla costruzione di nuove piattaforme di advisory alle nuove frontiere della digitalizzazione, cominciando dalla tokenizzazione di prodotti finanziari e non.
La tokenizzazione dei fondi d’investimento
Spieghiamo di che si tratta.
A fine febbraio abbiamo lanciato il primo fondo monetario tokenizzato su una blockchain pubblica, nello specifico Stellar. Senza entrare nelle tecnicalità del prodotto, il fondo è stato digitalizzato e frazionato in token che possono essere scambiati tra i partecipanti della “catena dei blocchi”, con i vantaggi tipici di questa tecnologia: maggiore trasparenza, sicurezza e immediatezza della transazione. Oggi questo fondo di diritto lussemburghese è accessibile agli investitori istituzionali in Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera.
Tra i vantaggi della tokenizzazione ci sono, da un lato, la possibilità di ridurre i costi, dall’altro la possibilità di rendere liquidi e più accessibili asset tipicamente illiquidi e poco “democratici”. Cosa se ne fanno gli investitori di un fondo monetario tokenizzato?
Non basta un etf monetario tradizionale, che già costa poco e non ha problemi di accessibilità? Oggi conti correnti e carte di pagamento viaggiano su un binario separato e parallelo rispetto a quello degli investimenti. Tokenizzando le quote di un fondo, lo rendi liquido, trasferibile 24 ore al giorno, sette su sette, tra i partecipanti della blockchain pubblica. È come se avessi creato un circuito di pagamento parallelo. Domani sui nostri cellulari avremo un wallet, portafoglio digitale, che custodirà i token dei fondi, l’euro digitale, i programmi fedeltà a cui abbiamo aderito. Tutto ciò che è digital asset potrà diventare cash, liberando liquidità che oggi è bloccata.
Qualcuno teme che queste innovazioni finiscano per disintermediare la relazione consulente-cliente.
In realtà abiliterà nuovi tipi di consulenza: il cliente che ha bisogno di una somma per effettuare una transazione, vorrà sapere se gli conviene liquidare il token del fondo o altri asset. Il consulente potrà aiutarlo a costruire un portafoglio sempre più personalizzato che potrà contenere ad esempio gli nft (non fungible token) sui diritti musicali del suo artista preferito, che a sua volta abiliteranno la partecipazione a eventi esclusivi.
Quanto ci vorrà per il wallet digitale nei nostri smartphone?
Molto meno di quanto si possa credere. La nuova era degli investimenti è già qui.
Chi è Michele Quinto
Da ottobre del 2019, Michele Quinto è alla guida dello sviluppo del business globale in Italia. È entrato in Franklin Templeton nel maggio 2014 in qualità di responsabile dello sviluppo delle attività strategiche e della distribuzione di soluzioni di gestione degli investimenti rivolte al canale retail in Italia, successivamente ha ricoperto il ruolo di co-branch manager e retail business director per l’Italia. In precedenza ha maturato una significativa esperienza nell’industria del risparmio, lavorando per asset manager nazionali e internazionali, tra cui Eptafund sgr, Sanpaolo asset management sgr, Fidelity International Limited e Russell Investments.